venerdì 18 settembre 2009

Voglio i nomi di chi ha mentito, di chi ha parlato di una guerra giusta

C'è sole e polvere, mentre ci muoviamo. Risate di visi confusi dal mattino, calore di corpi accanto al mio. Rumore, forte.
Rombo deciso su strade accidentate e parole leggere per conservare segreti. La pelle della mia donna, il profumo del suo sonno, il colore degli occhi di tuo figlio, eccolo vi mostro una foto sarà cambiato però a quest'età due mesi sono lunghi come due anni ma il suono del suo riso lo sento fino a qui. E' brezza che scavalca montagne brulle di terra straniera.
I fiori, sul ciglio della strada.
E ancora rumore, e parole, e corpi vicini nella polvere. E fame, anche. Fame di colazioni fragranti a quest'ora del mattino. Vorrei un pezzo della torta che solo la mamma riesce a sfornare così soffice, mia moglie no non riesce mai. Quando si torna in Italia veniamo tutti a conoscere tua mamma e ci prepara la torta. Presto. Magari.
Mani abbronzate impugnano armi.
Dovere. Coraggio. Giustizia. Passione. Il mio posto nel mondo e una missione da uomo vero, non come i tanti che corrono tra uffici e ristoranti per indossare cravatte senza avere uno scopo. Io la costruisco la pace. E' bello essere qui, anche se il buio di notte è silenzioso e freddo, e le lenzuola non profumano, e spesso mi sveglia l'eco degli spari. Ma ora è mattino, andiamo per questa strada assolata accecata di luce che copre il vuoto delle mie malinconie.
E' forte, questa luce.
Troppa, forse.
Un rombo, un boato, l'aria si sposta e vuole trascinarmi con sé.
Non trovo gli amici accanto a me. E' un attimo infinito e sono solo. Non trovo le loro mani nemmeno le mie non ho forza nelle gambe e la gola respira fuoco mentre il vortice mi risucchia insieme alle armi e alla foto di quel figlio vedo polvere ovunque e pietre e scarpe e lamiere e sangue e i fiori bruciati dal fuoco e fumo negli occhi e fa male il petto la testa le gambe le mani non ci sono più le mie mani per afferrarmi a qualcosa che mi trattenga salvandomi dal vortice d'aria che mi risucchia.
Non so dove sono.
Non c'è più niente.
Buio.
Silenzio. Una sirena in lontananza. Un grido, qualcuno piange ma piange piano, sempre più piano, non lo sento ora.
Di nuovo silenzio. E un dolore mi toglie il respiro. Forte.
E' ovunque, sono io quel dolore. Poi anche il dolore diventa lontano. Perso in un copro che forse non è il mio. Lieve. Come il respiro della mia donna quando si addormenta fra le mie braccia, che è sempre più lieve.
Non ci sono più le mie braccia.
Non ci sono più io.
Non ci sono.
Io.
Mai più.

Nessun commento:

Posta un commento