sabato 31 ottobre 2009

L'eternità

Quello che ci frega è il tempo.
Alcune parole sono del tutto cadute in disuso, come per sempre. Che appena senti pronunciare questo avverbio parte una vocina dentro di te e la senti ribattere si, va beh.
Giuro di esserti fedele sempre. Ma tanto lo sai che c'è il divorzio. Compri una casa, e già pensi al valore della casa quando la rivendi. I mobili li scegli all'Ikea, e li cambi se poi decidi di tingerti i capelli di rosso e allora non sono più adeguati gli arredi verdi. Che mica è per sempre, il colore dei capelli.
Non parliamo del lavoro, quello è flessibile ormai per antonomasia. Siamo bravissimi noi a fare il medico, il mese successivo lavoriamo nel marketing (il che vorrà dire distribuire volantini, ma tant'è) per poi improvvisarci consulenti e baby sitter nel fine settimana. Quante cose sappiamo fare. Va da sè che niente di questo è per sempre, se tutto è contemporaneamente. Il che può avere pure il suo fascino: la continua ridefinizione di sé ti salva dall'appiattimento della ripetitività.
I problemi però iniziano quando tu del tuo tempo devi rendere conto a qualcun altro. Lì è proprio difficile perché non sai mai che risposte dare.
Allora hai un lavoro per un anno, per esempio; presumibilmente quel lavoro sarà in un'altra città rispetto a quelle dove vivono i tuoi familiari - anche se essi fossero sparsi per il mondo, il tuo lavoro di un anno sarebbe comunque in un'altra città. E lì nasce l'intoppo del tempo, perché il proprietario delle case in affitto è l'unico che crede ancora al per sempre.
"Quanto tempo resti?" ti chiede.
Naturalmente tu non ne hai la minima idea. Il lavoro per un anno potrebbe durarne tre, ma potrebbe improvvisamente sparire il mese prossimo. Fra le cose che ti tengono in bilico, poi, ci potrebbe pure essere che durante questo lavoro di un anno trovi un compagno. Al che al tuo tempo incontrollabile dovrai aggiungere il suo.
Preferisci non pensarci, abbassi gli occhi in umile e precaria frustrazione, e rispondi al proprietario di casa "non lo so".
Poi non alzi gli occhi, meglio evitare di vedere la sua faccia trasformarsi in quella di un orco famelico con i denti aguzzi tesi sulle tue tenere e bianche carni da vittima sacrificale.
"Però mi devi comunicare quando vai via almeno sei mesi prima".
Sei mesi sono un tempo infinito. Non lo potrai mai sapere sei mesi prima dove sarai sei mesi dopo.
Allora forse conviene comperarla una casa. Certo... comperare una casa per un anno potrebbe non essere la soluzione ottimale, ma comunque niente è per sempre e poi la posso rivendere. I mobili sono quelli dell'Ikea che li smonto e li metto in valigia. E non è un problema.
Se mi sono trovata un compagno... lo lascerò. Perché tra le poche certezze della vita ci sta quella che tu e il tuo compagno non lavorerete mai nello stesso posto.
E se per caso, in questo anno, concepisco un figlio?
Beh, quello... se proprio non so come fare, posso sempre mangiarmelo.
E vissero per sempre felici e contenti.

domenica 25 ottobre 2009

Leggero senza andata né ritorno, senza destinazione

Ci sono alcune situazioni che sembrano capovolgere le leggi del mondo. Come quando viaggi su un aereo. Senti l’assenza di gravità sotto i tuoi piedi,e il fatto di stare più in alto delle nuvole crea una specie di spazio leggero dove ogni cosa perde i suoi contorni netti e diventa soffice. Vedere la tua città dall’oblò, poi, è un’esperienza mistica. Distinguere i quartieri, le strade, vedere i tetti delle case e le auto simili a formichine colorate, il tutto racchiuso in un unico colpo d’occhio, dici caspita, quanto siamo insignificanti.
Insomma, relativizzi.
Se la mia città è quella macchia colorata laggiù, che mi volto dall’altro lato e già è sparita, cosa mai vuoi che siano tutti i miei problemi?
E le nostre lotte.
Leggero, è tutto più leggero se per un momento smetti di obbedire alle regole del mondo. È come acquistare un nuovo punto di vista. Il punto di vista di Dio, che ci guarda dalle nuvole e, compiacendosi per quanto gli è riuscita bella la terra, secondo me si fa anche un sacco di risate con noi che ci affrettiamo a correre da un lato all’altro di questo piccolo mondo e non ci pensiamo mai, a come siamo insignificanti visti da lassù.
Quando sto su un aereo vorrei non dover scendere, perché a guardare il mondo dall’alto riesco a non pensare. Le cose non mi fanno più male, sono piccole.
Senonché la poltrona accanto alla mia è di una signora di colore. Ha la corporatura tipica della gente del sudafrica: alta, robusta, spalle larghe e mani grandi. Io sto seduta in mezzo fra l’oblo con la sua leggerezza e questa signora, grande. Lei indossa un completo pantaloni beige,e le pieghe della casacca disegnano le ampie curve dei suoi fianchi e i seni larghi. Ha posato la borsa sulle gambe, ma ad un tratto deve prendere qualcosa che sta lì dentro e inizia a muoversi. Vedo con la coda dell’occhio le sue ginocchia rotonde riempire tutto lo spazio antistante la poltrona (quello in cui si deve riporre il bagaglio a mano, signora hostess). Si muove così tanto che potrebbe provocare una turbolenza.
Allacciate le cinture, stiamo attraversando una corrente d’aria.
No, è questa signora qua, che l’ha trovato, quello che cercava nella gigantesca borsa, ma per prenderlo mi pianta una gomitata nelle costole che quasi ci rimango secca.
Mi volto con sguardo malinconico verso il finestrino, cerco le nuvole sotto e tutte quelle sensazioni di prima. Oh, il mio triste destino! Sempre stretta fra il peso delle cose e la leggerezza dei desideri.
Adesso la mastodontica viaggiatrice ha deciso di leggere un quotidiano, e apre questo foglio sconfinato davanti a sé. Il mio spazio vitale è sempre di meno, potrei soffocare. Perché quando deve voltare le pagine, mi arrivano le sue lunghe dita quasi in faccia. Se mi colpisce, non sopravvivo. Non volendo mi cadono gli occhi sull’articolo che sta leggendo (no che non volevo sbirciare, ma ho il suo giornale praticamente sotto il naso): parla di un omicidio, una docente di sociologia è stata uccisa nel suo appartamento da un ex allievo. Pesante. Tutto pesante!
E io che volevo fare l’esperienza mistica di distacco dal mondo… qua, se l’aereo non si sbriga ad atterrare, finisce che precipitiamo per il troppo peso.
La signora si è sciolta i capelli, e adesso i suoi fitti ricci neri arrivano fin dentro la cappelliera.
E se i pensieri con cui mi trituro il cervello mi avessero reso simile a questa donna così pesante dentro all’aereo così leggero?
Meditate gente, meditate.

venerdì 23 ottobre 2009

Cuore di cane

Io non lo so che sapore ha l'appartenenza. Quando dentro di te non c'è un cuore fedele, sei estraneo in ogni casa e guardi a occhi spalancati cieli che non conosci perché senti ovunque il soffio di orizzonti lontani ma tuoi. Camminare le vie degli altri è come scoprire un nuovo modo di essre chi sei.

Cicogna ubriaca

Non si dovrebbe bere, prima di guidare. Non si dovrebbe perché accade poi di distrarsi: i riflessi sono rallentati, le reazioni attutite. C'è pure la campagna pubblicitaria, su questo fatto qua di non guidare ubriachi.
La mia cicogna doveva essere una che invece se ne fregava, avrà sicuramente alzato troppo il gomito (o magari le cicogne non ce l'hanno, il gomito) e quindi eccola lì, barcollante come il tavolino dell'ikea mentre svolazzava col suo fagottino. Non se la sarà certamente ricordata, la destinazione.
E adesso a me tocca passare la vita cercando di rimediare al suo errore: dov'è, che sarei dovuta nascere?

mercoledì 14 ottobre 2009

Fratelli d'Italia l'Italia s'è desta

Io sono generalmente una sospesa "tra voglie alternate di andare e restare". Il viaggio che, come dicono i Baci perugina, è la vera meta della vita a me piace molto. E quando sei in viaggio guardi quello che trovi lontano pensando a ciò che hai lasciato a casa; la ricchezza del viaggio è l'unione dei due orizzonti. Radici piantate nella terra e rami protesi verso il cielo.
Domani lascio l'Italia per un po'; non sarò troppo lontana e non abbastanza a lungo per sentire la mancanza del Bel Paese. Da qualche tempo, però, i viaggi all'estero sono un'esperienza triste. Triste è vedere quanto bene si sta negli altri Paesi, e quanto piccolo invece sta diventando il nostro...
Fratelli d'Italia, prima di partire io ve lo dico: ridatecela, l'Italia. Mi rivolgo a voi, che ve la siete presa. Io rivoglio indietro la Patria a cui un cittadino dovrebbe essere fiero di appartenere, non l'Italia che te ne ricordi solo quando ascolti l'inno suonato alle partire di calcio o alla formula uno; che pure quelle ci avete rubato, a pensarci bene. Io rivoglio il mio Paese onesto, quello dove fai una gara e vince il migliore, non chi ha pagato di più. L'Italia bella del mare azzurro e pulito, non la pattumiera di veleni e navi affondate dai vostri soldi. L'Italia in cui le donne erano "tanto gentili e tanto oneste", senza veline né escort. Io rivoglio la speranza che sia ancora possibile costruire un futuro lavorando col sudore delle proprie mani, senza essere schiavi sospesi al decreto del momento. Rivoglio indietro il Paese in cui era bello mettere al mondo dei figli e potevi immaginare per loro un mondo migliore, non la platea ignorante e conformista in cui ci volete trasformare. Rivoglio l'Italia in cui la Sicilia è l'isola più bella, senza ponti di cemento e mafia. Rivoglio l'Italia della cultura, non sopporto più di sentire i giornalisti dire eccocosaèuscitoieridalconsigliodeiministri.
Dove l'avete messa, la nostra Italia?
Non è vostra, ridatecela indietro.

martedì 13 ottobre 2009

Tu che sei parte di me

Quelli che studiano le cose della tecnologia lo sanno: l'uso del computer causerà una mutazione del nostro patrimonio genetico. Tipo che i nostri figli nasceranno col cervello predisposto ad eseguire le azioni digitando l'apposito link. Io forse questa mutazione genetica già ce l'ho, dal momento che prima c'era una mosca leggiadra sullo schermo del mio pc. Perché la mosca è ancora viva con dieci gradi, lo ignoro. Ma la mutazione genetica no, perché io quella mosca lì ho provato a scacciarla col cursore. Cioè muovendo il mouse.

lunedì 12 ottobre 2009

Specchio, specchio delle mie brame

Ieri sera con gli amichetti si parlava del feisbuc. Come ogni fenomeno rilevante ha sempre fatto nel consesso degli umani, il feisbuc divide gli animi. E gli animi umani sono notoriamente divisi in conservatori e progressisti. Quelli che guardano all'evento con scetticismo, timore mascherato da disinteresse, condanna all'abbruttimento cui siamo destinati se parliamo con un computer. I progressisiti hanno le loro brave ragioni contrarie: che è un modo di incrementare relazioni, che puoi usarlo senza esserne schiavo, che ti permette di comunicare e informarti in tempo reale.
A me piace, il feisbuc, devo dirlo.
Sarà che sono curiosa e laggiù mi diverto, sarà che oramai il fenomeno Chuck Norris mi ha innamorata; ma anche la mia passione civile trova posto nel feisbuc, nell'adesione ad alcuni gruppi impegnati, quali: Spieghiamo alle zanzare che ad ottobre si muore.
Insomma, ci passo ogni giorno dalla pagina bianca e blu. Quello che dovrebbe essere analizzato, però, è che io sul feisbuc c'ho due profili. Uno col quale sono visibile al mondo più l'alter ego.
Ora sta cosa qua alle volte mi ha pure un po' preoccupata. Fino a ieri sera, che ho scoperto non essere l'unica dissociata ad avere due identità feisbuc. E adesso sono pienamente felice

Chiedi alle stelle

Quando tutto intorno sembra girare più velocemente e non c'è terra sotto i tuoi piedi né stelle sulla tua testa per darti la direzione da seguire, allora devi stringere più forte le cose importanti.
I tesori che il bambino che sei nasconde nella sua scatola dei segreti.
Una biglia di vetro, la musica, la penna bic con cui hai scritto il compito della maturità, il sapore della birra bevuta con la tua amica, il rumore del mare, il profumo del caffè al mattino, la costanza delle risate e il coraggio di ricominciare.

domenica 11 ottobre 2009

La uno, la due o la traeee?

Allora io non sono brava a prendere le decisioni. Questo è proprio uno dei miei difetti. Vado di cuore, alle volte, e quelle sono le volte in cui sbaglio perché il cuore si sa, è matto matto da legare. Come asserisce la celebre canzone. Altre volte, per evitare errori, mi fermo a riflettere prima di decidere. Il guaio è che in questi frangenti non so mai riconoscere il momento giusto per smettere di riflettere. Sicché quando cerco di decidere con la testa poi è peggio. Adesso per esempio non so proprio che busta aprire.

venerdì 9 ottobre 2009

Donne tu du du in cerca di guai

Quando le donne stavano zitte e buone a casa, quando si occupavano solo di cucinare, preparare conserve e lavorare la lana per i mutandoni dei loro uomini (che dovevano poi essere molto sexi nell'intimità dell'alcova), allora molti guai non c'erano.
Per esempio, se l'uomo voleva fare sesso a pagamento poi non si doveva preoccupare mica che quella là se ne andava a raccontare i fatti in giro. No, tanto la donna stava zitta e buona. Oggi invece le femmine hanno strane idee in testa. Alcune hanno addirittura la sfrontatezza di non curare a sufficienza il loro aspetto fisico, e l'uomo se le ritrova brutte davanti che pure l'interrompono mentre parla, l'uomo. Inaudito. Cosa può fare poi lui, abituato a certe sane tradizioni? Si trova costretto ad offenderle, ma mica è un'offesa! E' solo una legittima osservazione tesa a ristabilire l'ordine e ripristinare i valori.
Cioè, tu devi stare zitta e buona. E devi essere bella.
Ma queste nuove amazzoni, ossignore che ardire!, le ritrovi anche a fare mestieri creati apposta per gli uomini. Talmente apposta che il femminile neppure esiste, per sti mestieri qua. L'avvocato, per esempio. La donna in cerca di guai, invece di restare a lavorare la maglia per i mutandoni, che ha fatto? Si è laureata, in giurisprudenza! Mavalà (altra esclamazione propriamente maschile, tipica del llinguaggio giuridico). Si è laureata in giurisprudenza sicché, mentre tu uomo di sani principi te la immagini seduta al focolare con le trecce avvolte attorno alla nuca, lei invece sta là, in tribunale. Povero mondo, non ci si capisce davvero più nulla.
Per fortuna la lingua italiana è una ricchezza solida e non corrosa dai tempi malsani di oggi. Almeno quella donna in cerca di guai, quando scrive i documenti giuridici, dovrà così esprimersi: "IL SOTTOSCRITTO AVV. STELLA ROSSI, ESSENDOSI RECATO IN TRIBUNALE... ecc ecc".
Così, mentre l'uomo legge, gli sembrerà tutto normale e rassicurante, d'impatto sarà portato a credere che a scrivere sia un uomo. Il sottoscritto. E che diamine, un po' di disciplina!

mercoledì 7 ottobre 2009

Soddisfazioni

Oggi mi ha scritto una tipa dalla Biblioteca Nazionale di Firenze; prima di aprire la mail ho creduto fosse una di quelle robe di pubblicità o di annunci fenomenali del concorso che cambierà la tua vita. Invece era una mail seria, chiedevano i dati anagrafici per catalogare il mio libro.
E io sono stata felice.

martedì 6 ottobre 2009

Buonanotte, buonanotte fiorellino

L'ho portata accanto agli scogli, col mare sotto e la luna lucida e bianca che profuma di grano. Volevo sentire il grano misto al profumo della sua pelle, e l'ho stretta, era un unico abbraccio: il mare, il grano e questa donna che dice di essere mia.
Dubito del suo amore. Forse perché lei è troppo giovane, o forse per questo nodo che mi stringe il cuore e lo copre fino quasi a togliermi il respiro.
Passerà, domani. Però adesso stringe.
- Guarda il profilo della luna - mi dice lei. La sento muoversi nel mio abbraccio, mette gli occhi nei miei, mi bacia. - E' quasi trasparente, sembra ci si possa guardare dentro e scoprire tutti i segreti del mondo. - Io alzo gli occhi al cielo di notte. C'è quel maledetto nodo che mi soffoca dentro. Vorrei urlare per sciogliere il fiato e poi guardare dentro alla luna.
Ma non ho voce.
Il profilo del suo corpo si fa trasparente. Mi bacia di nuovo, parla, guarda la luna.
Diventa più trasparente. Non la vedo più, se n'è andata insieme a questa notte.
Chissà se è triste, adesso, che io non abbia visto quel chiarore insieme a lei.

sabato 3 ottobre 2009

Vengo anch'io, no tu no

In natura accade che un uomo e una donna concepiscano un figlio. Nel linguaggio accade che mia moglie aspetta un figlio. Se il figlio lo aspettassero in due, non accadrebbe poi che io ho aiutato mia moglie a crescere il bambino.

To be or not to be

Io leggo.
Perché mi piace.
E scrivo.
Perché così mi sento meno sola

Non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore

Ora io sono qui, in una specie di simposio letterario. Una tavola rotonda. Una writer's facotry. Chiamalo come vuoi, è un agriturismo; piove, piove grigio e le pozzanghere riflesse di vento sono poco salentine. Ci sono gli scrittori, e parlano della letteratura in rete. Gli scrittori sono quelli che tu non lo sai che faccia hanno. Sono famosi solo per il nome, sicché puoi trovarti in un agriturismo pieno di scirttori e non saper associare la faccia al nome. A meno che non si tratti, per esempio, di Dacia Maraini, ma lì la questione è inversa. Che tutti conoscono la faccia però nessuno ha letto i libri. Insomma, questa è un'altra questione. Prendiamo invece Giorgio Vasta. Puoi averlo visto fotografato in bianco e nero sulla quarta di copertina, ma non te lo ricordi che faccia ha. Però quando si siede al tavolo sto tipo, il suo raccontare è magico. Tono di voce basso e caldo, sguardo penetrante, portamento enigmatico. Ti cattura, ti affascina.
Non è da questi particolari che si giudica un giocatore. No. Però lui prima di ripartire si è avvicinato al banco dei libri. E ne ha comperati due.
Ecco, questo si è un particolare importante. Ma molto, io penso.

venerdì 2 ottobre 2009

Quello che le donne non dicono

Che abbiamo un cervello, oltre alla figa. E che questo cervello è al momento abbastanza indignato.