venerdì 30 luglio 2010

50mila lacrime non basteranno perché musica triste sei tu dentro di me

L. ha cinque anni e un paio di grandi, meravigliosi occhi azzurri.
E. ne ha due, è ancora timida con i bambini maschi.
Si incontrano al mare ogni mattina. Ed è la cosa più bella, per la piccola E., l'appuntamento con L.
Se capita che si vedono per strada, o al parco giochi, si corrono incontro con le guance arrossate e il fiato corto. L. porta da casa dei giochi per E. e vuole insegnarle a nuotare. Lei ha portato giù la sua palla, una mattina, e lo ha fatto solo per L.
Certe emozioni non hanno età, sono messe dentro al nostro cuore dal primo respiro.
Oggi L. se ne stava tutto raggomitolato sotto l'ombra, con le ginocchia al petto e la testa bassa, a muovere i sassolini sotto di lui. E. lo guardava col faccino triste, e silenziosamente è andata a sederglisi accanto. Con la palla colorata, che a lui piace.
L. si è allontanato di qualche centimetro dai riccioli biondi di E. dicendo: - Voglio stare solo -
Certe dinamiche non hanno età, sono messe dentro al nostro cuore fin dal primo respiro. Nessuno ce le insegna, non derivano da esperienze né da condizioni di vita. Fano parte di noi, come il colore dei capelli.
E. si è allontanata col faccino deluso. Ha giocato con altri amici, ma continuava a guardare di sottocchi L., che ha voluto anche fare il bagno da solo.
Poi, mentre la mamma raccoglieva le sue cose per andar via, lui si è avvicinato a E.
Le ha puntato contro quegli irresistibili occhi azzurri e ha detto: -E, ci vediamo al mare questo pomeriggio -
Non era una domanda, la sua. Una richiesta, forse triste. Ma intensa. Oggi pomeriggio non vorrò più stare da solo, vorrò giocare con te.
E. ha allungato la sua morbida manina verso le dita di L. e ha detto: -Si -
Certe dinamiche e certe emozioni non hanno età. Fanno parte di noi, sottili come la nostra pelle.
E se è vero che le donne più anziane trasmettono la saggezza degli istinti alle donne più giovani, con le gambe accarezzate dall'acqua del mare, racconto ad E. del grande inganno. L'uomo che ti allontana per stare da solo non va inseguito. Perché fuggirà sempre, lontano da te.
C'è il parco giochi, questo pomeriggio. Andiamo lì, ci divertiremo tanto.

giovedì 29 luglio 2010

E innanzi al mare ad ansimare sto

Il gabbiano vola da solo. E' libero, bianco e leggero. Al tramonto, sfiora le onde gonfie di rosso, mentre la risacca scandisce il suo incedere altero ed elegante.
Il gabbiano solleva con sé i tuoi pensieri, battono con le sue ali i tuoi sogni. Ti innalzi sospinto dal coraggio del suo volo di mare.
Accanto a lui volava un secondo gabbiano. Più prudente. Passava sulla riva, virava per abbassarsi verso il bagansciuga. Poi riprendeva quota. Quasi indeciso se planare leggero come il suo compagno, o restare più vicino alla terra ferma per riposare le piume salate.
Si sono allontanati verso l'orizzonte sfumato.
Poi un punto lontano ha ripreso a muoversi verso la mia direzione. Alto, sicuro. Dominava lo sguardo, il suo batter d'ali. Era il gabbiano che volava più alto. Continuava il suo viaggio. L'altro non c'era più.
Come i gabbiani i nostri cuori. Quando si innalzano verso la meta, la più importante, lo fanno da soli. Non c'è altro modo.

Il postino suona sempre due volte

Il fatto che nella mia casella privata di posta elettronica arrivino mail in cui sono dettagliatamente illustrati gli effetti portentosi del viagra, mi inquieta non poco.

Canto e discanto

Io ci sono dei momenti della vita che mi preoccupo.
Perché mi sembra tutto fermo. Non ho neppure voglia di parlare.
E non so come uscirne.

Io, lui e la cana femmina

Io non amo particolarmente gli animali. Li rispetto, però non è che mi piace quando mi slinguacciano, o averli dentro al letto, o ritrovarmi dappertutto i peli di deliziose bestioline.
Preferisco mantenere una debita distanza.
Ragion per cui quando arriva sulla spiaggia un cagnone grande quanto un cavallo, dal pelo riccio e bianco, che ansima e lo senti ansimare da lontano, io mi irrigidisco un poco. Mi danno fastidio anche gli esseri umani troppo vicini, nel mare, sia chiaro.
La differenza è che gli esseri umani non distribuiscono i loro escrementi lungo la linea del bagnasciuga. In un modo talmente accurato che le folate di brezza mattutina ti arrivano tutte miste di puzzo di merda di cane.
E l'abbronzatissima padrona, dopo aver ripulito la spiaggia dalla cacca del suo cane, si preoccupava di quando il sole sarebbe stato troppo caldo, e lei (la cana femmina) avrebbe avuto bisogno di fare il bagno.
-Ma devo aspettare che vadano via le persone - ha detto. Ecco, se era un messaggio subliminale, ha avuto effetto immediato. Che io ho raccolto le mie cose e sono andata via prontamente.

mercoledì 28 luglio 2010

La leva calcistica del '68

I maschi, si sa, pensano principalmente ad una cosa. E contrariamente a quanto immaginiamo noi povere donzelle, quella cosa è il calcio.
[Chi ha fatto sesso mentre in tv c'era una partita di pallone, scagli la prima pietra]
La passione dei maschi per il calcio inizia prestissimo.
Francesco e Domenico sono due ragazzetti che a occhio e croce hanno otto anni. Io li vedo giocare a pallone sotto casa mia. Li vedo giocare sempre al pallone. Trattenuti a stento solo nelle ore in cui d'estate pare sia obbligatorio riposare, e c'è tanto di regolamento condominiale che proibisce urla e schiamazzi durante certe ore.
Per tutto il resto del giorno, della sera e del principio della notte, Francesco e Domenico giocano a pallone. Secondo me si divertono molto. Beati loro.
Ma la vita, si sa, riserva delle sorprese non sempre gradite. Ieri sera a casa di Francesco è arrivata una cuginetta. Rebecca. Con annessi genitori invitati a cena dai genitori di Francesco. E dalla loro terrazza c'erano voci allegre, tintinnare di bicchieri, luci profumate di candele.
Dal viale esterno, proprio sotto il balcone di Francesco, alla solita ora arriva puntuale Domenico con il prezioso pallone sotto al braccio. Francesco non c'è. Domenico lo chiama.
No, non è che lo citofona. Loro si chiamano così, a voce da una terrazza all'altra.
Francesco mestamente risponde che non può scendere a giocare. Perché c'é Rebecca, dice.
Domenico se ne rammarica, ma non volendo rinunciare alla sua partita corre a cercare altri bambini. E li trova nel giro di dieci minuti. Con la cattiveria totale che solo i bambini possono avere, Domenico e questi nuovi assi del calcio vengono a fare la partita sotto il balcone di Francesco. Eppure di spazio ce n'è, in questo quartiere residenziale eh.
Ma Domenico, sempre urlando, comunica al suo amico che loro stanno a giocare lì sotto e che non appena Francesco può scendere, lo aspettano.
La serata passa con quegli scalmanati che urlano e tirano calci e ci fanno pure la telecronaca, alla partita. Una delle due squadre era il Paraguay. Francesco è restato per tutto il tempo incollato alla ringhiera della sua terrazza, con la testa reclinata e i piedini penzolanti.
E tutte le volte che il gioco si fermava per recuperare la palla, Domenico che chiedeva: - Scendi, Francè? -
E Francesco ripeteva la solita frase, della quale non ha saputo variare neanche mai il tono: - C'è Rebecca -
Ecco, non chiediamoci poi perché gli uomini non le amano, le donne.

Giro giro tondo quant'è bello il mondo

Ora io non è che voglio fare la Montessori de noantri. E' facile fare psicopedagogia da spiaggia; altro dicscorso è crescere un figlio. Lo so bene.
Ma senza saperne molto io, di bambini, immagino che se tu hai quattro anni circa e ti stai divertendo da matto sulle giostre, ma la tua mamma dice che è ora di andare via; e se tu, com'è naturale alla tua età, non hai nessuna voglia di andare via; e se la tua mamma per convincerti ad andare via estrae dalla sua borsa il cellulare e fa finta di telefonare ai carabinieri; ecco, io immagino che in casi come questi poi uno diventa grande e succedono le stragi in famiglia.

E se si usciva avevi sempre su qualcosa un po' scollata

Signori, non smettete di invitare a cena le vostre donne. Che a noi fa tanto piacere....

martedì 27 luglio 2010

E adesso la pubblicità

Scandire le nostre vacanze, le serate o le ore in spiaggia, con il nome del locale in cui siamo stati significa etichettarsi come la carne in scatola. Secondo me. Che se te la compri di un'altra marca vali meno.

Se una mattina io mi accorgessi che ci stiamo sopportando

Capita. Non è improvviso, ma improvvisamente te ne accorgi. Che non ci puoi più stare dentro certi binari.
Il tuo lavoro, il tuo matrimonio, la città in cui vivi.
Credo che capiti a tutti.
La differenza sta fra quanti ci restano lo stesso, a soffocare dentro. E chi invece si alza per cambiare.

lunedì 26 luglio 2010

Ti brucerai perché ti tiene su soltanto un filo

Se non ci sono gesti concreti, meglio non dare troppo peso alle parole.

L'avvelenata

Io odio il fumo delle sigarette. E se sto a godermi la brezza marina non sopporto che tu ti metta a fumare in direzione del vento, sporcandomi l'aria di cui mi sto riempendo i polmoni.
Io non sopporto che tu dica di aver fatto qualcosa che invece non hai fatto. Qualunque sia il motivo per cui lo fai, io la chiamo bugia. E non sopporto le bugie.
Io detesto quell'incontrollato bisogno di controllare la vita degli altri.
Io non posso vivere vicino a chi vuole dirmi come fare le cose, a cominciare dalle più piccole. Se suona il cellulare e io non mi alzo per rispondere, tu non devi permetterti di prendere il cellulare e portarmelo. Perché se lo fai io vicino a te non posso vivere.
Io non considero comunicazione una comunicazione che si riduce a dire quello che di sbagliato è stato fatto.
Io mi incazzo come un treno in corsa per tutta la passione che ho dovuto soffocare, perché era troppo rumorosa, troppo rischiosa, troppo difficile da gestire.
A piedi nudi, coi capelli sciolti, e il passo ancora incerto, mi allontano a riprendere la mia pelle.

Per segnare le ore lente e gli anni veloci

Io sono una donna forse romantica e sicuramente complicata. A me i temporali d'estate mi piacciono. Mi piacciono i cambiamenti, il cielo solo azzurro e caldo diventa monotono.
Invece il profumo del mare che si gonfia di grigio, e le nuvole cariche di vento riflesse sulle onde, sono come una sorpresa. E chi si sorprende assaggia un gusto nuovo dei giorni.
Ieri c'è stato un temporale estivo. A metà mattina i colori della spiaggia sono cambiati del tutto. I riflessi dorati sull'acqua sono diventati scaglie di blu intenso. Poi la pioggia. Profumata.
La maggior parte della gente di qui ieri non è andata al mare. Perché pioveva.
Io che invece stavo in spiaggia molto presto, ho fatto una splendida nuotata. Che non l'avrei mai detto di ritrovarmi dopo dieci minuti in un mare in tempesta.
E allora ho pensato, mentre le gocce mi bagnavano i capelli, che le occasioni nella vita le afferri solo per pochi attimi.

Avrai due lacrime più dolci da seccare

Quelli che di piscologia se ne intendono, dicono che il comportamento di un adulto con un bambino tende a ripetere i modelli osservati e vissuti durante la propria infanzia. Io non lo so se questo è vero, ma vedo la maggior parte degli adulti rapportarsi ai bimbi come se fossero delle bestioline da addomesticare.
Secondo me dovrebbe essere il contrario. Dovremmo essere noi, che di vita sulla pelle ne abbiamo vista scorrere parecchia e forse quella pelle l'abbiamo un poco indurita, noi dovremmo essere a imparare da loro. Dalla loro spontaneità, fantasia, creatività.
L'adulto dovrebbe dirti dove è il pericolo, ed essere silenziosamente e fedelmente lì pronto a difenderti dal periclo che tu sei ancora troppo fiducioso per vedere. Ma non possiamo essere noi a dirvi cosa fare o come farlo.
Può la bottiglia dire al mare come gonfiare le onde?
Può una girandola dire alle nuvole che cosa è il vento?

Se uno ha imparato a contare soltanto fino a sette vuol mica dire che l'otto non possa esserci

Ci sono persone che non sanno usare l'espressione "non lo so". Oppure "forse". O anche "devo chiedere". Sono le persone per cui la vita si risolve in ciò che vedono. E preferiscono non essere scomodati da quanto non conoscono. Restano comodamente seduti nelle loro certezze.
Ma la parte più bella della vita potrebbe essere quella ancora da vedere.

sabato 24 luglio 2010

Ma com'è bella la vita stasera

La storia è questa. Siamo in piena estate, e sui lungomari di sera c'è pochissima gente.
Il turismo non gira.
Ma la gente che ci vive qui, vnei posti di mare, che fa di sera? Dove sono le persone che di giorno vanno ancora a lavorare? Che fanno, di sera?
No... è che quando esci poi devi comperare almeno una birra. E mica te lo puoi permettere ogni sera.
Questa era la classe media.

venerdì 23 luglio 2010

Nel paese della persuasione

Due grandi amici osservano i rispettivi peni con un sofisticato microscopio.
- E questo me lo chiami un allungamento? - dice uno.
- Jim, io ho guadagnato 5 centimetri - dice l'altro. - Forse dovresti provare il mio sistema -
- Che sistema è il tuo, Kevin? - dice l'altro.
- Il mio sistema è: mi appendo un mattone al pene e sto in piedi per ore sul ciglio del Gran Canyon - dice Kevin.
- D'accordo Kevin - dice Jim. - Sei il mio più caro amico dai tempi dell'asilo. Farò un tentativo -
Poi vediamo Jim in piedi sul ciglio del Gran Canyon, con il mattone appeso al pene, mentre Kevin si avvicina in punta di piedi alla macchina di Jim, e una voce fuori campo dice:
Pontiac Sophisto: così sofisticata che saresti perfino capace di convincere il tuo migliore amico ad appendersi un mattone al pene!
Mentre Jim è distratto dal dolore del mattone appeso al pene, Kevin sgomma via con la Sophisto. Jim si gira di scatto a guardare, il pene gli si strappa e precipita nel Gran Canyon. Jim sorride sardonico, rendendosi conto dello scherzo di Kevin ma anche del suo buon gusto in fatto di automobili, poi scende nel Gran Canyon a recuperare il suo pene e, si spera, riattaccarselo.

George Saunders, Nel paese della persuasione, Minimum Fax

Le parole che non ti ho detto

Vieni via con me.

Seduto con le mani in mano

La prossima volta che mi trovo seduta dove c'è un uomo che chiede alla sua donna di alzarsi per prendere da bere, io mi alzo e vado via senza neppure salutare.

E il mio nome era Bufalo Bill

Funziona così.
La magistratura indaga, la polizia arresta gente di mafia.
Fra questi c'è almeno un politico, o un diretto congiunto del politico. Magari più di uno.
Il politico in questione coi congiunti in galera, per qualche giorno scompare. Per una serie di fortuite coincidenze, si trova sempre fuori. In lavoro, dice. O per vacanza. Ma si trova sicuramente in un posto dal quale non può rilasciare dichiarazioni. Dopo qualche giorno si manifesta, e dice: sono sereno; ho fiducia nella giustizia; c'è un complotto contro di me volto a colpire la mia famiglia.
Oramai è un copione che si ripete, e sembra che non ci si debba neppure più meravigliare, indignare. O pensare che il politico parent dei mafiosi dovrebbe dimettersi. E perché mai.
Pubblicità.

Con il letto in cui tua moglie non ti ha mai saputo amare

Io finisce sempre che mi ritrovo a giocare con dei bambini. Mi diverto, che ci posso fare. Mi incuriosiscono, soprattutto perché non hanno sovrastrutture: dolci o antipatici che siano, loro si mostrano per come sono. E questo è un bel modo di stare fra la gente. Io penso.
Cosicché al mare dove vado io ci sono questi bimbi toscani, che arrivavano col papà. E gioca coi piccoli, e chiacchiera col papà. Divertente. Avevo pensato che dovevano essere tipo dell'affido condiviso. Cioè, mi sembrava strano che la mamma non comparisse mai.
Ma oggi è comparsa.
Li ho visti arrivare tutti insieme, allegra famigliola.
E da lontano ho visto i piccini che mi salutavano con la manina, e sentivo la mamma comparsa che diceva al papà: e ma qui ci sono le pietre troppo grosse; e io voglio telefonare al Comune per dire che mettano una passerella perché ho due bambini come devo fare; e se deve venire anche mamma come si fa con un'anziana.
Poi sono arrivati a destinazione. Il tempo di dire buongiorno e i bambini, naturalmente, si sono tuffati in mare e volevano giocare con me. Lei intanto la sentivo dire che ci sono troppe zanzare, che non è possibile dormire, che bisogna chiedere una disinfestazione.
Ora, io non lo so se mi sposerò. Ma se mi dovesse succedere e mi trasformo in una moglie scassapalle, siete tutti autorizzati a togliermi la vita. In qualsiasi modo, fate voi.

mercoledì 21 luglio 2010

Diverso da chi

- Vendola vuole proporsi come candidato premier per le elezioni del 2013 -
- E vabbè, ma un presidente del consiglio gay... -
Ecco. Ditemi voi dove devo andare, perché io ho esaurito le idee.

Mastica e sputa

Quando dici che sei nata a Corigliano Calabro, devi poi sempre fornire qualche indicazione aggiuntiva. Perché Corigliano Calabro di per sè non lo conosce nessuno.
Se parli con gente del Sud, puoi dire che è vicino all'Acqua park di Rossano, oppure vicino a Camigliatello. Perché la gente che si sposta ci viene pure, in Calabria; ma non lo sa proprio cos'è, Corigliano. E questa cosa a me mi pure dispiace. Voglio dire, non ci vorrebbe molto a far parlare di noi con tutte le bellezze naturali che abbiamo. E le abbiamo così, gratuitamente. Che Dio, o chi per lui, ha detto: ecco, tutto questo ve lo regalo.
Ma noi altri preferiamo vederla, la nostra terra, come se fosse un oggetto lasciato disordinatamente su un mobile in attesa di ripassare, fra poco, a metterlo al suo posto. Fermo. In disordine.

Questa mattina ero in spiaggia. Accanto a me ci stava un tizio pure carino. Aveva un accento toscano, e lo so perché ovviamente ha cercato il modo di avviare conversazione. Solite cose da spiaggia. Sei qui in vacanza, di dove sei. Eccetera.
- Sono di Corigliano Calabro - faccio io, rassegnata a fornire i famosi particolari aggiuntivi per localizzare il mio paesello natio.
- Ah, ne hanno parlato stamattina in radio - replica quello.
- Ah si? - chiedo stupita.
- C'è stato un maxi arresto -
- Beh, si... c'è la 'ndrangheta - aggiungo, consapevole che se si parla di noi è per quello.
- Hanno arrestato i fratelli del sindaco -
Ecco, io lì non ho saputo più cosa aggiungere. Perché la Calabria ti immobilizza. Dentro queste regole.

martedì 20 luglio 2010

Generazione di fenomeni

Chi ha meno di trenta e più di quaranta, non lo può capire come stiamo noialtri.
Generazione liquida. Che scivola su tutto senza poter fare progetti, nella continua ricerca di un'identità personale che non può svilupparsi appieno senza un'identificazione professionale e geografica. Adesso questa cosa qua del nostro disagio l'hanno analizzata dei ricercatori dell'Università di Napoli. Fra gli altri.
Io voglio fare un esempio.
L'altro giorno mi telefonano da un call center. Una voce femminile molto gentile, che proponeva della roba naturale per il corpo, il viso, i capelli. Io non è che fossi realmente interessata, ma lo so cosa vuol dire lavorare nel call center. E ci ho parlato, con questa. Che alla fine mi aveva pure quasi convinta su una linea naturale per capelli all'olio di mandorle dolci e jojoba. A sentire lei, una meraviglia. Il punto era che questa azienda per cui la callcenterista mi telefonava, non ha dei punti vendita. Ti invia la roba per posta. Pacchi. Indirizzo. Postino.
No. Ho detto. Inutile che vai avanti, cara. Che io non te lo posso proprio dare un indirizzo. E non mi sembra opportuno che lo shampoo all'olio di mandorle dolci e jojoba arrivi a casa dei miei genitori mentre io poi sarò chissadove.
Ecco. La nostra generazione non si può nemmeno comperare dei saponi con sicurezza. Questo è.
Poi la centralinista mi ha chiesto che lavoro facessi. La mia risposta è sempre: dovrei essere un'insegnante. Al che la tizia dall'altro capo del telefono mi risponde:anch'io.
E abbiamo continuato la conversazione per altri dieci minuti circa; che lei mi ha chiesto delle cose su come funzionao le chiamate quest'anno, e il prossimo, e le supplenze, e i tagli.
E lei mi aveva telefonato per vendermi uno shampoo.

Nel blu dipinto di blu

Ora io si sa che amo il mare. Che proprio lo metto al primo posto della vita. O meglio, al primo posto in exaequo con la mia bimba. Allora la mia bimba si diverte da matti a fare il bagno nel mare con me. E sono fortune, i due amori che si incontrano nello stesso istante di meraviglia.
La mia bimba adora che io vada sott'acqua e risbuchi accanto a lei per strappazzarla di coccole. La frase con cui chiede di fare questo gioco è: zizà (che sono io) splash (vai sott'acqua) la tète (con la testa).
Immaginatevi però che tutto questo accade alle otto del mattino.
Io non ce la posso fare.

Ma l'unico pericolo che sento veramente è quello di non riuscire più a sentire niente

Mi hanno detto di non cambiare, che si devono vedere gli artigli. Ma perché si vedano davvero io credo di dover cambiare ancora.

Li incontri dove la gente viaggia e va a telefonare

Io c'ho questa idea qua che taluni capi d'abbigliamento sono, diciamo, sconvenienti.
Perché l'abito non fa il monaco, ma il particolare fa la differenza; e l'occhio vuole la sua parte.
Però l'altro giorno ho visto un tizio. Un tizio uomo, ovviamente. L'incontro avveniva in un ufficio, quindi contesto caldo ma impegnativo. Il suddetto tizio uomo indossava dei pantaloncini blu e una t-shirt a righe. Non lo so come aveva le mutande, però sotto ai pantaloncini blu aveva un paio di piedi dentro a un paio di mocassini coi lacci marroni. I mocassini. E aveva pure le calze. Nere. Alte. Cioè, mica calzini di quelli fantasmini che proprio belli non sono ma per lo meno sono discreti. No. Quei calzini lì erano proprio di cotone che coprono tutta la caviglia.
Ecco, guardando quel tizio io ho un poco cambiato idea; nel senso che può non essere necessario arrivare alle mutande per capire che io un uomo simile non vorrei rivederlo mai più. Ma neppure incontrarlo per strada, se posso scegliere.

lunedì 19 luglio 2010

domenica 18 luglio 2010

Acqua nell'acqua

Andare in spiaggia di domenica è un'azione che andrebbe evitata. Ti trasformi in una formica schiacciata dalla carne sudata di milioni di altre formiche brulicanti. L'acqua del mare diventa una specie di contenitore sanitario per urine. Si urla troppo. E la gente mangia. Mangia, mangia. Panino e mortadella alle nove del mattino. Se sei sulla spiaggia libera.
Se vai nei lidi, stesso carnaio. Solo più figo. Non trovi il panino e mortadella, questa è la differenza più evidente. E i maschi del lido sono quelli che si ammazzano di palestra per esibire il muscolo scolpito che luccica.
Io perdonatemi, ma la domenica al mare no.
Perché io al mare ci vado per perdermi d'azzurro. E nuotare, nuotare, nuotare. Fino a che il tuo corpo diventa spuma bianca, e il profumo del mare ti avvolge tanto da diventare piacere.
E non c'è più nessuno.
Solo mare. E libertà.

Come un istante déjà vu

Non so se per coincidenze o imprecisabili intrecci di tempo, ma ci sono alcune cose che tornano. Si ripetono. Le riconosci. E allora puoi evitare errori già commessi. Per fortuna.

Parole parole parole

La comunicazione è essenziale. E questa comunicazione non mi piace.

sabato 17 luglio 2010

Voglio andar via

Da questo caldo che ti si incolla addosso.
Dalle parole troppo sdolcinate.
Da facebook, dai cellulari e da tutto ciò che interrompe il silenzio.
Voglio andar via da questa città vergognosamente bella che non mi appartiene.
Dal Sud.
Da chi ti vuole sempre in un modo diverso da quel che sei.
Dalla rabbia taciuta e dalle fragilità.
Voglio andar via.

giovedì 15 luglio 2010

Certe notti la macchina è calda dove ti porta lo decide lei

"Cara maleducata, la prossima volta che parcheggia la sua auto qui saremo costretti a chiamare i vigili; perché qui trasportiamo persone anziane, e bisogna rispettarle"
Questo, pressapoco, il contenuto del biglietto che ho trovato questa mattina fra il tergicristalli e il vetro anteriore della mia macchinetta. La maleducata ero io, ovvio. Il biglietto era di carta leggera gialla, il messaggio scritto a mano a inchiostro nero.
Ora io ho tanti difetti, ma se c'è una cosa che non faccio è parcheggiare l'auto a capocchia. Come la maggior parte dei guidatori invece ama fare. E lì non c'era proprio nessun cenno di passo carrabile. Ci ho guardato proprio bene, prima del parcheggio e pure dopo, stizzita dall'appellativo ricevuto. Io mi sono chiesta spesso come funziona, il passo carrabile. Tipo sarà che tu vai al Comune e dici: qua non si può parcheggiare nessuno. Magari quelli del Comune manderanno qualcuno a verificare, non sai mai. E poi ti arriva a casa (che ne so, nella buca della posta) il segnale nuovo nuovo da apporre davanti all'ingresso del tuo garage. O forse non è questo, il meccanismo. Però, suppongo, se tu questo cartello non ce l'hai, i vigili non finiranno per dare ragione alla cara maleducata?
Seconda questione: questi vecchi che dovevano passare, saranno stati vecchi veramente importanti e famosi. Cioé, per quale motivo io, alle due di notte quando ho parcheggiato, dovevo sapere che la mattina seguente da lì dovevano uscire i vecchi?
Ma soprattutto.... se tu mi scrivi, a me proprio a me, la frase che hai scritto. Che sulla parte centerale del messaggio ho qualche dubbio, ma il saluto iniziale e la frase conclusiva sono stati l'indelebile inizio di una giornata affatto gradevole. E quindi, dicevamo, se tu a me proprio a me che delle parole sono maniaca, mi scrivi "qui trasportiamo persone anziane e bisogna rispettarle", stai tranquillo che domani la mia auto te la parcheggio senza neppure troppe manovre. E vediamo che ti dicono i vigili. Caro genio della letteratura.

L'absente

Non trovarti quando ti cerco, e sentire che chiami quando mi allontano. Ecco quello che gli uomini chiamano amore.

mercoledì 14 luglio 2010

Capelli rossi così era scritto in quella lettera d'amore

Ora siccome sono una donna, io impiego lunghi minuti di concentrazione davanti ai flaconi di creme, shampoo, maschere e oli idratanti. Lo faccio per scegliere i prodotti più adatti a me, alle mie esigenze nei diversi periodi dell'anno; ma fondamentalmente sono convinta che dentro quei flaconi ci sia la stessa roba. Voglio dire, in che cosa dovrebbero differenziarsi uno shampoo che ti dà lucentezza da uno che ti confersice morbidezza?
Tuttavia, la vanità è donna. E io ci sono dei momenti in cui voglio lo shampoo alle proteine della seta e altri in cui mi serve la crema idratante al sandalo. Pur credendo che la differenza sia sottile.
Poi siccome questi flaconi qua li prepara gente che ci fa tutto uno studio di marketing per indurti a comperarli, succede che ci sono più prodotti di una stessa linea. E allora tu, leggendo le proprietà di un latte detergente, ad esempio, scopri che è inefficace se usato separatamente dal rinforzante per unghie della stessa marca. Insomma, la casa cosmetica ti osserva dall'alto mentre ti induce a percorrere interi corridoi di profumerie per acquistare questi prodotti per te indispensabili.
Ovviamente c'è la fidelizzazione al marchio. Qundi una stessa linea di prodotti presenta flaconcini pressocché identici: stessi colori, dimensioni anche simili. L'effetto che vogliono creare sarà forse quello di farti sentire avvolta da tutte quelle diavolerie indispensabili alla tua bellezza. Che però, ripeto, sono pressocché identiche fra loro. Almeno nell'aspetto.
E allora può succedere che una povera cliente caduta nell'imbroglio seduttivo della bellezza, abbia posato sul bordo della sua vasca da bagno tutti sti flaconcini miracolosi. Uguali. Shampoo e balsamo hanno un'unica differenza: che la bottiglia di shampoo sta appoggiata diritta, mentre quella di balsamo si deve mettere a testa in giù. Ossia, si appoggia col tappo rivolto verso il basso.
Se però tu, per qualche motivo, quando li hai messi sul bordo della tua vasca da bagno questi meravigliosi flaconi, eri distratta, ti sarà anche potuto accadere di lasciare le due indispensabili bottiglie posate nello stesso verso. Una accanto all'altra, indissolubilmente.
Sicché quando stai sotto il getto tiepido d'acqua, canticchiando felice, la tua incauta mano può allungarsi verso la bottiglia di balsamo inconsapevole del tragico errore. Credendola, appunto, shampoo. Compi gli stessi gesti di sempre: distribuire uniformemente il prodotto per tutta la lunghezza dei capelli. Solo che sto prodotto qua non fa per niente schiuma.
Scettica, ti dici che forse sarà stato l'olio protettivo a sporcarli così, i tuoi capelli. Li insaponi di nuovo. Ovviamente, sempre con lo stesso prodotto. Che il lettore sa non essere shampoo. Ma la povera donna che si sta lavando no. Quindi il risultato non cambia. Niente, non c'è schiuma. A quel punto smetti di cantare, e ti dici che forse c'è qualcosa che non va. Così, mentre ti imbratti i capelli per la terza volta di quella roba melefica, leggi più attentamente le isturzioni sul retro della bottiglia. E ti accorgi che c'è scritto: prodotto idratante, ridona morbidezza ai capelli ricci e mossi sciupati dal sole. Allora inizi a capire. Allunghi la mano tremante all'altro flacone, quello che non hai ancora aperto. E vedi che lì c'è stampato: shampoo. A grandi caratteri.
Ma oramai è troppo tardi. Hai imbalsamato i tuoi capelli per circa quindici minuti. Quando poi riesci finalemnte ad asciugarli, hai una nuova certezza: i prodotti cosmetici non sono affatto tutti uguali.

martedì 13 luglio 2010

Cosa fai ora ti ricordi eran belli i nostri tempi

L'amore, quello vero, quando ti trova non se ne va. Cambia. Prende nuove forme e diversi sapori. Ma resta un bene grande dentro al cuore. Basta solo non averne paura, e lasciarlo fare. Come l'acqua pura di un ruscello, troverà lui le forme in cui prendere vita, e ci saranno fontane gorgoglianti fra le rocce del tempo.

domenica 11 luglio 2010

Notti magiche inseguendo un goal

Solo per dire che quattro chiacchiere col polpo io me le farei volentieri, a sto punto.

Prendi questa mano zingara

Per una fortunata serie di vicende familiari, noi si ha spesso ospiti internazionali nella nostra casetta calabra. Alcuni di questi, amici francesi, sedevano al paterno desco proprio oggi. Oggi è la finale del mondiale, a quanto dicono. Che io di calcio capisco meno che di matematica. Però i francesi sembravano bene informati sulla questione.
Io di questo mondiale di calcio una cosa mi ha colpito: il polpo. Cioé, non tanto l'idea che ci sia questo mollusco qua che si diletta a indovinare le partite. Quanto piuttosto il fatto che a noi altri lo propinano in televisione e sui giornali come se fosse la cosa che ci interessa maggiormente. O almeno io spero non essere la cosa che ci interessa maggiormente, il polpo.
Poi quando ho letto che Paul [il suddetto indovinatore di mondiali] sembra avere origini italiane, mi sono sentita leggermente presa per i fondelli dall'umanità intera.
Cosicché quando stavamo a tavola coi francesi, io una cosa gliel'ho chiesta. Se lo conoscevano pure loro, il polpo. Ma nel sentirmi dire che si, lo conoscono; e sapevano che la squadra che fra poco dovrebbe vincere l'acquatico mondiale è la Spagna, perché l'ha detto il polpo, ecco allora sono stata felice. Non tutto è perduto, fratelli d'Italia.

venerdì 9 luglio 2010

Alla sera vedo donne bellissime da Venezia arrivare fin qua

Anni fa sono stata a Istanbul. Che ho smarrito i contorni, ma conservo bene la sensazione dei colori e dei profumi. E mi ricordo vivi questi uomini scuri e baffuti. C'erano uomini, solo uomini in giro. E ti guardavano - a te turista italiana (allora anche giovane) in calzoncini e canottiera - ti guardavano con espressione che per essere eleganti si potrebbe definire famelica. Ricordo che quegli sguardi si appiccicavano addosso come l'umidità e lo scirocco.
Te ne facevi una ragione; pensando che lì le donne magari erano tutte avvolte nei veli, e loro uomini non ne vedevano mai un po' di pelle nuda.
Io quella sensazione sgradevole di sguardi appiccicati addosso come umido scirocco non l'avevo più provata da allora, fino a questo pomeriggio.
Questo pomeriggio sono andata a fare una ricarica al cellulare in un baretto della mia calabra cittadina di provincia. E indossavo i pantaloni, eh. Sono cose brutte.

giovedì 8 luglio 2010

Canzone delle domande consuete

Ora io e la mia nipotina adorata, quando ci si vede assieme per strada, potremmo anche sembrare mamma e figlia. Pare che abbiamo gli stessi capelli, fra le altre cose. Io sono felicissima di questo genere di equivoco, mi si stampa un sorriso da un orecchio all'altro, e sono orgogliosa. Molto orgogliosa di questa maternità che me la sento tutta. Ragion per cui questo pomeriggio, che ho accompagnato la mia bimba ad una specie di festa, mi ha fatto molto felice un vecchino. Io la tenevo in braccio, la piccolina, e il vecchino si avvicina per chiedermi se conoscessi gli animatori della parata clownesca. Siccome li conoscevo, ho spiegato di cosa si trattava. Seconda domanda del vecchino: lei non ha altri bambini?
La zia in brodo di giuggiole ha risposto che in effetti la bimba non era mia. Ma il sorriso orgoglioso splendeva tutto. Per smorzarsi un poco alla successiva domanda: lei non è sposata?
Che io capisco i vecchini, per cui gli obiettivi della vita sono quei due o tre, e tu devi essere o madre o moglie. Se no potresti fare schifo. Gli ho risposto con una faccia che era diventata quella del Lo so che ti faccio schifo ma no, non sono sposata.
Per poi trasformarsi in deciso astio, quando questo vecchino impiccione - che perché non si guardava i clown in santa pace non lo so - ha buttato lì la seguente riflessione consolatoria: ma lei è ancora giovane.
Ecco, lì l'ho guardato in cagnesco e mi sono portata via la bimba. Quasi senza salutare.

lunedì 5 luglio 2010

Guardarsi l'ultima volta e via

Io non lo voglio sapere, quando è l'ultima volta di una cosa. Non mi piacciono i saluti.

Ho la mappa di tutti i tuoi nei

"Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri", scriveva qualcuno. Alcuni libri sono ferite nell'anima, fanno proprio male tanto che non puoi leggerne troppo; devi fermarti a prendere respiro.
La storia che sto leggendo adesso è la somma allusiva delle mie storie d'amore.
Parole rivelano emozioni che non ho saputo capire. Immagini danno corpo a gesti che avrei voluto compiere ma non ne ho avuto il coraggio.
Mi lascia stupita, in maniera intensa e quasi indiscreta. E lei ha un neo esattamente nel punto in cui ce l'ho io.

L'immenso è lui che vuole me

La prossima volta, voglio tutto.

Se vorrai sai come trovarmi

Correre a braccia aperte verso te, contro il vento che toglie il respiro, i vestiti incollati alla pelle per la fretta di essere sulla tua pelle. E trovare il ruvido di pietre, immobili e silenziose.
Il cuore non ce la fa.

venerdì 2 luglio 2010

E se andrai lontano fa' che non sia troppo fuori mano

Hai scritto che, se non fossi certa che alla fine verrò da te, allo scoperto e con coraggio, mi avresti già lasciato perdere. Lo so. Ma dentro di me nutro anche il timore che non riuscirai nel tuo intento.
Vorrei aiutarti, lo vorrei davvero, ma ne sono assolutamente incapace. Cerca di capire. Lo sono per legge, la mia legge insensata. C'è qualcosa di inanimato laggiù, nel punto bianco e vuoto al centro dell'essere. Qualcuno è steso là, morto.
Io posso solo guardare i tuoi eroici sforzi di rianimazione come uno spettatore impotente, niente di più. E pregare che non ti dia per vinta.

David Grossman, Che tu sia per me il coltello

giovedì 1 luglio 2010

Ti vesti svogliatamente non metti mai niente che possa attirare attenzione

Purché tu non indossi le mutande bianche, o uomo. Perché quelle possono essere determinanti per l'evoluzione di una storia.

E le mie mani hanno applaudito al mondo

Non è corretto generalizzare, però si può affermare con discreta serenità che alcuni popoli hanno delle caratteristiche dalle quali sono riconoscibili. Gli italiani, per esempio, sono quelli che si lamentano. I brasiliani sono quelli che sanno ballare bene, e la gente dell'Africa è allegra. Questi ragazzi di colore che incontri sulle spiagge, ad esempio. Se ti intrattieni a parlarci, il discorso finisce sempre che tu italiano ti lamenti e lui sorride e ti pure fa la ramanzina sulla gioia di vivere.
Allora parlare con loro mette allegria. Sarà pure una comune banalità, ma è così.
L'altro giorno sulla spiaggia adriatica si è svolto il seguente dialogo, fra un venditore ambulante dalla pelle molto scura che passava sul bagnasciuga carico di merce, e noi due italiane stese al sole.
- Ciao, come va? - esordiscono spesso così, i venditori ambulanti di colore; sarà che si aspettano tu gli risponda "male" per attaccare la ramanzina. Non so.
- Bene - abbiamo risposto noi, che eravamo si contente ma anche poco inclini a sentire prediche in quel momento.
- Auguri - ci ha detto lui passando. Ed è stato bello.
- Grazie! -
- Buon bronzare - ha aggiunto, con un italiano approssimativo ma che ha reso bene l'idea.
- Grazie, auguri anche a te - abbiamo risposto noi per salutarlo. Ma siccome agli africani gli va sempre tutto bene, questo qua forse non gli servivano i nostri auguri che volevano essere generici sulla vita, perché ha risposto: - No, io già bronzato -

Il nome della rosa

Quelli che studiano sanno capire tutta la storia di simboli e segni, di significante e significato, di rimandi infiniti e combinazioni possibili di cui, per esempio, è intessuto il romanzo dei monaci uccisi nel convento perché toccavano un libro.
Quelli che non studiano, tuttavia, hanno una percezione istintiva di taluni fenomeni. La sensibilità linguistica, si chiama. Che può essere maggiore o minore, dipende un po' anche dai gusti ma molto dal grado di cultura. Però il minimo sindacale, di sensibilità linguistica, dovremmo avercelo tutti. Tanto da capire che chiamare un agriturismo immerso nella campagna salentina La zanzara forse non è stata la giusta scelta del significante per esprimere un significato. Voglio dire, io d'estate in un ristorante che si chiama la zanzara non ci andrei a mangiare, ecco.

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