domenica 25 ottobre 2009

Leggero senza andata né ritorno, senza destinazione

Ci sono alcune situazioni che sembrano capovolgere le leggi del mondo. Come quando viaggi su un aereo. Senti l’assenza di gravità sotto i tuoi piedi,e il fatto di stare più in alto delle nuvole crea una specie di spazio leggero dove ogni cosa perde i suoi contorni netti e diventa soffice. Vedere la tua città dall’oblò, poi, è un’esperienza mistica. Distinguere i quartieri, le strade, vedere i tetti delle case e le auto simili a formichine colorate, il tutto racchiuso in un unico colpo d’occhio, dici caspita, quanto siamo insignificanti.
Insomma, relativizzi.
Se la mia città è quella macchia colorata laggiù, che mi volto dall’altro lato e già è sparita, cosa mai vuoi che siano tutti i miei problemi?
E le nostre lotte.
Leggero, è tutto più leggero se per un momento smetti di obbedire alle regole del mondo. È come acquistare un nuovo punto di vista. Il punto di vista di Dio, che ci guarda dalle nuvole e, compiacendosi per quanto gli è riuscita bella la terra, secondo me si fa anche un sacco di risate con noi che ci affrettiamo a correre da un lato all’altro di questo piccolo mondo e non ci pensiamo mai, a come siamo insignificanti visti da lassù.
Quando sto su un aereo vorrei non dover scendere, perché a guardare il mondo dall’alto riesco a non pensare. Le cose non mi fanno più male, sono piccole.
Senonché la poltrona accanto alla mia è di una signora di colore. Ha la corporatura tipica della gente del sudafrica: alta, robusta, spalle larghe e mani grandi. Io sto seduta in mezzo fra l’oblo con la sua leggerezza e questa signora, grande. Lei indossa un completo pantaloni beige,e le pieghe della casacca disegnano le ampie curve dei suoi fianchi e i seni larghi. Ha posato la borsa sulle gambe, ma ad un tratto deve prendere qualcosa che sta lì dentro e inizia a muoversi. Vedo con la coda dell’occhio le sue ginocchia rotonde riempire tutto lo spazio antistante la poltrona (quello in cui si deve riporre il bagaglio a mano, signora hostess). Si muove così tanto che potrebbe provocare una turbolenza.
Allacciate le cinture, stiamo attraversando una corrente d’aria.
No, è questa signora qua, che l’ha trovato, quello che cercava nella gigantesca borsa, ma per prenderlo mi pianta una gomitata nelle costole che quasi ci rimango secca.
Mi volto con sguardo malinconico verso il finestrino, cerco le nuvole sotto e tutte quelle sensazioni di prima. Oh, il mio triste destino! Sempre stretta fra il peso delle cose e la leggerezza dei desideri.
Adesso la mastodontica viaggiatrice ha deciso di leggere un quotidiano, e apre questo foglio sconfinato davanti a sé. Il mio spazio vitale è sempre di meno, potrei soffocare. Perché quando deve voltare le pagine, mi arrivano le sue lunghe dita quasi in faccia. Se mi colpisce, non sopravvivo. Non volendo mi cadono gli occhi sull’articolo che sta leggendo (no che non volevo sbirciare, ma ho il suo giornale praticamente sotto il naso): parla di un omicidio, una docente di sociologia è stata uccisa nel suo appartamento da un ex allievo. Pesante. Tutto pesante!
E io che volevo fare l’esperienza mistica di distacco dal mondo… qua, se l’aereo non si sbriga ad atterrare, finisce che precipitiamo per il troppo peso.
La signora si è sciolta i capelli, e adesso i suoi fitti ricci neri arrivano fin dentro la cappelliera.
E se i pensieri con cui mi trituro il cervello mi avessero reso simile a questa donna così pesante dentro all’aereo così leggero?
Meditate gente, meditate.

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