domenica 28 febbraio 2010

Le sottigliezze del protocollo di corte

La principessa Sissi è una melensaggine che la telvisione ci rifila ogni anno. Puntuale. Ma chi di voi donne non ha sognato una volta di essere una principessa e sposare un principe? Sarà questo il motivo per cui finiamo per darci almeno un'occhiata, alla principessa Sissi. Valzer, abiti, rose. Poteva anche bastare così, però. Io avrei evitato di riproporre la stessa melensaggine travestita da fiction italiana. Rende ancora più evidente quanto è brutta, la televisione italiana. Questi qua hanno facce prive di espressione alcuna, e recitano battute veloci come scioglilingua, che i vicini di casa alzano il volume al televisore sperando di capire meglio. Ma l'unico risultato è che a me adesso sembra di essere circondata dalla principessa Sissi versione italiana che diventa un tutto organico con i muri del palazzo. Inquietante.

Dimmi dove sei proprio in questo momento

Ora, io c'ho i poteri. Tipo che se fossi vissuta in un'altra epoca, mi avrebbero eletta sacerdotessa e mandata nella stanza segreta del tempio ad essere invasa dal dio. Non lo so se è sensibilità, intuizione, stregoneria o follia. Di certo, a me capita di pensare a qualcuno, e questo qualcuno mi si materializza dopo poco. Che sia un sms, una telefonata, un incontro. Ma la vedo, la incontro, quella persona che mi è venuta nei pensieri. Sicchè io ci credo, all'anima. All'incontro non tangibile.
Ora, ieri mi è venuto da pensare a un tizio, un prof che ho avuto l'anno scorso. Questo prof, poverino, stava poco bene. Si assentava spesso perché ha subito un intervento, l'anno scorso. E l'ultima volta che l'ho visto, al tavolo dell'esame, era così pallido e magro che mi sono dispiaciuta per lui. E proprio ieri ci ho pensato. Mi sono chiesta se si fosse ripreso. Ad essere sincera, considerando le condizioni in cui l'ho visto l'ultima volta, mi sono chiesta se fosse morto.
Ebbene, sono cinica. Alle volte mi capita.
Ma in virtù di quei poteri che c'ho, io oggi ero alla messa. Scambiatevi un segno di pace, ha detto il prete. Mi sono voltata per dare il segno di pace a quelli dietro, e nel banco dietro, esattamente dietro al mio, c'era quel prof.
Io quando l'ho visto, perdonatemi, ho avuto un sobbalzo.
Che non fosse morto, l'ho capito solo quando mi ha stretto la mano. Ed era calda. Di carne, insomma. Con la mano nella mia, ho capito che non era un fantasma, quello che avevo davanti. Perchè io, i miei poteri alle volte mi lasciano sgomenta.

sabato 27 febbraio 2010

In medio stat virtus

C'era una volta una bilancia. Aveva, su un piatto, la speranza e la pienezza; sull'altro piatto, la delusione e il vuoto. Questa bilancia se ne stava da sola tutto il tempo, nel laboratorio del Buondio, e si annoiava. Aveva voglia di vedere da vicino la vita degli uomini, di cui tanto si discorreva nel laboratorio. Danno molto da fare gli uomini, al Buondio. Sicchè, presa dalla curiosità sempre più forte, un bel giorno la bilancia osò chiedere al Sommo che cosa facessero di così interessante, gli uomini. L'Eccelso rispose che tutto quello che facevano era racchiuso nei suoi due piatti. Speranza e pienezza. Delusione e vuoto. - Com'è possibile? - esclamò stupita e infastidita la bilancia - Tu sei sempre così impegnato a star dietro agli umani, e io qui senza far nulla, tutta sola soletta...com'è possibile che io racchiudo tutte le loro azioni? -
- Se non mi credi - rispose paziente il Buondio - ti mando laggiù, fra gli uomini. E vedrai -
La bilancia non riusciva a credere alla fortuna che le stava capitando. E' davvero buono, il Buondio, pensò colma di riconoscenza. L'attesa del gran momento le sembrò lunghissima, ma quando finalmente arrivò il giorno di scendere sulla terra, sentiva che il suo destino si stava compiendo. Il Divin Consiglio le aveva assegnato, come prima meta, la casa di una donna innamorata. E la bilancia si sentì al colmo della soddisfazione dal momento che, questo anche lei che aveva poca conoscenza del mondo lo sapeva, l'amore è una delle esperienze più totali degli esseri umani.
E lì, osservando i giorni di quella donna innamorata, la bilancia capì che il Saggio aveva ragione. I suoi due piatti contenevano tutto il trambusto per cui le creature effimere si affannano, sulla terra. La donna, infatti, che fino a quel momento aveva vissuto di solo amore, appena la bilancia arrivò, iniziò a pensare, riflettere, pesare. Sono più le speranze o le delusioni? Pesa di più la pienezza o il vuoto? La pienezza riempie, ma fa volare. Il vuoto ti fa sprofondare, ed è più pesante. La speranza alleggerisce il cuore, la delusione lo rende di marmo duro.
La bilancia lo sapeva, quale dei due piatti pesava di più.
E lo scoprì anche la donna, grazie al desiderio che aveva avuto la bilancia di conoscere il mondo.
Il Buondio aveva ragione, a dire che tutta la vita degli uomini è contenuta su quei due piatti. Non disse, però, che gli uomini non sanno mai scegliere il piatto giusto. Questo lo capì da sola, la bilancia, che da allora continua a vagare nel tempo cercando di insegnarcelo. Noi non l'abbiamo ancora imparato.

Quello che non ho

E' che le cose vadano un poco come vorrei. Sono ottimista. So combattere la malinconia. Forse ho ancora la speranza. Ma non ho che le cose vadano bene. E non sono sicura che tu sia dalla mia parte.

mercoledì 24 febbraio 2010

Quando sei nato non puoi più nasconderti

Tra un paio di giorni inzio a seguire il corso per l'abilitazione al sostegno. E' di oggi la notizia ufficiale che il Ministero ridurrà ulteriormente gli insegnanti di sostegno. Ditemi voi dove devo andare per non essere trovata, perché io ho esaurito le idee.

martedì 23 febbraio 2010

Meriggiare pallido e assorto

Poco prima, un servizio al telegiornale iniziava col queste parole. Che poi costituiscono l’incipit di una nota poesia di Montale. O almeno a me, nota.

La signorina giornalista se ne andava carina a intervistare gente per strada, che io posso anche capire l’imbarazzo se tu te ne stai a fare i fatti tuoi e una ti ferma con microfono e telecamera chiedendoti se conosci questa poesia. Per cui, espressione smarrita: giustificata.

Naturalmente, tutti i signori intervistati smarriti ignoravano la poesia. Un ragazzo ha detto: Montale….di che periodo è?

Questi sono i momenti in cui capisco al frase dei film: hai il diritto di tacere, tutto quello che dirai potrebbe essere usato contro di te.

Orbene, nell’ignoranza generale della poesia che, a detta della signorina giornalista carina, non si impara più a memoria nelle scuola, il servizio rispondeva con una rivelazione. Il faccione tondo di Mario Venuti che canta meriggiare pallido e assorto presso un rovente muro d’orto. Eccetera.

La rivelazione è che c’è un cd musicale nel quale grandi artisti della canzone italiana (Spagna, Iva Zanicchi, vabbè) cantano le poesie.

Che presa in sé, l’idea potrebbe pure essere carina. Se consideri i testi di certe altre canzoni, come quello che deve fare l’amore in tutti i laghi, capisci che ascoltare Spagna che canta Leopardi potrebbe non dispiacerti del tutto.

Poi, continuando a seguire il servizio rivelatore di conoscenze eccelse, ho scoperto che questo cd l’ha finanziato il Ministero della Pubblica Istruzione.

Che, se non ricordo male, è lo stesso ministero che ha ridotto le ore di Italiano nelle scuole. Il cerchio si chiude, la conoscenza è completa: ti compri il cd, le poesie te le ascolti in cuffia nell’mp3 mentre vai sul motorino, i professori non ti servono più a nulla.

Indi uscimmo a riveder le stelle.

Che non è una canzone di Valerio Scanu.

sabato 20 febbraio 2010

Solo gli imbecilli non hanno dubbi

Oggi c'è un caldo sole quasi primaverile, di quelli che fanno brillare i colori puliti dal freddo. Intanto, piove. Piove poco, quasi senza nuvole, ma piove di una pioggia intensa spinta dal vento. Forte, il vento. A rendere ancora più puliti i colori illuminati dal sole.
E mentre piove col sole, sull'orizzonte si affaccia un arcobaleno. Inciso nel cielo. Sembra un disegno fatto coi colori pastello. Ed è un arcobaleno orizzontale. Non l'avevo mai visto. Tu sei abituata a pensare all'arcobaleno come una specie di scivolo colorato che unisce terra e cielo. Questo di oggi, invece, era languidamente sdraiato lungo la linea d'orizzonte.
La natura è bella perché sorpassa ogni immaginazione.
E capisci che nulla è solo e sempre come ti aspetti che sia.

venerdì 19 febbraio 2010

Fate l'amore non fate la guerra

Io quando l'ho sentito per la prima volta, non ci ho voluto credere.
Che una donna dica che gli fa schifo il sesso, ma lo fa per fare felice il suo uomo.
Non ci ho voluto credere la prima volta, ma poi l'ho sentita un'altra volta ancora. Poi ho iniziato a sentire anche altre persone che l'avevano sentito a loro volta.
Che a una donna non piaccia il sesso, ma lo fa per fare felice il suo uomo.
Io credo che sia una bugia, una cosa ipocrita da bigotta. Che hai ricevuto un'educazione retriva e pensi dentro di te che le donne se dicono che a loro piace il sesso, sono puttane.
E allora mi incazzo, per l'ipocrisia.
Ma poi, ammesso che sia vero. Sono scelte, gusti. E la libertà delle persone va rispettata.
In tal caso, però, candida fanciulla dal viso di giglio...se a te il sesso non ti piace, semplicemente...non lo fai. Perché se vai a letto col tuo uomo solo per farlo felice, sei schiava. Ed è peggio che essere bigotta.
Io credo che la donna sarà veramente libera dal maschilismo quando lei smetterà di sentirsi asservita all'uomo. Io credo che le persone saranno veramente libere, quando si libereranno dalla propria ipocrisia.
Ce n'è di strada da fare ancora, però.

martedì 16 febbraio 2010

Taranta Power

Questa mattina ascoltavo una canzone. E mentre fuori pioveva, quella canzone mi ha fatto pensare ad un amichetto, e a quel poco di tristezza che ci siamo divisi. Questo pomeriggio ho parlato con quell'amichetto. E credo che la musica trasformi la tristezza in sogno.

sabato 13 febbraio 2010

Da sempre l'ignoranza fa paura ed il silenzio è uguale a morte

Se volete studiare ed avere la certezza di non alienarvi troppo dal mondo esterno, le biblioteche dell'Università sono quello che fanno per voi.
Presso la Biblioteca Interfacoltà è possibile trovare gente di tutti i tipi. Per i ragazzi infatti c'è un'ottima concentrazione di donne, il che si sa non guasta mai.

Ecco quanto ho trovato in rete, sul più noto motore di ricerca, alla voce: biblioteche in città.
Ora mi metto a cercare: luoghi per piangere a lungo.

Negro, ebreo, comunista

Oggi ho scoperto che il costruttore dell’appartamento in cui vivo, in affitto, è candidato alle elezioni regionali. Ho visto il suo nome gigantesco su un cartello pubblicitario. Azzurro e bianco, il cartello. Il che significa, senza fare nomi, che il costruttore dell’appartamento in cui vivo in affitto è candidato col partito di quel signore bassino che ama le belle donne. È candidato alla regione nella lista di quell’altro signore che ha il nome come l’aeroporto, ma non si chiama Fiumicino.
Ora a me piace molto l’appartamento in cui vivo in affitto, però oggi sono tornata a casa e l’ho sputato un poco.

L'erba del vicino

Sono stata a correre. Sono stata a correre al mare. È un momento di piacere intenso: l’azzurro dell’acqua ti entra nei polmoni aperti di onde, e il rumore lieve del bagnasciuga pulsa al ritmo del tuo corpo abbandonato alla vita. Corri, ed è come sciogliersi in schiuma e diventare mondo. Respirare tutto. Non più pesante.

Io correvo per perdermi. Perché in quel momento ero fuori da me stessa. Ero felice, ma fuggivo da un peso che mi stringe il cuore.

Mentre correvo con la mia tutina e la coda, sul marciapiede accanto passava una perfetta famigliola. Lei spingeva una carrozzina, una bimba più grande se ne andava di qua e di là. Ci siamo guardate, io e lei. A me ha fatto un po’ male ascoltare le risa della sua bambina. Ho notato l’espressione di lei. Mi guardava con rimpianto. Credo che abbia invidiato la mia libertà.

Lui le teneva la mano e guardava me, ma questa è un’altra storia.

venerdì 12 febbraio 2010

Lettera a un bambino mai nato

Piccolo figlio. Tu che sei vissuto nel caldo dei miei desideri, ti sei nutrito col sangue e la carne dei miei progetti, sei cresciuto fra i palpiti delle mie attese. Ci sei stato. Perché la tua mamma ti ha aspettato. E guardava quell'angolo di vita in cui avrebbe dormito il tuo sorriso, la sera; e tutti zitti per non svegliarlo. Ci sei stato. Perché la tua mamma ti ha tanto amato.
Grembo vuoto di speranze, posa adesso le sue mani su un corpo che non attende più, la tua mamma. Grazie della gioia che ho provato credendo che saresti venuto.

A Carnevale ogni scherzo vale

Si parlava della congiuntura astrale sfavorevole che fa coincidere carnevale e sanvalentino, quest'anno. Di domenica, come se non bastasse.
Ora io lo so che a carnevaleognischerzovale, però questa mattina ricevere una mail di Windows Live col titolo: Ti ama davvero?..... non è stato un bello scherzo. Ecco.

mercoledì 10 febbraio 2010

Che coss'è l'amor...

E' l'assenza che brucia.
Sono carezze che non dimentichi.
E' quello che aspetto sapendo che non arriverà.

martedì 9 febbraio 2010

In clandestinità

Dorina era distesa sul fianco e si cingeva la vita con un braccio. Livio allungò la mano e le carezzò i capelli. Non era sicuro che fosse sveglia, ma provò ugualmente a parlarle.

- Dormi? -

Lei tirò l’aria col naso e poi disse no.

- Forse è meglio che ci alziamo – disse Livio portando la voce appena sotto il normale livello della conversazione.

- Ma che ore sono? – rispose lei a occhi chiusi, anche se l’iniziativa di Livio l’aveva già mezza strappata dal torpore.

Livio si alzò a sedere e prese l’orologio dal comodino.

- Le undici. -

- Lo prendi il caffè? – continuò, visto che lei non aveva aggiunto altro.

- Eh, quasi quasi. –

- Allora rimani, te lo porto.-

Dorina affondò la testa nel cuscino tutta contenta di non doversi alzare subito.

Livio si mise in piedi e fece per rivestirsi. Aveva appena raccolto la camicia dalla sedia quando Dorina uscì dal letto e lo interruppe.

- Aspetta.-

- Aspettare che? -

Dorina aprì l’armadio, prese una busta e ne tirò fuori dei panni.

- Tieni – disse, e glieli lanciò insieme. Sembravano due. Mentre gli volavano incontro nella penombra, a Livio sembrò di vedere una cordicella.

- E questa che è? – Sapeva benissimo di avere tra le mani una tuta da ginnastica.

- L’ho presa ieri al mercato, per te. Credo che la misura sia giusta. Non mi andava di vederti in giro per casa vestito come un ospite. –

Lusingato, Livio se la infilò.

Andò a preparare il caffè.

Diego De Silva, La donna di scorta.

lunedì 8 febbraio 2010

Ma che bel castello marcondiro ndiro ndello

Trovare parcheggio in città è una cosa difficile. È un’attività che impiega molto del tempo nella vita di una persona: che se hai un appuntamento in un posto, devi arrivarci almeno mezz’ora prima, il tempo di trovare parcheggio. E mezz’ora oggi, mezz’ora domani, la vita passa. Per venire incontro alle necessità di chi trascorre la vita a cercare parcheggio, le case automobilistiche hanno inventato le city car. Scatolette simpatiche che infili abbastanza facilmente fra due altre automobili. E magari qualche mezz’ora la risparmi,e puoi dedicarti ai tuoi affetti.

Alcuni uomini – si sa quanto i signori maschi sono legati alle automobili – la city car la schifano. E vanno in giro, in città, col Suv. Intendiamoci, anche a me piacciono i Suv. Ma se tu esci dalla città solo per andare al mare la domenica, nel mese di agosto… forse non è un giusto investimento. Quel signore che aveva il Suv grigio targato Kia, non lo so se viaggia molto. Aveva l’aspetto tarchiato, però. Secondo me era piuttosto uno da mare ad agosto. Fatto sta, io avevo appena parcheggiato bel bella la mia macchinetta, che dovevo andare alla posta, e questo qua dai reconditi recessi della sua infinita auto, mi urla: - resta qui molto? -

Il suo Suv affiancato allo sportello della mia agile C3.

- Dipende da quanta fila c’è in posta, ma non credo. - Erano le tre del pomeriggio, orario in cui magari le vecchine dormono e gli sportelli sono meno affollati.

- No perché io devo andare dal barbiere – dice questo, scendendo dal castello e avvicinandosi al mio finestrino. La logica del dialogo, a questo punto prevedeva la battuta: vuole parcheggiare qui?

Battuta che non ho fatto, principalmente perché non avevo nessuna intenzione di mollare il mio prezioso parcheggio. E poi, cafone di un maschiaccio, sono una signora, io! Un po’ di buone maniere…

Ma il castellano proprietario del semovente castello, mi ha incalzata con la seguente domanda: - Se parcheggio qui davanti a pettine, poi lei riesce ad uscire? –

Chi mi conosce, lo sa: a me i maschi che insinuano che tu non sai guidare perché sei donna mi fanno incazzare di un incazzato inquantificabile. E questo, in maniera affatto celata, stava dicendo che se lui depositava il suo castello davanti alla mia macchinetta, io poi non uscivo. Orgoglio di donna ferita, è più pericoloso di un terremoto.

Io, con un sorriso finto seducente: - Lei parcheggi; se fa una manovra giusta, dovrebbe restare abbastanza spazio! –

Questo senza osare ribattere, ma cercando di ricambiare con un sorriso che gli è venuto piuttosto goffo, si è parcheggiato. Io sono rimasta ad osservare la sua manovra. Poi, ancora affamata di umiliazione suvistica: - Eh certo, parcheggiare con un’auto così grande è difficile. –

Umiliare un maschio maschilista col Suv, non ha prezzo.

Acqua azzurra, acqua chiara

L’altro giorno in edicola ho visto una di quelle innumerevoli raccolte, con la prima uscita a soli tre euro, e i successivi cinquecentoottanta volumi che ti vincolano a vita alla raccolta. Peggio di un mutuo. Quasi un ergastolo.

Generalmente sono cose inutili, ma carine. Oggetti irrilevanti che però a qualcuno piacerà collezionare. Io non ho la pazienza di fare le collezioni, e mi chiedo se davvero la gente continua poi a comprarli tutti i pezzi della raccolta.

Quello che ho visto l’altro giorno in edicola, però, mi ha lasciato basita. Una raccolta di acquasantiere.

Dal Devoto-Oli: Acquasantiera, recipiente per contenere l’acqua benedetta.

Sarà una collezione che fanno i preti, mi sono detta. Io tendo a darmi le risposte più bizzarre, ho la mente fantasiosa. E ho continuato a pensare al prete che andava in edicola a prendere la nuova uscita dell’acquasantiera. Però l’idea di una casa, fosse anche una casa canonica, con le pareti tappezzate di acquasantiere… a me mi ha messo un poco a disagio.

Lo stesso pomeriggio mi è capitato di osservare le pareti di un balcone. Un palazzo nuovo, civile abitazione. Alle pareti di quel balcone c’era appesa un’acquasantiera. Io guidavo quando ho visto sta cosa qua, e giuro che stavo per tamponare l’auto davanti alla mia. I miei occhi fissi al reverendo oggetto che faceva bella mostra di sé. Sul balcone.

Signore, aiutami Tu a capire perché uno che esce sul balcone dovrebbe intingere le mani nell’acqua benedetta. Ma soprattutto, per riempire la collezione di acquasantiere, uno che fa? Va a Lourdes con i bidoni?

Perché non voglio credere che l’abbiano appesa al muro come oggetto ornamentale. Proprio non ci riesco, a pensare ad una cosa del genere, con tutta la mia mente fantasiosa.

L'arte della gioia

Spesso mi capita di sentirmi dire “beata te”. Che io lo so, l’erba del vicino è sempre più verde. Ma a dirmi “beata te” spesso, sono amici cari. Persone con cui ci si confida, quelli sui quali sai di poter contare. E allora non è questione di erba verde, perché è una considerazione fatta da chi mi conosce a fondo.

Ora, queste persone però, generalmente hanno tutte qualcosa di rilevante che io non posseggo. Parlo dei cosiddetti beni di prima necessità, tipo un uomo, o una donna; una casa propria; un figlio. Beni dei quali io alle volte sento la mancanza. E sorrido quando i miei amici mi dicono “beata te”. Nel mio sorriso c’è la consapevolezza di quella nota che rende la mia musica, magari, così bella alle orecchie di chi la ascolta.

Ed è questa, la mia nota. Che io so godere. E mi piace vivere, tutto, intensamente. E lo so quanto questo sia importante, perché ti rende davvero beato nelle cose che fai. Se non suoni quella nota, perdi il sapore della vita. E la vita, si sa, va mangiata. E gustata. Questa è l’arte della gioia.

mercoledì 3 febbraio 2010

La chiamavano Bocca di rosa

Orbene, ero ferma ad un semaforo in questa fredda giornata di febbraio che anche l'aria ha il colore del gelo. Mi guardavo distratta intorno, quando la mia attenzione è stata richiamata da un distinto uomo nerovestito, il quale è sceso dalla sua automobile mercedes parcheggiata sul lato opposto della strada, mi ha attraversato davanti permettendomi di gustarne l'eleganza del portamento, e si è diretto all'angolo dove era posteggiato un carretto di fiori. L'uomo distinto ha acquistato un mazzo di rose rosse. Poi il semaforo è diventato verde, e sono ripartita. Ma ero felice.
Felice per quella donna che fra poco avrebbe ricevuto un mazzo di rose rosse. E felice anche un po' per me, che mi fa bene ricredermi dall'idea che i maschi sono tutti cinici ed egoisti.

Nata sotto il segno dei pesci

La differenza fra gli intellettuali debusciati e i lavoratori concreti e produttivi consiste essenzialmente in questo: i primi alle otto del mattino dormono; presumibilmente perché hanno trascorso la notte a leggere. I secondi alle otto del mattino lavorano e producono; producono anche assordanti rumori di trapano. Questo è.

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