giovedì 24 febbraio 2011

Come del resto alla fine di un viaggio c'è sempre un viaggio da ricomnciare

Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: "Non c'è altro da vedere", sapeva che non era vero. La fine di un viaggio è solo l'inizio di un altro. Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si era visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l'ombra che non c'era. Bisogna ritornare sui passi già fatti, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricomincare il viaggio. Sempre.

José Saramago, Viaggio in Portogallo.

Un libro che insegna a guardare.
 

Che il pallone devi darlo a chi finalizza il gioco

Ci sono delle circostanze, nella vita, in cui ti comporti in maniera stronza. Non lo fai apposta, cioé sei stronza senza averci pensato prima. Il che, credo, sia ancora peggio dell'essere stronzi in maniera premeditata.
Ed è per questo che vorrei chiedere scusa alla commessa del negozio di scarpe in cui sono stata ieri.
Lei non leggerà mai questo blog.
Ma la potenza delle parole supera i limiti che noi immaginiamo di aver dato alla nostra affabulazione. Le parole sanno andare oltre il tempo e sanno vincere lo spazio.
Allora, magari, chissà.
Ecco. Io ieri sono entrata in un negozio di scarpe di una catena spagnola che prediligo. Non  avevo intenzione di acquistare. O meglio, non era un'intenzione che avevo dichiarato a me stessa; ma forse mi sono presa un po' in giro. Dunque, entro perché il punto vendita stava proprio sulla via che stavo percorrendo: aveva un'ampia vetrina, luminosa e seducente. Come oltrepassarla.
Una volta all'interno del negozio, inizio a vagare senza una meta. Visto che ero lì solo per guardare. Oltre me, non c'era nessun altro cliente. Solo questa commessa carina, bruna, con i capelli raccolti e gli occhiali, una sciarpa verde scuro avvolta attorno al collo. - Posso esserle utile?- mi fa. Io le ho candidamente risposto che non avevo idea di che scarpe comperare, ma che mi sarebbe piaciuto comperarne un paio. E mentre pronunciavo queste parole, sono stata io stessa informata della mia mutata posizione. Mi ero dunque trasformata da una che guarda in una cliente. 
La commessa gentile, che sapeva anche fare molto bene il suo lavoro, inizia a farmi le domande del caso: - Le servono per qualche occasione particolare? Ha preferenze di colore? Vuole vedere la nuova collezione o i modelli invernali?- Io non ce le avevo le risposte a tutte quelle seducenti domande, e mi sono lasciata condurre nella scelta. La signorina paziente mi mostra questo paio, e quell'altro, questo colore ma anche la versione in nero se preferivo andare sul classico, va a vedere in magazzino se di quel modello invernale c'è rimasto il mio numero. Si prodiga. Fino a che non entra altra gente in negozio, e lei mi dice cortese: - Mentre ci pensa, servo gli altri signori -, che ci stava tutto considerando la mia lenta indecisione. Però è stato un errore diplomatico. Perché la cliente indecisa, lasciata sola a se stessa, si è ritirata a vantaggio della parte più saggia di me che mi ha ripetuto: non sei qui per comperare, esci subito da questo negozio. L'esorcismo funziona. Torno in strada.
Continuo a camminare, con il naso per aria a guardare le superbe facciate dei palazzi di Roma. E ogni tanto mi tornavano in mente le scarpine, però. Pericolose.
E comincio a pensare alla primavera che si avvicina, a quando metteremo da parte gli stivali. Così, tra una fontana e un portico, arrivo alla conclusione che quelle scarpe lì mi erano proprio piaciute, e magari un giorno ci torno e le compro.
E' stato lì che è successo l'irreparabile. Un altro punto vendita. E le scarpine senza le quali oramai avevo deciso di non poter vivere erano lì, a fare bella mostra di sé da quest'altra vetrina. Allora sono entrata, con chiaro stupore del commesso, e ho detto: - Voglio quelle scarpe lì!- Così le ho comperate. Dopo aver usufruito di dieci minuti di lavoro e professionalità di un'altra persona che, per quanto non fosse impresa ardua, mi aveva comunque convinto a comperarle.
Gentile commessa bruna del negozio di via del Corso, sono una stronza. Lo so.
 

martedì 22 febbraio 2011

L'Italia metà giardino e metà galera

La cultura italiana - laddove per "cultura" si intende l'atteggiamento mentale della maggioranza, non di certo l'insieme delle nozioni possedute né tantomeno la qualità dello spirito critico con cui si osservano i fenomeni - si è brunovespizzata. La tendenza culturale dominante, infatti, per qualsivoglia accadimento è quella di schierarsi su due file di poltrone contrapposte. 
Le poltrone di qua, e le poltrone di là. Sulle poltrone siedono tuttologi di specchiata fama. I quali non fanno altro che rimpallarsi le banalità dette da qualcun altro, o sfidarsi alla sensazionalità più eclatante. Poi, quando il dibattito langue, suona il campanello ed il parterre si arrichisce di un nuovo ospite, che avrà sicuramente qualcosa di determinante da aggiungere.
La cultura italiana oramai è questo.
Che si tratti di Gianni Morandi e San Remo, che si tratti della guerra che sta scoppiando in Libia, del lavoro che non c'è o dell'ennesima ragazzina scomparsa. Non c'è differenza di peso fra gli argomenti. Per ognuno, due file di poltrone contrapposte. Io dico questo, tu dici quest'altro. Non sforziamoci di saperne di più. L'importante è scegliere in quale lato delle poltrone accomodarsi. Dlin dlon.

giovedì 17 febbraio 2011

Acqua azzurra acqua chiara

- Professoré, posso annà a beve? - mi chiedono gli alunni, nella provincia di Roma.
Io non ce li mando, fino a che non lo dicono in italiano.
Potete riferire al signor Bossi, e a tutte le trote del Po, che se anche dovessi sottopormi ad un test di dialetto per entrare in qualche graduatoria regionale, io a scuola i miei alunni li coistringerò sempre a parlare in italiano, corretto. 
Quindi, il test complessivamente non servirebbe a niente.

mercoledì 16 febbraio 2011

La matematica non sarà mai il mio mestiere

Io vivo il mio lavoro come una missione. Sono consapevole dell'importanza di ciò che faccio. Perché diminuire (o almeno provare a diminuire) il numero di esseri viventi che ti chiamano in chat e scrivono "ciao dove vai ha cenare stasera", può cambiare le sorti dell'umanità.

L'angoscia e un po' di vino, voglia di bestemmiare

Io vivo in un paesino sui colli romani. Da queste parti si produce vino buono. Nel paesino in cui vivo c'è un supermercato, dove vendono del vino. Ma sarà che io non lo so scegliere. Il punto è che il vino comperato in quel supermercato del paesino in cui vivo, a me non piace.
E cambio marca, eh.
Quello che non potrò cambiare, secondo un decreto approvato oggi, è il paesino in cui vivo.
Sono cose brutte. 

martedì 15 febbraio 2011

Ho sognato una strada

Dice il signor Guerra: "Sono originario di Cidadelhe, un paese del comune di Pinhel". Pensa di andare anche là?" Risponde il viaggiatore, senza mentire: "Ne avevo l'intenzione. Mi piacerebbe vederlo. Com'è la strada?". "La strada è brutta. E' in capo al mondo. Ma un tempo era peggio". Ha fatto una pausa e ha ripetuto: "Molto peggio".
Nessuno può definirsi viaggiatore se non ha qualche intuizione. A questo punto, questo qui ha indovinato che c'era qualcos'altro da sentire e ha lanciato un semplice filo, senza neppure bisogno dell'esca: "Me l'immagino". "Forse. Ma io non posso proprio restare indifferente quando mi dicono che paesi come il mio sono destinati a scomparire". "E chi gliel'ha detto?"
"Il sindaco di Pinhel, alcuni anni fa. Sono paesi condannati, diceva lui."
"Lei ama il suo paese?" "Molto". "Ha ancora dei parenti, là?" "Solo una sorella. Ne avevo un'altra, ma è morta".
Il viaggiatore sente che sta avvicinandosi e cerca la domanda che meglio possa aprire l'arca che immagina, ma l'arca finisce per aprirsi da sola e mostra quanto c'è dentro, una storia normale in paesi condannati come Cidadelhe: "Mia sorella morì a sette anni. Io ne avevo nove. Si ammalò di difterite, e continuava a peggiorare. Da Cidadelhe a Pinhel ci sono venticinque chilometri, allora era una strada sterrata, tutta pietre. Il medico non veniva fin là. Allora mia madre chiese in prestito un asino e partimmo tutti e tre, su per quei monti".
"E ce la faceste?"
"Non facemmo neppure metà del cammino. Mia sorella morì. Tornammo a casa, con lei sopra l'asino, in braccio a mia madre. Io camminavo dietro, piangendo". Il viaggiatore ha un nodo in gola. Si trova nella sala da pranzo di un albergo, quest'uomo è il capocameriere e racconta una storia della propria vita. Ci sono altri due camerieri lì vicino, ad ascoltare. Dice il viaggiatore: "Povera piccola. Morire così, per mancanza di assistenza medica". "Mia sorella morì perché non c'erano né un medico né una strada". 
Allora il viaggiatore capisce [...]. Ritorna in camera. Distende sul letto la sua grande carta, cerca Pinhel, eccola, ed ecco la strada che va verso l'interno, in qualche punto di questo spazio è morta una bambina di sette anni, e finalmente il viaggiatore trova Cidadelhe, lassù, tra il fiume Còa e il torrente Massueime, è in capo al mondo, sarà in capo alla vita. A meno che qualcuno non se ne ricordi".

José Saramago, da Viaggio in Portogallo 

Se telefonando

Alunna dal primo banco: - Prof., posso mettere il silenzioso al cellulare? -
Professoressa, con piglio minaccioso: - Devo dedurre che hai il cellulare acceso? -
Bimba arrossisce. Prof. rincara: - E per giunta, con la suoneria!-
Alunna, con aria imprescindibile: - Non posso spegnerlo -
- ... - silenzioso e scettico disappunto.
- Mia mamma mi deve dire una cosa urgentissima. -
- Si può sapere cosa? -
- Mi deve dire se può accompagnarmi a danza o se devo andarci da sola -

Rossetto e cioccolato

Ci sono sapori che fanno bene al cuore. Come il nero del cioccolato dopo che hai bevuto.

martedì 8 febbraio 2011

Battiti di ali di farfalla

Gli animali io li rispetto. Sono quella che se c'è una mosca sul vetro prova a farla uscire dalla finestra piuttosto che ucciderla. Però ci sono certe cose, degli animali, che un poco di fastidio me lo danno. Per esempio, i cani. Quelli che fanno la cacca a terra. Soprattutto se poi tu vai a finirci col piede sopra.
Peggio è quando, con le scarpe spalmate di cacca di cane, vai nel parco per camminare sull'erba, sul selciato, o comunque per camminare all'aria aperta prima di introdurre nell'abitacolo dell'auto il prezioso odore, e ti viene incontro festante un cane alto la metà di quanto sei alta tu. Che solleva allegro le sue zampe anteriori per aggrapparsi alla tua pancia. 
Quando tutto ciò capita nel giro di quindici minuti, gli animali mi irritano.

Non hai scudi di parole

Alla cassa del supermercato.
- Trentasette euro e venti -
Uomo porge banconota da cinquanta euro. E aggiunge:
- Non ce li ho, i spicci -

giovedì 3 febbraio 2011

Fra tovaglie di pizzo capelli sempre spettinati

Ci sono alcuni libri che ti incantano. Ma non nel senso di "ti meravigliano", "sono incantevoli". No, proprio nel senso che ti fanno un incantesimo.
La loro forza è tale e tanta che il lettore perde il controllo su se stesso, davanti a tali libri. Giuro: io riconosco di non essere attendibile sull'argomento perché chi mi conosce bene potrebbe a ragione obiettare e dire che su di me ogni libro esercita una specie di incantesimo. Ed è vero. Ma ci sono alcuni libri che di più.
Come questo, che io stavo nel supermercato a scegliere un vino da portare a cena da alcuni amici; momento molto carnale, per intenderci. E luogo che non prediligo per l'acquisto di oggetti che non siano, appunto, cibi, bevande, detersivi e saponi di vario genere. Ma questo libro qui ha fatto l'incantesimo. Passavo, con la mente sedotta da ciò che stavo per mangiare e attratta dall'immaginare il gusto del rosso bicchiere con cui l'avremmo accompagnato. E lui era lì. Sullo scaffale. Mi ha praticamente chiamata. 
Come prova del carattere soprannaturale di codesto acquisto, due aneddoti.
Prova numero uno: la persona che mi accompagnava si ricorda, proprio davanti a quello scaffale, di aver dimenticatoin macchina il portafogli con tutte le carte. Pago io, dico. Ma no figurati, replica. Scendo al parcheggio, faccio in un momento; tanto tu non ti annoi di certo qui. Ecco, io avrei anche potuto resistere al richiamo delle sirene se non fossi stata un Ulisse abbandonato al vortice voluttuoso del profumo di carta e colla e parole. La persona che era con me ha fatto sicuramente presto a risalire col denaro, ma a quel punto io avevo già ceduto alla tentazione.
Da allora trascuro qualsiasi attività, comprese le funzioni biologiche, per leggere quel libro. Che ovviamente ho aperto già prima della cena alla quale eravamo diretti.
Prova numero due: il libro parla di un luogo. Un posto geografico reale, sebbene descritto con ritmi e immagini che potrebbero essere di qualunque altro luogo. Ma quel luogo determinato c'è. Addirittura nel titolo. Ora, l'acquisto è avvenuto sabato sera. Mercoledì mattina, al lavoro, toccava interrogare in geografia. Io, che sono quella troppo buona, inizio le interrogazioni con il caro vecchio argomento a piacere. Allora, la discente tutta felice sceglie proprio esattamente quel luogo del mio libro magico.
Prova numero tre: a chi ha avuto la bontà di leggere queste righe, se volesse avanzare obiezioni di raziocinio basate sulle coincidenze, sul calcolo delle probabilità e altri alambicchi matematici, io dico che il titolo di questo libro magico non ve lo dico. Perché sono sicura che lo indovinate. Se non l'avete già indovinato da come l'ho descritto, vi suggerisco solo che ha vinto il premio nobel. Ora sta a voi lasciarvi incantare dall'incantesimo incantatore.

mercoledì 2 febbraio 2011

È una notte in Italia che vedi questo darsi da fare

Avere il proprio Presidente del Consiglio indagato per prostituzione minorile, è una brutta cosa.
Da qualunque parte la si guardi.
Che sia vero il capo d'accusa - festini e sesso a pagamento con minorenni - è raccapricciante.
Che sia una manovra montata da una parte della magistratura, è inaccettabile per un paese democratico.
Che sia uno scandalo suscitato da ragazze che ricattano il presidente per il proprio interesse, è indegno.
Chiederci quale delle versioni sia la verità non limita l'aberrazione. E' una brutta cosa.
Ma assai.

Segnu te riconoscimentu

Nella mia vita ho percorso, e continuo a percorrere, numerose volte l'A3, Autostrada a pedaggio libero Salerno-Reggio Calabria, e la SS106 jonica Taranto Reggio-Calabria. 
Quali siano le condizioni di suddetti tratti stradali, è cosa nota.
Corsie strette, fondo stradale indegno, continue interruzioni per lavori di ammodernamento, tanto che alcuni punti - come il tristemente noto tratto della A3 che va da Padula-Buonabitacolo fino a Lagonegro - sembrano un videogame.
Nell'ultimo periodo, la mia macchina e io stiamo percorrendo spesso la SS1 Via Aurelia. Una pacchia, rispetto alle strade calabre; che tuttavia non manca di tratti in cui la viabilità si restringe ad una sola corsia, e il fondo stradale non è sempre uniforme. Ma si percorre bene, la SS1. Se non fosse che ho appena sentito al TG Regionale Lazio che sono stati approvati lavori di ammodernamento per la Via Aurelia. E l'automobilista calabro lo sa bene cosa questo voglia dire.
Non c'è bisogno che qualcuno mi sveli essere stata io vittima di un complotto. L'ho già capito da sola. 

martedì 1 febbraio 2011

Atto di fede

Già che sei precario, e nella maggior parte dei casi non ti puoi ammalare altrimenti vieni freddamente sbattuto fuori. Se poi sei fortunato, e sei un precario che fa un lavoro dove sono previste malattie, devi restare agli arresti domiciliari in attesa del medico fiscale che ti farà l'esame del DNA volto ad accertare che sei proprio tu il lavoratore e che proprio tu sei ammalato. Adesso il tuo medico di base può inviare un certificato online all'ente previdenziale, il quale ente previdenziale lo spedirà al tuo datore di lavoro. Ma se io penso al mio gentile dottore, che dovrà sottoporsi a questa procedura per cui - pare - i tempi di espletamento sono lunghissimi, allora a me viene voglia di andare al lavoro anche con la febbre.

Signore mio, dacci un santo o un artista

Ho sentito che vogliono fare la pubblicità di un libro con Ruby Rubacuori. Cioé, chiedere a costei di parlare di un libro, con l'obiettivo di convincerci a comperarlo. 
Spero con tutte le mie forze che sia una notizia faziosa inventata da certa stampa partitica, con la collaborazione segreta delle toghe rosse.
Perché se dovesse essere vero, io non ce la posso fare.

Cantare a memoria

Mi ha detto che secondo lui la gente vive per anni e anni, ma in realtà è solo una piccola parte di quegli anni che vive davvero, e cioè negli anni in cui riesce a fare ciò per cui è nata. Allora, lì, è felice. Il resto del tempo è tempo che passa ad aspettare o a ricordare. 
Quando aspetti o ricordi, mi ha detto, non sei né triste né felice. Sembri triste, ma è solo che stai aspettando, o ricordando. Non è triste la gente che aspetta, e nemmeno quella che ricorda. Semplicemente è lontana...

 Alessandro Baricco, Questa storia

Una giornata senza pretese

Ci sono momenti in cui ti senti ricoperto di escrementi e fango. E' come se tutto ciò che fai fosse sbagliato. Come avere le mani legate da vincoli di metallo arrugginito.

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