martedì 29 settembre 2009

La prima classe costa mille lire

Quando ti sposi e sei molto felice, per suggellare la tua perfetta unione c'è una sola cosa da fare: la crociera. Ci sono due tipologie diverse di crociera:
TIPO A: viaggio organizzato su rotte navali, che si effettua a bordo di apposite imbarcazioni.
TIPO B: prima volta nella vita che percorri un tragitto diverso dalla strada che congiunge casa dei tuoi genitori e casa dei tuoi suoceri.
Va da sé che la crociera di tipo B è la più pericolosa, sotto tutti i punti di vista.
Se fino alla crociera di tipo B non eri mai uscito dal paesello, il primo ad aver paura degli inimmaginabili rischi che si annidano nella nave sei proprio tu. Che non sapresti ben dire se poi in realtà sei contento, di sto viaggio. La seconda è tua moglie (la crociera di tipo B è sempre l'apostrofo rosa fra le parole T'AMO; la maggior parte delle volte è un viaggio di nozze).
Amici e parenti restano al paesello a schiattare di invidia; non sarà questo il motivo per cui si sceglie una crociera di tipo B? Da accertare. E quindi anche loro sono turbati da questa meravigliosa avventura sui mari.
Ma colei che secondo me ha più paura in assoluto è la tipa dell'agenzia di viaggi. Quella che stava tranquillamente seduta alla sua scrivania quando ha visto entrare la coppia; lei li ha riconosciuti subito, gli innamorati della corciera di tipo B, e un brivido gelido di panico le ha attraversato la schiena. Dovrà rispondere alle domande più impensabili, spiegare con cura che il costo della crociera non comprende il trasporto dal paesello al luogo di imbarco, consolare la delusione dei piccioncini quando dirà loro che no, il bagno in mare non si può fare durante la navigazione, però la nave è provvista di ampia piscina con vista (le piscine sono sempre ampie con vista, ma i nostri futuri vacanzieri non possono saperlo).
Io fossi al suo posto, della malcapitata signorina dell'agenzia,mi arrischierei a far notare alla sposa come il pantalone aderente verde non si accompagni bene con le scarpe rosa a tacco alto, in nessun caso.
No, mi hai chiesto tu consigli di viaggio, mica per altro.

Tu sei un ragazzo pulito, hai le orecchie piene di sapone

L'altra sera ci siamo incontrati; è stato casuale, succede sempre così.
Come stai, mi ha chiesto.
Se rispondere bene è solo una banalità posso provare a raccontargli di come per me sia difficile restare in bilico su questo filo sospeso in alto sopra i tetti.
Ma si ha una visuale privilegiata, sostiene. Riesci a scorgere cose che la gente comune, là sotto, non vede e neppure immagina, mentre tu puoi capire tutto.
Io non riesco mai a capire tutto, provo a obiettare.
Ti succede perché devi osservare meglio. E' saccente, forse anche un po' superbo lui. E' un ragazzo pulito. Resta in alto sui tetti e giudica la vita sotto, ben lontana dal suo filo. Sa esattamente da che parte sta il bene e da che parte il male.
Non credo nelle demarcazioni troppo nette, provo ancora ad argomentare. Mi accorgo che lui non mi sente, è già distratto dallo spettacolo laggiù.
E dalle sue orecchie guardo evaporare le bolle di sapone. Si liberano verso il cielo, su su su. Poi scoppiano lasciando solo un vago profumo di pulito nell'aria fresca di settembre.

sabato 26 settembre 2009

the winner is...

Da un paio di giorni succedono cose eclatanti, talmente straordinarie che anche i fenomeni atmosferici si sentono coinvolti e nella mia terraccia calabra non smette di piovere... ma non voglio parlare di slavine e allagamenti: è un'altra storia questa, magari scriviamo una lettera ai grandi della terra e ci facciamo raccontare qualcosa su questo tetto di immissioni che vogliono alzare a abbassare e allora potremmo chiamarlo soppalco delle immissioni; un tetto, si sa, quando lo rendi troppo mobile poi ti frana in testa.
Torniamo alle cose eclatanti.
E' uscito un nuovo giornale. Indipendente. Giornale di fatti, che evoca Montanelli e Biagi e sul quale scrive un tipetto niente male con degli occhi verdi che mo ve lo dico,a me piace parecchio.
E' proprio bello, il gironale intendo. Fa il tutto esaurito nelle edicole già alle 9 del mattino: ecco la prima cosa eclatante. Molti di noi - fra questi tanti solo per curiosità, ammettiamo pure - stanno riscoprendo il sapore della parola scritta che profuma di carta. Compri un giornale e lo porti con te, ti ritagli del tempo di silenzio. E leggi.
Poi, seconda cosa eclatante, quello che leggi è bello. Ancora (perdonatemi l'eccessivo romanticismo). Non sono notizie buttate lì con una mano sulla tastiera del pc e l'occhio all'orologio che devi fare in fretta e scrivi proprio le prime cose che ti passano per la mente. No. Quelli che scrivono sono nomi che ti viene di sistemarti i capelli prima di leggere.
Periodi lunghi ma scorrevoli, subordinate - non erano decedute allora le subordinate - incastonate nel periodo come pietre levigate, virgole al posto giusto dove proprio ti aspetti una virgola, e i punti fermi... spettacolari. Ti inchiodano nella lettura e ti costringono a dire qui mi fermo e rifletto, oppure prendo fiato dopo la notizia agghiacciante che mi hai dato. Ma soprattutto parole belle. Colte. Inconsuete. Parole che circondi con un cerchio di penna e poi apri il vocabolario per cercare il significato preciso. Meraviglioso! Cosicché quando termini la lettura hai addirittura imparato meglio la tua lingua.
E allora io, se avessi qualche potere a questo mondo, al Fatto Quotidiano assegnerei un premio. Non so, il premio nobel magari. Dico così il premio nobel perché è il primo che mi viene in mente. E' un premio famoso, tanto che alcune persone si costituiscono in comitati spontanei (spontanei?) per chiedere che questo premio famoso venga assegnato a qualcuno.
E secondo me pure questo è un fatto eclatante: c'è un comitato spontaneo che chiede il nobel per il nostro presidente del consiglio.
Il nobel per la politica? No.
Lui è uno forte come imprenditore. Forse un nobel per l'economia, allora? Nemmeno.
Ah, a proposito: il nostro presidente è ancora quello del tetto delle immissioni di gas nell'atmosfera. Su e giù. Premio nobel per l'ambiente? Neppure.
Se per caso avete già letto gli articoli di quel tale con gli occhi verdi che a me piace parecchio, sarete informati dei processi a suo carico. Molti processi, veri o montati dai giudici sovversivi non si sa. Di certo, sempre vincitore lui. Ma allora il premio nobel per la giustizia? Mica lo so se esiste, ma si può fare un altro comitato spontaneo per istituirlo e assegnarlo al premier. Non è ancora questo a cui hanno pensato, però.
Un premio nobel per il presidente più simpatico umorista dei 150 anni della nostra storia? Si potrebbe, stiamo ancora sorridendo tutti per il giovane bello e abbronzato.
Ma no! un nobel è un premio serio, mica si assegna per le barzellette.
Diamogli il premio nobel per la pace.
Silenzio attonito dei miei poveri neuroni sopresi.
Come?
Il comitato spontaneo, forse consapevole di simili possibili reazioni nel popolo pessimista e farabutto, cura un sito
per spiegare le motivazioni.
Si aprono le porte della conoscenza.
Il candidato al premio nobel per la pace stringe la mano al papa.
Beh, certo: ora è tutto più motivato.
Cammina fra le macerie del terremoto accanto a un giovane alto e abbronzato (che coincidenza, non si può assegnare un nobel per più motivazioni?)
Poi c'è un inno, che ti fa affezionare alla causa sicché, dopo aver capito con la mente, partecipi col cuore.
Eclatante, davvero.
E siccome la mia adrenalina ieri era troppo alta e mi impediva di prendere sonno perché pensavo a tutto questo clamore, ho guardato la tv fino a tardi (anche questo sarebbe eclatante ma è troppo personale e non voglio essere egocentrica).
C'era Roberto Saviano, in tv.
Roberto Saviano è uno che quando parla tu riesci a stento a respirare. Ha visto il mondo cattivo, lui. Quello vero in cui la gente muore ammazzata solo perché stava passando a piedi in un certo posto proprio in quel momento. Sa dei traffici illeciti che portano soldi agli uomini d'onore, e che poi a te ti fanno venire il tumore se hai la sfortuna di vivere giusto sopra la discarica abusiva di rifiuti tossici.
Roberto Saviano ha negli occhi tutto questo. Lo vedi quel lampo di spavento e rabbia. La senti la voce piena di mondo, racconta e tu ascolti senza respiro, col cuore che batte più veloce.
Roberto Saviano ha nelle mani le parole belle che hanno descritto quel mondo a tutto il resto del mondo. E per questa ragione vive nascosto come un ladro. Lui ha sacrificato i suoi trent'anni di labbra carnose e sorriso profondo per cambiare il mondo cattivo. Qualcuno gli ha detto che morirà.
Non come tutti noialtri. Prima.
Ammazzato.
Ora se io avessi qualche potere a questo mondo, istituirei un premio nobel. Anzi, prenderei quello che già c'è. Per la pace.
E candiderei Roberto Saviano e Silvio Berlusconi.
Signori, votate,
The winner is......

mercoledì 23 settembre 2009

Contratto a progetto

Questa mattina ho ricevuto una telefonata. Sul display del mio cellulare compariva un numero non memorizzato nella rubrica. Allora - solo chi ha lasciato il curriculum anche al proprio fruttivendolo sa cosa si prova in simili frangenti - PANICO: chiudi tutte le porte perché non ci sia rumore, raggiungi un punto in cui la ricezione è buona, che magari è la sommità del tuo armadio a muro,e con tutta la professionalità di cui sei capace, rispondi.
Pronto.
Si, con chi parlo?
Nel mio caso specifico, parlavo col presidente di una fondazione per cui ho lavorato. Questa fondazione qua, ho dovuto aspettare anni perchè mi pagasse. Con i soldi che mi hanno dato ho comperato lacollezione intera del manuale di spravvivenza del precario. Ci sono anche i gadget, tipo la torcia e il coltello a serramanico. Fighissimo.
Ora io sono una ordinata, che quando faccio un lavoro mi piace avere le idee chiare e il materiale ben inventariato. Così se mi serve consultare una cosa so dov'è e la trovo subito. Il signor presidente se ne deve essere accorto, pur avendomi pagato poco e male. Infatti stamattina voleva il mio aiuto per districarsi in una questione che, se fossero ordinati pure tutti gli altri, non si sarebbe affatto posta. Mentre gli risolvevo la questione, trovando sul mio pc l'informazione che cercava, ho pensato a quelli che con la fondazione hanno un contratto. Chissà cosa stavano facendo mentre io lavoravo gratis per il presidente.
Grazie dottoressa, lei è stata molto gentile.
Vabbè.
Mi permetterò di richiamarla.
Pure!
Quando ho finito la telefonata sono andata a cercare il manuale di sopravvivenza: potrebbe servirmi il coltellino, non sai mai.

sabato 19 settembre 2009

fate l'amore non fate la guerra

Allora c'è questa messa solenne, la dedicazione di una nuova chiesa a un santo della nostra regione. Che è un bel momento, di festa e di appartenenza alla propria terra. Ci vado, ma già lo so che arriva il momento in cui mi incazzo.
Vescovo, sua eccellenza monsignor Santo. Non nel senso di particolarmente buono, Santo di nome. Sua eccellenza monsignor Santo su una specie di podio coperto da un tappeto verde assieme al sindaco. Questo già un po' mi fa incazzare, ma ancora poco. Sorridono tutti, è ancora bello. Tenero, ecco. Io sono così, mi commuovo.
Poi la messa. E poi l'omelia. Che la vita è preziosa. Perfetto. Che bisogna difenderla. Ineccepibile. Che al giorno d'oggi molti non la rispettano. Rischioso. Perchè non si può accettare che si metta fine alla vita- pericolosamente vicino al punto di non ritorno - in modi ignobili come l'aborto - ecco, mi sono incazzata - o la pillola abortiva.
Precisiamo, personalmente non ho abortito e non credo che lo farei. Ma non fatemi dire sempre la stessa cosa, si sa come la penso: non posso imporre agi altri per legge ciò che io scelgo per morale. A parte il fatto che è totalmente fuori luogo un discorso del genere durante l'omelia di dedicazione di una chiesa di campagna ad un santo che ha il volto buono, ma così buono che non ci pensi proprio alla pillola abortiva.
Poi la preghiera dei fedeli. E lì preghiamo per i ragazzi morti a Kabul. Bello. Intenso. Preghiamo per questi martiri. Dice proprio così, il vescovo Santo: martiri per la pace. Che stavano lì in missione di pace. E la ribadisce con forza, questa idea qua.
Quello che proprio non riesco a capire, caro vescovo, è perchè due persone che stanno insieme in un letto commettono peccato, mentre due che si sparano addosso costruiscono la pace?
Dimmelo tu, io ti ascolto. Ma devi convincermi che i baci e le carezze siano più cattivi delle bombe. Che poi gli esiti delle nostre azioni non sempre sono quelli desiderati. Ma se faccio l'amore e concepisco un figlio non voluto, sono condannato alle fiamme dell'inferno. Se cammino con le armi e sparo e uccido un uomo, che nemmeno lo volevo uccidere, in quel caso però sono un martire.
Non lo capisco proprio dove sta la differenza.

venerdì 18 settembre 2009

Voglio i nomi di chi ha mentito, di chi ha parlato di una guerra giusta

C'è sole e polvere, mentre ci muoviamo. Risate di visi confusi dal mattino, calore di corpi accanto al mio. Rumore, forte.
Rombo deciso su strade accidentate e parole leggere per conservare segreti. La pelle della mia donna, il profumo del suo sonno, il colore degli occhi di tuo figlio, eccolo vi mostro una foto sarà cambiato però a quest'età due mesi sono lunghi come due anni ma il suono del suo riso lo sento fino a qui. E' brezza che scavalca montagne brulle di terra straniera.
I fiori, sul ciglio della strada.
E ancora rumore, e parole, e corpi vicini nella polvere. E fame, anche. Fame di colazioni fragranti a quest'ora del mattino. Vorrei un pezzo della torta che solo la mamma riesce a sfornare così soffice, mia moglie no non riesce mai. Quando si torna in Italia veniamo tutti a conoscere tua mamma e ci prepara la torta. Presto. Magari.
Mani abbronzate impugnano armi.
Dovere. Coraggio. Giustizia. Passione. Il mio posto nel mondo e una missione da uomo vero, non come i tanti che corrono tra uffici e ristoranti per indossare cravatte senza avere uno scopo. Io la costruisco la pace. E' bello essere qui, anche se il buio di notte è silenzioso e freddo, e le lenzuola non profumano, e spesso mi sveglia l'eco degli spari. Ma ora è mattino, andiamo per questa strada assolata accecata di luce che copre il vuoto delle mie malinconie.
E' forte, questa luce.
Troppa, forse.
Un rombo, un boato, l'aria si sposta e vuole trascinarmi con sé.
Non trovo gli amici accanto a me. E' un attimo infinito e sono solo. Non trovo le loro mani nemmeno le mie non ho forza nelle gambe e la gola respira fuoco mentre il vortice mi risucchia insieme alle armi e alla foto di quel figlio vedo polvere ovunque e pietre e scarpe e lamiere e sangue e i fiori bruciati dal fuoco e fumo negli occhi e fa male il petto la testa le gambe le mani non ci sono più le mie mani per afferrarmi a qualcosa che mi trattenga salvandomi dal vortice d'aria che mi risucchia.
Non so dove sono.
Non c'è più niente.
Buio.
Silenzio. Una sirena in lontananza. Un grido, qualcuno piange ma piange piano, sempre più piano, non lo sento ora.
Di nuovo silenzio. E un dolore mi toglie il respiro. Forte.
E' ovunque, sono io quel dolore. Poi anche il dolore diventa lontano. Perso in un copro che forse non è il mio. Lieve. Come il respiro della mia donna quando si addormenta fra le mie braccia, che è sempre più lieve.
Non ci sono più le mie braccia.
Non ci sono più io.
Non ci sono.
Io.
Mai più.

domenica 13 settembre 2009

Chi è la più bella del reame?

Adesso c'è questa novità: le donne sanno parlare. Che mica si sapeva prima, è una scoperta recente. E allora è fantastico e inaspettato che le donne, a Miss Italia, dicano qualcosa.
Così il sabato sera della Rai diventa una folklorica
sagra della femmina. Con presentatori, giuria, ospiti famosi (che se tu non sei abituato a guardare la tv nn conosci nemmeno per sentito dire) tutti lì a ripetersi increduli, ed enfatizzare trionfanti: "sono ragazze profonde, che sanno esprimersi".
Ora io lo so che sto invecchiando e le mie idee sono fuori moda, però questa cosa qua che le ragazze belle debbano parlare per dimostarre al mondo che sanno farlo... la trovo un'offesa.
Intanto, se io mi iscrivo al concorso di Miss Italia è perché voglio fare la modella. O l'attrice. Ma anche la presentatrice, ammettiamo. In ogni caso, quando decido di partecipare so che mi metterò in bikini e verrò giudicata per il mio aspetto fisico. Dunque, posto che la giuria e i telespettatori non trovino strabiliante che io sappia articolare una frase di senso compiuto, non è affatto necessario che esprima le mie idee sul mondo. Mi serve avere gambe lunghe, sorriso ammaliatore, seni torniti e sedere sodo. Se vinco non è perché sono intelligente. Quella, semmai, è un'altra trasmissione.
E vi ho detto il primo motivo per cui mi sento offesa. Poi ce n'è un altro. Più personale.
E cioè che quelle sventole là, quando rendono manifesto il loro pensiero, dicono cose tipo: "mi piace mostrare all'obbiettivo le mie forme; sono molto sensibile; quest'esperienza ha smussato lati del mio carattere; sono l'unica con il capello (cit.) corto".
Signori, è proprio necessaria questa umiliazione?

sabato 12 settembre 2009

Bambolina e Barracuda

L'altra mattina passavo a piedi da piazza M., che è il cuore della zona commerciale di L., elegante e ricca città del Sud. Al centro della piazza c'è una fontana, al fianco di quella fontana si stagliava un palco con tanta gente intorno. Io che sono generalmente curiosa, mi sono avvicinata. Selezioni di Miss Non So Che. Scetticismo. Non è il genere di spettacolo al quale mi piace assistere, ma tant'è, ci sono. Osservo.
Il suddetto palco aveva come sfondo il gorgoglio della fontana illuminata dal sole di settembre. Tra i pilastri di ferro e le travi di legno che lo componevano, un lampo rosso. Una ventina di ragazze, tutte più giovani di quanto sembrino in tv le miss, che le vedi agghindate come dive senza età e poi senti il presentatore dire Alessia ha diciotto anni e pensi caspio gliene davo trenta. Ma anche sessanta, potrebbe essere B. B.
La bellezza sopra tutto, prima di tutto.
Quelle ragazze, l'altra mattina a L., in piazza M., erano vestite di rosso: canottiera aderente a disegnare perfettamente le forme dei seni, gonne cortissime svolazzanti di pieghe, scarpe a punta aperta, zeppe e tacchi grattacielici. Rosso. Tutto rosso. Rifulgevano come la mela di Eva. Bellezza. Desiderio.
C'erano degli uomini, sul palco insieme a loro. Dovevano essere i responsabili dello spettacolo, i registi, cosa ne so io come funziona la selezione di Miss Rosso Fuoco. Di certo erano uomini che davano ordini, e le ragazze prendevano le pose richieste. Per mostrarsi meglio. Per far risaltare la bellezza. Per mangiarti meglio, bambina mia.
E mentre il lupo famelico bramava le carni di cappuccetto rosso, ho rivolto lo sguardo alle persone che mi stavano intorno. Per il genere di idea che mi ero fatta - sempre prevenuta, io! - mi aspettavo di essere circondata da ragazzi uomini vecchi giovani adulti, tutti altrettanto agognanti come il lupo famelico.
Invece ho visto una serie di famiglie. Famiglie semplici, tradizionali, perfette. Papà mamma fratellino sorellina in certi casi anche nonno e nonna.
Incredulità.
Sgomento.
Quelle ragazze erano venute accompagnate dall'intera famiglia. Superare le selzioni di Miss Zeppa Altissima non è solo il desiderio baluginante di una ragazza che si sente padrona del mondo perchè ha sedici anni. Ci siamo passati tutti, magari con sogni diversi: io volevo diventare scrittrice, tu modella: va bene, a sedici anni ogni cosa è possibile.
Ma sedere il sabato sera su una poltrona di Rai Uno mentre Carlo Conti pronuncia le parole magiche... è l'ambizione che hanno le famiglie. Chi è il barracuda di quelle sfolgoranti bamboline?
Mia nonna spegneva stizzita la televisione perché le femmine erano troppo nude. Le chiamava con appellativi poco lusinghieri. Che possiamo farci, era una contadina burbera, lei. Ora non c'è più.

Casta che sogna d'esser puttana

Diciamolo subito: io non ci credo al malocchio, nè alla sfiga, nè a tutte quelle storie pseudomagiche tipo che qualcuno è negativo e allora meglio evitarlo.
Il punto, però, è che ci sono persone che fanno porprio di tutto per essere negative. Sono cattive.
Manipolano la gente, creano relazioni al solo scopo di ottenere il loro utile per poi distorcere la realtà contro chi utile a loro non è più.
Morbosamente egocentrici, smaniosi di salire sul podio, quando si accorgono che non possono primeggiare con le loro sole capacità - IL CHE ACCADE SEMPRE PERCHE' QUESTI TIPI QUA SONO ESSENZIALMENTE STUPIDI - allora buttano fango su chi c'è intorno, in modo che la loro magnificenza rifulga per contrasto.
Ecco, queste persone sono negative.
Perchè fanno male.
Creano il vuoto intorno, come una nevicata fuori stagione che brucia le piante essiccandole. Poi torna la primavera, e sui rami degli alberi spuntano nuovi germogli profumati di colori, e puri.
Ma intanto, quel genere di persone, meglio evitarle.

giovedì 3 settembre 2009

Bandiera rossa trionferà

Io lo confesso: sono una di sinistra. Snob, prevenuta, cospiratrice, un po' terrorista, libertina.
Quando ero bambina mi hanno insegnato a suonare sulla diamonica AVANTI POPOLO ALLA RISCOSSA BANDIERA ROSSA TRIONFERA'. Da ragazza ho frequantato l'Università di Cosenza, pericoloso covo di brigatisti negli anni di piombo; i prof ci facevano leggere sempre i critici marxisti. In sintesi: sono deviata.
E io ci sono proprio affezionata a L'Unità.
Alla sua storia, alla resistenza che ha combattuto per mantenersi viva durante il ventennio, al fatto che ora la dirige una donna e che questa donna non è mai stata una velina, nè una letteronza.
Mi piacciono, ste cose.
Anche il nuovo formato grafico è proprio bello. Allora mi chiedo: noi minoranza di finti intellettuali, illusi sognatori, pertinaci difensori di una pratica quasi in disuso come leggere un giornale... noi, che saremo pure antipatici, non abbiamo però il diritto a leggerlo, quel giornale là?
Tipo avvicinarci al chiosco dell'edicola e dire: buongiorno. L'Unità, grazie!
Senza temere che magari l'edicolante si trasformi in un agente segreto o in un soldato delle SS (Salviamo Silvio, nuovo corpo difensivo della Repubblica Italiana) e ci punti contro un'arma chimica per iniettarci una dose letale di viagra?
Dopotutto siamo ancora folclorici, noi di sinistra.
Potete fotografarci e metterci su facebook. Mentre leggiamo il giornale. E taggare i vostri amici e scrivere: l'ho visto davvero!

martedì 1 settembre 2009

Canzone dei dodici mesi


I miei nonni erano contadini, mani forti e pelle segnata dal vento. Figli della terra, hanno comperato distese di quell'oro dopo la guerra e con paziente laboriosità ne hanno fatto il nostro regno. Smuovere le zolle, piantare i semi, irrigare, arare, aspettare. La gioia del raccolto, conquista strappata col sudore degli uomini e la tenacia delle donne all'ansia sospesa di un temporale che poteva arrivare a portarsi via tutto.
Settembre profuma di mosto, tinge il cielo di vitigni, prepara il rosso calore per l'inverno.
Settembre è custode di tesori che ti daranno vita per un intero anno. Le conserve di pomodori. Le marmellate. Mentre sugli alberi piccoli agrumi restano in silenziosa attesa di essere perle di sole da raccogliere e spremere.
Settembre nei miei ricordi è un mese ricco di promesse e allegro di condivisioni: la grande casa in fermento, come il mosto. Piena di barattoli, bottiglie, pentoloni per le conserve.
Arrivavano le zie per questo lavoro che preparava i tesori. Tre generazioni di donne pazientemente unite ad arginare lo scorrere del tempo: la nonna, sapiente regina, dettava norme, scrutava pomodori e barattoli, ci insegnava come distinguere quello che avrebbe portato buona salsa; le mamme, forti e belle, si occupavano di mille magie fra la cucina e le cantine, gesti veloci e precisi con cui continuare la tradizione creatrice della regina; per noi bimbe il compito più importante. Avvolte in grandi grembiuli di lino profumato, attente a non sporcare i capelli, sedute al bordo dei pentoloni a pelare i pomodori. Dopo aver tolto la buccia sottile, mettere tutto nelle vasche in cui i cugini, gli uomini ancora piccoli, avrebbero intinto le mani nel mare rosso per passare quelle onde di salsa alle bottiglie. I nostri padri si occupavano del fuoco: quello sul quale scaldare l'acqua che avrebbe pelato i pomodori, e quello successivo, finale, l'incantesimo che avrebbe inghiottito le bottiglie per farne conserva.
Nell'altra cantina, intanto, arcano e inaccessibile, fermentava il mosto. E quelle stanze erano proibite ai nostri giochi, potevi solo aspettare che il nonno, il re, uscisse per dare l'ordine. E altre bottiglie sarebbero partite dalle cucine pe riempirsi di un rosso non più polposo, bensì scruo, fluido e profumato.

Io sono cresciuta così.
Ho le radici piantate nella terra.
Sono abituata a seminare, aspettare, curare, aspettare, raccogliere.
Settembre è ancora questo per me.
Non sono brava a restare sospesa sopra la terra. Il tempo non è più regolare scorrere di giorni che sai quando arriveranno. Ogni giorno può portare una telefonata che ti precipiterà in un nuovo orizzonte tutto da inventare. Le stagioni hanno perso il loro sapore.
Settembre è stato trasformato dal progresso. E' diventato liquido, come la modernità. Il lavoro non unisce, non è più scandito dai ruoli familiari. Se ce l'hai, un lavoro, ne sei schiavo e per te settembre è uguale ad agosto e non sarà diverso da novembre. Se un lavoro non ce l'hai, sei precario. Flessibile. E allora le tue mani non sono più quelle operose che muovono i pelati: tu stesso sei gorgogliante come la salsa dei miei ricordi. E resti lì, a settembre. Nella vasca, in attesa di essere riposto in chissà quale bottiglia,e conservato. Ma potresti non andare bene. Se la regina della cantina decide che tu non sei adatto, ci sarà qualcuno che senza troppa premura ti sostituirà.
Io sono figlia della terra, i miei nonni mi avevano insegnato a leggere i tempi e a fare sacrifici che sarebbero stati ricompensati.
Adesso non c'è più terra, sotto i nostri piedi. Non prepariamo vino e salsa, a settembre.
Il nutrimento e il diletto.
La necessità e il piacere. Non dipendono più dal lavoro delle nostre mani.
Peccato non poter mettere al mondo dei figli e insegnare loro l'arte dell'attesa operosa.
Settembre ha un altro profumo, adesso.
Non sono sicura che sia migliore.