giovedì 26 gennaio 2012

Lungo le strade che non portano mai a niente

Oggi l'economia è fatta per costringere tanta gente a lavorare a ritmi spaventosi per produrre delle cose per lo più inutili che altri lavorano a ritmi spaventosi per poter comprare.
Perché questo è ciò che dà soldi alle società multinazionali, alle grandi aziende, ma non dà felicità alla gente.
Io trovo che c'è una bella parola in italiano che è molto più calzante della parola "felice", ed è "contento".
Accontentarsi.
Uno che si accontenta è un uomo felice.
Perché questo sistema fondato sulla crescita dei desideri - c'è sempre un desiderio che per te è irraggiungibile - rende tutti infelici.

Tiziano Terzani

E vorresti urlare

Io sono pigra. E non faccio sport. Però ci sono momenti, come questo, in cui quella roba dove tiri pugni e calci al sacco di sabbia lo farei volentieri.

Gli ostacoli del cuore

Cose molto brutte.
1) Ti viene in mente un pensiero superfluo al quale vuoi dare forma scritta, ma sono le sette di mattina e tu stai guidando al buio fra le curve per raggiungere scuola. Poi arrivi, trovi i mostri già urlanti. Quando finalmente guadagni il tempo di appuntare il tuo pensiero, l'hai dimenticato
2) Feisbuc che ti inchioda il computer con la velocità di un'operazione ogni 45 secondi
3) Sfiorare per sbaglio il comando della chat di feisbuc che ti mette in linea, rendersi conto che la lentezza aumenta. Il tempo intercorso fra il tuo errore di digitazione e il momento in cui riesci a tornare offline

mercoledì 25 gennaio 2012

Signora luna

Credo di poterlo dire con precisione scientifica. Sto impazzendo.

Pavimento liquido

Poco fa in radio parlava Zygmunt Bauman, quel vecchietto che ha inventato l'aggettivo "liquido" per la modernità. Gli veniva chiesto un parere sull'educazione: come devono essere i maestri nella società liquida. Mi sono fermata con attenzione ad ascoltare il suo parere, che proprio oggi sono tornata notevolmente delusa da scuola.
Dovevo spiegare Leopardi, e ci ho provato a presentarlo facendo emergere gli aspetti della sua vita e del suo pensiero che potevano colpire le menti di muro di quei mostri, con l'utopica speranza di insegnare loro come la poesia possa amplificare e dare forma più compiuta ai nostri stati d'animo. Ma io sono una povera pazza, e gli alunni non capiscono un cazzo.
Ragion per cui, mentre Bauman diceva che il maestro non deve essere un portatore di conoscenze ma di esperienze io ho iniziato ad alterarmi; andando avanti nel suo discorso, il liquido sosteneva che le conoscenze al mondo d'oggi sono moltissime e tutte a portata di mano, quindi il buon maestro deve cercare di fornire gli strumenti critici per distinguere l'utilità delle conoscenze medesime. A quel punto mi sono ritrovata a parlare con la radio. A litigare, per l'esattezza. Quando ho ripreso coscienza di quel che mi stava accadendo, stavo dicendo alle casse: eh, parli facile! ma ti devi fare un culo così.

domenica 22 gennaio 2012

Sotto le stelle del Messico a naufragar

Chiedo scusa ai miei illustri lettori i quali, alla bontà di passare da questo blog aggiungono la gentilezza di voler commentare e incorrono nella difficoltà dell'operazione. Difficoltà sicuramente sproporzionata al valore del blog stesso; e io sono costipata per il tempo e la pazienza che i lettori esimi devono sprecare fra questi miei pensieri superflui.
Lo so che la sezione commenti fa cagare, ma non so come risolvere questo problema.
Ciononostante, io vi amo tutti!

sabato 21 gennaio 2012

Capire tu non puoi ma chiamale se vuoi emozioni

Esiste un negozio di scarpe presso il quale è possibile acquistare decolleté a partire dal numero 34. Ma non è tutto. Ti danno in dotazione un cuscinetto antiscivolo che ti impedisce di assumere le sembianze della bambina che indossa i vestiti della mamma. E io l'ho trovato.

E avremo le speranze di figli in prestito

Alla vista di due ragazzini intorno ai dieci anni che si prendono a calci nelle palle, l'uomo medio può avere due tipi di reazioni: ignorarli, o preoccuparsi che si facciano male. In entrambi i casi, l'uomo medio li lascerà giocare. Che tutti sono cresciuti prendendosi a calci nelle palle.
C'è però una categoria intermedia. E sono quelli che si avvicinano per rimproverarli.
Quando l'istinto sta per portarti nella categoria intermedia, il pensiero di presentare il curriculum all'Ikea si fa sempre più presente.

Ho perso le parole, eppure ce le avevo qua un attimo fa

Andare al cinema il venerdì sera, all'ultimo spettacolo per scongiurare il rischio di trovarci ragazzini, e incontrare addirittura un alunno è un'esperienza per descrivere la quale non trovo aggettivi appropriati. Ma li cerco nel capo semantico delle sciagure.

venerdì 20 gennaio 2012

E al mondo sono andato, dal mondo son tornato sempre vivo

E poi ci sono giorni in cui tocchi con mano la tua impotenza, contrapposta al peso della responsabilità che sai di avere. In questi giorni qua a me mi prende la voglia di portare il curriculum all'Ikea.

Uno, due, tre, quattro, cinque, dieci, cento passi

Le regole della scuola servono a sottometterci e sottovalutarci.
Ha scritto un alunno.
Ribadisco l'invito: chi sostiene che quello dell'insegnante sia un lavoro semplice, si faccia sotto. Lo sfido a duello.

mercoledì 18 gennaio 2012

Quella nave che va da sola, tutta musica e tutta vele

Allora, nel caso in cui io insegnante, per fare un esempio, sono in classe e mentre sono in classe si verifica, mettiamo il caso, un terremoto. Se io, che sono responsabile dei ragazzini della mia classe in quel momento, accorgendomi del terremoto lascio i fanciulli nell'aula e me ne vado, io sono senza dubbio una merdaccia.
Ma il preside che mi prende a parolacce perché me ne sono andata, restando comunque seduto e fermo nell'ufficio di presidenza, deve essere per forza un eroe?

domenica 15 gennaio 2012

Nostra Signora dell'ipocrisia

Abbiamo notato come il personale della Costa Concordia fosse tutto di stranieri? Bella l'Italia, eh!

Cercate un albero giovane e forte, quello sarà il posto mio; voglio tornare anche dopo la morte sotto quel cielo che chiaman di Dio

Ognuno deve lasciarsi qualche cosa dietro quando muore, diceva sempre mio nonno: un bimbo o un libro o un muro eretto con le proprie mani  o un paio di scarpe cucite da noi. O un giardino piantato col nostro sudore. Qualche cosa insomma che la nostra mano abbia toccato in modo che la nostra anima abbia dove andare quando moriamo, e quando la gente guarderà l'albero o il fiore che abbiamo piantato, noi saremo là. Non ha importanza quello che si fa, diceva mio nonno, purché si cambi qualche cosa da ciò che era prima in qualcos'altro che porti la nostra impronta. La differenza tra l'uomo che si limita a tosare un prato e un vero giardiniere sta nel tocco, diceva. Quello che sega il fieno poteva anche non esserci stato, su quel prato; ma il vero giardiniere vi resterà per tutta una vita.
[...]
"Riempiti gli occhi di meraviglie, vivi come se dovessi cadere morto fra dieci secondi! Guarda il mondo: è più fantastico di qualunque sogno studiato e prodotto dalle più grandi fabbriche. Non chiedere garanzie, non chiedere sicurezza economica, un siffatto animale non è mai esistito; e se ci fosse, sarebbe imparentato col pesante bradipo che se ne sta attaccato alla rovescia al ramo di un albero per tutto il santo giorno, ogni giorno, passando l'intera vita a dormire. Al diavolo - diceva il nonno - squassa l'albero e fa' che il pesante bradipo precipiti al suolo e batta per prima cosa il culo"

Ray Bradbury, Fahrenheit 451

sabato 14 gennaio 2012

Sfiorivano le viole

Dunque, mi metto questo ombretto viola da gatta. Che mi piace parecchio. Poi metto anche una bella scollatura, ed esco a fare l'aperitivo con la mia amichetta. Col desiderio di entrare il più possibile nella frivolezza che il colore viola evoca.
Dovevamo vederci con sto tipo che la mia amica conosceva di striscio. Ci aspettavamo (o meglio, speravamo) la presenza di altra gente. Invece il ragazzotto arriva solo. Vabbè.
Andiamo nel locale degli aperitivi. 
Gambe accavallate. Ciglia viola sbattute con aria candida. Guardarsi intorno con espressione di chi poco pretende perché, magari, poco comprende. 
Il nostro ospite maschile, abitante indigeno della città di Savona, inizia a descriverci la città dal suo punto di vista. E le cose che negli ultimi anni sono peggiorate, e il clima che Savona la chiamano la piccola Siberia - aveva nel cellulare una foto della città sotto una bufera di neve - e il turismo che non c'è, e la depressione, e le industrie che hanno chiuso, e i giovani che si trasferiscono tutti in città più grandi. Normalmente io avrei raeagito da Pasionaria, sfoderando un po' di filosofia mista a tecniche di empatia mirate a riconoscere lo stato d'animo dell'interlocutore con l'obiettivo di avvicinarlo alle mie idee, ma... che palle. Volevo fare la gatta morta. E mi sono limitata ad accompagnare il discorso con qualche battutina, sorrisi, sorsi dal bicchiere, e occhi viola da gatta.
Ma quando il tipo ha iniziato a dire che a Savona c'è criminalità, che se io sono calabrese la mia amica è di Napoli, ecco da quel momento non sono più riuscita a stare nel ruolo, la gatta morta si è risvegliata. E si è trasformata in tigre.

Solo lei ce l'ha, solo lei la sa dare

Ma tu, da me, che vuoi?

mercoledì 11 gennaio 2012

Pass' o tiemp e che ffa

-Prof, ma lei l'anno prossimo c'è ancora?
-Spero di si!
-Nooo, volevo dire...in questa scuola.

lunedì 9 gennaio 2012

I suoi vestiti di lino e seta

C'ho i piedi piccoli, io. Questo ha una funesta conseguenza: le scarpe belle col tacco le devo indossare di un numero che non sempre lo producono perché è un numero di piede da bambina e le bambine si sa, non mettono il tacco. Tremendo. Lo porto poco, il tacco, la verità. Ma alle volte mi capita di restare stregata da un modello che è un incanto, la cosa più elegante e sexy che ho mai visto, e le più piccole io le ho provate, ma sembravo una bimba che mette le scarpe della mamma.

Quando il sole tramonta in riviera

Voce della bella signorina in tv: -Con il nuovo materasso vattelapesca, dormi meglio: riduci i movimenti nel sonno e diminuisci il tempo necessaio ad addormentarti-
Io: -A me non serve-
Il mio fidanzato: - Può essere pericoloso, rischi di cadere se ti addormenti prima di come già fai-

domenica 8 gennaio 2012

L'umano fracasso contamina

Ieri alla Feltrinelli ho visto un libro che si intitola: Volevo essere una gatta morta.
Naturalmente non l'ho comperato, né mi è venuta voglia di leggerlo. Però questo titolo....Dio, m'ha fatto un'invidia. L'ho trovato geniale.
Ecco, anch'io volevo essere una gatta morta.

Dalla gabbia dorata della mia lucidità

Va bene. Lo so che gli insegnanti siamo l'unica categoria di lavoratori che ha venti giorni di vacanza per Natale. So anche che nel pensiero comune siamo gli unici a lavorare soltanto al mattino [lasciamo perdere che non è affatto vero, e che comunque, se anche lavorassimo solo al mattino, mezz'ora nella gabbia dei leoni ti sfianca e solo chi c'è stato può capire].
Ma io voglio avere il diritto di dire che ho i coglioni frantumati al pensiero di dover lavorare domani. Alla prima ora. Voglio avere questo diritto e non concedo a nessuno il diritto di replicare.

sabato 7 gennaio 2012

Mi piaccion le fiabe, raccontane altre

Il vecchio annusò il volume.
"Sapete - proseguì - che i libri hanno un po' l'odore della noce moscata o di certe spezie d'origine esotica? Amavo annusarli, da ragazzo. Signore, quanti bei libri c'erano al mondo un tempo, prima che noi vi rinunciassimo!"
Ray Bradbury, Fahrenheit 451

With or without you

Forse dipende dal non sapersi accontentare. O forse è che la felicità non sta mai tutta intera da una parte sola.

martedì 3 gennaio 2012

Ma passa per il mondo senza paura

Il lupo fu sepolto, le due femmine si godettero la cena e vissero tutti felici e contenti.

Da un compito in classe che chiedeva una riscrittura della fiaba di Cappuccetto Rosso. Superata la reazione che la parola femmine mi ha suscitato, però, l'immagine è strepitosa. Sto producendo dei mostri, lo so.

La noia di un altro non vale

Se ci fosse giustizia vera, a questo mondo, gli uomini dovrebbero avere almeno per una volta le mestruazioni. Dopo, secondo me, cambierebbe tutto.

lunedì 2 gennaio 2012

E quel sole ce l'hai dentro al cuore, sole di primavera

-Tu vuoi restare a casa a giocare o vuoi uscire?
- Io voglio uscire. Voglio vedere il mondo: Elena, 3 anni e 7 mesi. 

Siamo schiavi delle cose

Ormai tutti i miei amici hanno l'aifon. Durante queste vacanze sono cadute le ultime barriere, e codesto traguardo della tecnologia è diventato indispensabile.
Io non me lo compro, l'aifon.
Per una serie di motivi. Il primo è che voglio fare l'ideologista e sottrarmi alla dittatura del consumo. Il secondo è che, da quello che vedo, l'aifon crea dipendenza; ed essendo io sensibile al rischio delle dipendenze, preferisco non cadere in tentazione e mantenere i tappi nelle orecchie così da non farmi sedurre dal canto delle sirene. Aifon. Aifon. Aifon.
Il terzo motivo è che la notte di Capodanno, tre due uno, si stappa lo spumante, il mio uomo agita la bottiglia per l'effetto doccia di schiuma e alcol. Tra l'altro c'era una che si credeva fica ma doveva avere ottantanni portati male, truccata come una statua di cera, risultato inquietante, che si è bagnata tutta col nostro spumante; ma per fortuna durante il momento della doccia, quelli del locale hanno spento le luci per enfatizzare l'attimo, quindi la carampana non saprà mai chi l'ha inondata.
In tutta quella euforia, però, lo spumante si riversa copiosamente sul mio piccolo vecchio rotto nokia. Cosicché il mio primo pensiero del duemiladodici è stato: ma nei negozi di cellulari ci saranno ancora dei telefoni semplici, o adesso mi devo prendere per forza l'aifon?
Tutto intriso di alcolico augurio, il nokia piccolo vecchio e rotto mi dice: carta sim non riconosciuta. E si spegne. Tristezza infinita. Ma il mio amichetto mi rassicura; mi fa: tranquilla, a me è capitato un sacco di volte, vedrai che domanimattina si riaccende come se niente fosse.
Ho deposto la carcassa in borsa, e la festa continuava. Botti, fuochi, auguri, balli, altro alcool. Insomma, le cose che si fanno a capodanno. Col pensiero amleticamente diviso fra il piccolo cimelio in borsa, e l'aifon che incombeva. La mattina dopo, quando finalmente sono riuscita ad aprire gli occhi, mi sono avvicinata tutta speranzosa al nokia. Profumava di spumante. Ho digitato il tasto d'accensione. Ta ta ta. Si accende. E riprende a funzionare, come se niente fosse. Ecco, il terzo e prinicpale motivo per cui io il mio cellulare non lo cambio.

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