Ora io sono qui, in una specie di simposio letterario. Una tavola rotonda. Una writer's facotry. Chiamalo come vuoi, è un agriturismo; piove, piove grigio e le pozzanghere riflesse di vento sono poco salentine. Ci sono gli scrittori, e parlano della letteratura in rete. Gli scrittori sono quelli che tu non lo sai che faccia hanno. Sono famosi solo per il nome, sicché puoi trovarti in un agriturismo pieno di scirttori e non saper associare la faccia al nome. A meno che non si tratti, per esempio, di Dacia Maraini, ma lì la questione è inversa. Che tutti conoscono la faccia però nessuno ha letto i libri. Insomma, questa è un'altra questione. Prendiamo invece Giorgio Vasta. Puoi averlo visto fotografato in bianco e nero sulla quarta di copertina, ma non te lo ricordi che faccia ha. Però quando si siede al tavolo sto tipo, il suo raccontare è magico. Tono di voce basso e caldo, sguardo penetrante, portamento enigmatico. Ti cattura, ti affascina.
Non è da questi particolari che si giudica un giocatore. No. Però lui prima di ripartire si è avvicinato al banco dei libri. E ne ha comperati due.
Ecco, questo si è un particolare importante. Ma molto, io penso.
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