domenica 24 gennaio 2010

Che importa se per innamorarmi basta un'ora

E' una frase, uno sguardo, una parola.
E' un profumo noto che intenerisce il cuore in un mattino d'inverno.
I raggi del sole, le ruote sull'asfalto.
Nuvole leggere coprono il tepore. E mi ritrovo qui, nel grigio di un pensiero che sciupa quel sorriso, aria bagnata di rugiada. Vorrei proteggerlo, ma è così fragile.
Stringere le dita non è trattenerlo, è perderlo.
Lascia scorrere quell'acqua pura di neve.
Ne berrò io, arida terra. E spunteranno i fiori.

venerdì 22 gennaio 2010

Mio fratello che guardi il mondo

Festa di compleanno. Molta gente allegra, musica, una ricca tavola imbandita. Tra la folla di giovani con le bottiglie di birra in mano, misti a deliziose fanciulle con pantaloni stretti e tacchi alti, una coppia. Lui, maglioncino di lana rasa nero; camicia bianca visibile sul collo e nei polsini; jeans; scarpe di pelle lucida. Così lucida che ti ci puoi specchiare dentro.
Carino, viso pulito; capelli corti neri.
Lei, bellissima. Un volto pressocché perfetto, i capelli lunghi biondi e ricci. Alta sui tacchi neri, maglia nera con scollo a barca, dal quale intravedere la spalla bianca di pelle profumata.
Sembra che intorno a loro la festa si fermi. Quasi gli altri abbiano timore ad avvicinarsi.
Si guardano, si stringono. Si sussurrano parole all'orecchio.
Innamorati. Giovani. Belli. Sembrano perfetti.
Dopo il taglio della torta, gli invitati inziano a indossare i loro cappotti e lasciano la sala. Un amico col quale avevo chiacchierato piacevolemente ha trovato la sua auto bloccata da una BMW.
Rientrato in sala, chiede se conosciamo il proprietario dell'auto parcheggiata dietro la sua. E' nera, la BMW, dice. Io ironizzo sul fatto che vorrei fosse mia, ma...proprio no. Poi azzardo una previsione: secondo me il proprietario è il ragazzo fighetto con le scarpe lucide. Così perfetto che non può far entrare una bionda talmente perfetta in un'auto meno perfetta di una bmw nera.
Il ragazzo dell'auto bloccata mi guarda complice e mi confida: ho pensato la stessa cosa anche io.
Si chiede al festeggiato informazioni su quella BMW nera. Persa nel vocio degli invitati, non sento la risposta del feseteggiato. Ma scorgo il fighetto con le scarpe lucide che si allontana dalla sua bella, dopo aver estratto dalla tasca dei pantaloni delle chiavi.
Il ragazzo bloccato, pregustando la sua libertà, mi guarda ancora più complice. Ci sorridiamo.
Quando vedi il mondo allo stesso modo con qualcuno, capisci il significato della parola "fratellanza".

Quello che le donne non dicono

Il mio pensiero circa argomenti spinosi quali le differenze tra uomo è donna potrebbe essere noto a quanti hanno la gentilezza di visitare 'sto bloguccio. Per supportare incertezze, ribadisco che a parere mio le femminucce sono più intelligenti dei maschietti, più scaltre e svelte di pensiero. Molte, purtroppo, non lo sanno e continuano a credere che il nostro destino di costole di Adamo sia appunto quello di dipendere dai maschietti. Ma la verità non è questa, appunto.
Tra le differenze ce n'è una a favore di lorsignori uomini.
Ed è quella che generalmente gli uomini guidano meglio delle donne. Non solo.
Se hai bisogno di un'indicazione stradale, ti conviene decisamente chiederla a un uomo. Loro sono precisi, sicuri, sanno addirittura quantificarti le distanze: cioè danno quelle indicazioni commoventi tipo "dopo duecento metri trovi un semaforo e devi girare a sinistra". Io naturalmente non ho idea di quanto siano duecento metri, ma quando le indicazioni stradali le chiedo a un uomo, riesco ad arrivare a destinazione.
Le donne no. Le vedi confuse, smarrite; ai duecento metri dell'indicazione maschile corrispondono nel gentil sesso frasi come "per di qua ma non lo so se c'è senso vietato".
Ieri ho imboccato una strada consigliatami da un'amica, e la direzione era sbagliata; quando mi sono resa conto che la direzione era sbgaliata, mi sono fermata a chiedere. Ad una signora. Che mi ha fatto fare un giro contorto, al termine del quale ho intravisto un uomo, finalmente! Questo uomo gentile mi ha rimandata al punto dove avevo incontrato la signora.
Quello che le donne non dicono sono indicazioni stradali giuste. Ecco.

giovedì 21 gennaio 2010

Urlando contro il cielo

Quindi ci sono questi operai che lavorano qua di fronte. Sono muratori e costruiscono un nuovo palazzo. Che secondo me costruire una casa con le tue mani è uno di quei gesti primordiali nei quali l'essere umano ritrova la sua essenza più vera. Ora uno di questi signori muratori si chiama Marcello. Io non lo so se è il caposquadra, quello al quale tutti si rivolgono per prendere gli ordini, oppure se è semplicemente sordo. Quello che so è che si chiama Marcello. Lo so senza ombra di dubbio.

domenica 17 gennaio 2010

Chi non lavora non fa l'amore

Se trovare il lavoro per cui ho studiato da quando avevo sei anni e non ho ancora smesso è così difficile, mentre trovo infilato sotto il tergicristalli della mia macchinetta un volantino in cui si annuncia che un'azienda leader del settore cerca personale, allora io non posso fare a meno di chiedermi dove ho sbagliato.
Domani faccio un falò con libri e pergamene di lauree, specializzazioni e abilitazioni. Chi vuole venire, portasse da mangiare. Le birre ce le ho io.

Fino a che morte non vi separi

Oggi è domenica. Alle volte la domenica sono un po' triste; stamattina sono stata nella Casa del Signore, che è luogo di pace e fraternità. Così mi sento meno sola, mi sono detta.
La messa del giorno, là nella chiesa in cui sono andata, era una cerimonia simbolica: c'erano tutti i bambini che a maggio dovranno fare la Prima Comunione; che sono i bambini di quarta elementare, e più che una Messa sembrava il paese dei balocchi. Però bello, allegro.
Questi bambini qua erano accompagnati dai loro genitori, i quali genitori dovevano salire sull'altare, nel momento culminante della liturgia, e accendere al cero pasquale una candela bianca da consegnare ai loro figli. Spiegazione del simbolo, illustrataci da mezz'ora di omelia del reverendo sacerdote: ripetiamo il gesto compiuto nel Battesimo dei nostri figli, l'accensione della candela della fede; nel Battesimo, però, i nostri figli erano troppo piccoli per capire. Adesso voi genitori ridate la luce di Cristo ai vostri figli che la ricevono consapevoli dell'impegno cristiano che si assumono.
Ed è stato tutto un ripetere ste parole: vostri figli, voi genitori. Adesso le coppie fanno questo, adesso le coppie fanno quest'altro. Adesso i bambini con i loro genitori ripetono le promesse del Battesimo. Poi i bambini accompgano le coppie a ricevere l'Eucarestia. Ci mancavano solo gli angioletti che volavano felici suonando le trombe intorno a ciascuna di quelle splendide famiglie.
E io, che ero già un poco triste di mio, non mi sono sentita meno sola.
Anzi. Mi sentivo quasi un'intrusa a non avere accanto un marito con cui educare santamente nella virtù della fede i figli che Dio ha voluto mandarci.
Ho pensato che mi sarei sentita allo stesso modo anche se fossi stata una donna divorziata. Se fossi stata una fidanzata abbandonata prima delle nozze. Se fossi stata una vedova. Se fossi stata una donna sposata ma sterile. Se fossi stata un omosessuale. MI sarei sentita allo stesso modo.
Esclusa. In torto.
Nella casa del Signore.
Ma non fate caso a ciò che dico. Sono una peccatrice, io. Se fossi vissuta al tempo di Gesù, mi avrebbero uccisa lanciandomi le pietre.

venerdì 15 gennaio 2010

Caro amico ti scrivo

Caro signor Wind, poiché la conosco ma lei non sai chi sono io, le racconto qualcosa di me. Tanto per cominciare, sono una che fa largo uso delle opzioni che offre.
Sono una, poi, che per una serie di motivi dorme col cellulare acceso; almeno dal lunedì al venerdì. E non mi soffermo a spiegare perché.
Ora, se mentre dormo il mio sonno generalmente profondo viene interrotto dal suono del telefono, io sobbalzo di emozioni diverse e, con le facoltà mentali rallentate dalla situazione notturna, penso nell’ordine:
1. E’ successo qualcosa ai miei. Non so perché, ma il telefono che squilla di notte lo associo di impatto a brutte notizie.
2. E’ lui che mi chiede di sposarlo. Ebbene si, sono una romantica.
3. Avrò dormito fino a tardi, quindi non è notte: è una proposta di lavoro.
In genere capita questa terza opzione, ossia che quando sento il maledetto squillo non è più notte. Però sono le sette del mattino. E non è una proposta di lavoro, bensì un sms che arriva. Allungo il braccio fuori dalle coltri, la mano vaga disorientata sul comodino in cerca del cellulare, mentre ho escluso anche la prima opzione. Trovo il cellulare, sbircio col solo occhio che sono riuscita ad aprire la bustina gialla. Nuovo sms. La seconda possibilità si fa strada, e mi dà la forza di aprire definitivamente entrambi gli occhi. Lo confesso, aspetto un messaggio di buongiorno, o magari una cosa notturna che può avermi scritto un anonimo corteggiatore.
Leggere sms ora. Si.
A questo punto, caro signor Wind, lei capisce bene che non mi fa assolutamente piacere ricevere un suo, di sms. Le abbiamo scalato due euro per il rinnovo dell’opzione.
Caro signor Wind, non può cambiare orario per questo genere di comunicazioni?

Dove andiamo questa sera

Io ritengo necessario e non trascurabile che un cartello stradale sia collocato prima della direzione che bisogna prendere per raggiungere una destinazione.

Secondo me è utile sapere se devi svoltare o proseguire diritto, e mi sembra importante saperlo per esempio prima di immettermi in una rotatoria, o rondò che dir si voglia.

martedì 12 gennaio 2010

To be or not to be

Se a me tutti gli appartenenti ad una categoria piacciono per il semplice fatto di appartenere alla categoria, sono razzista o sono malata?

Vivere a orecchio

Forse è una questione di orecchio; che quando vai in un posto devi abituarti al suono di una lingua, all'inflessione, al dialetto che sia. Me lo diceva sempre il prof. d'inglese, la storia dell'orecchio: è tutta questione di abitudine, il difficile è il suono.
Anche nella musica, non a caso, la familiarità coi suoni è indicata attribuendo a chi la possiede questa caratteristica dell'organo uditivo.
Insomma, quando sei in sintonia, hai orecchio.
Allora si vede che l'avevo persa la sintonia con questa terra.
Perché oggi ho passato quasi un'ora con due operai indigeni. Dico operai per dire che non avevano una dizione molto affinata, ecco. Dunque loro lavoravano e si scambiavano una conversazione di quelle presumibilmente banali che accompganano un lavoro manuale in casa di estranei. Io però non ce l'ho avuto l'orecchio.
Non ho capito una sola parola di quello che dicevano, giuro.
E quando si rivolgevano a me, è stato umiliantissimo dire: non ho capito....
Ma non potevo nemmeno giustificarmi dicendo che sono di fuori. Per motivare la mia espressione stralunata, avrei dovuto dire come minimo eh mi son de milàn. Invece io vengo proprio da dietro l'angolo. Sono cose brutte.

lunedì 11 gennaio 2010

La legenda del pianista sull'oceano

Quando le parole hanno il sapore del mare, è bello essere sorpresi.

domenica 10 gennaio 2010

Bassotuba non c'è

Io non credevo esistesse uno strumento che si chiamava Bassotuba, fino a che non ho letto il libro di Paolo Nori, nel cui titolo compare questo strumento qua. Nella mia ignoranza musicale e pigrizia verbale, mi sono immaginata una specie di contrabbasso, e ho letto dunque il libro senza pormi altre domande. Non è mia abitudine; generalmente io le cerco sul vocabolario le parole che non conosco. Ma quella volta no, vuoi perché speravo di trovare qualche descrizione nel racconto, vuoi perché poi il racconto non mi è neppure piaciuto, insomma il bassotuba me lo sono immaginato come una specie di contrabbasso e non ci ho pensato più.

L’altro giorno conosco un maestro di contrabbasso; si prendeva un aperitivo e l’archivio della mia mente mi ha segnalato quell’oscuro bassotuba. Ho così scoperto che non c’entra davvero nulla con il contrabbasso. Il gentile maestro, che deve aver capito l’associazione per cui ho fatto quella domanda proprio a lui che stava sorseggiando un rosso, la prima risposta che mi dà è: è uno strumento a fiato.

E io no, per circa tre mesi ho creduto che fosse uno strumento a corda, il bassotuba.

Se il bassotuba è uno strumento a fiato, molte delle scene che ho immaginato leggendo il libro sono diverse da come le ho immaginate io. E l’amico che beveva il vino rosso non aveva nulla in comune con Paolo Nori.

Vedete che sono davvero cattivi, i pregiudizi. Se ti fermi all’idea di qualcosa, quell’idea ti impedisce di vedere l’essenza, e finirai per costruire castelli in aria, associazioni di causa ed effetto che partono proprio dall’idea sbagliata e ti porteranno lontano dalla verità. Le parole sono importanti, ma bisogna guardarle allo specchio per leggerle veramente.

giovedì 7 gennaio 2010

Dal mare venni e amare mi stremò

Un giorno la terra disse al mare: ferma la tua spuma, calma le onde che ti fanno vento e lasciati toccare da questo lembo di costa.
Il mare poteva divenire lago, per avere un bacino in cui essere abbracciato. Poteva trasformarsi in fiume e adagiarsi nel letto in cui scorre piano, l'acqua. Poteva ritornare pioggia, e salire sulle nuvole dove non ti stanca, il vento, e ogni cosa è leggera.
Ma il mare disse alla terra: vorrei che la tua terra mi accogliesse, ma non sa cessare la mia acqua; posso solo sfiorarti, in un susurro di ciottoli trasparenti, ma sempre al mare ritornerò. Anche quando la risacca mi strema. Sarò sempre mare.

lunedì 4 gennaio 2010

Non ho l'età, non ho l'età per amarti

Sicché io ci sto attenta all'uso delle parole. Che può cambiare tutto, un aggettivo.
La parola "signora", per esempio, a me piace molto. Così come non mi piace "signorina", che sembra un contentino da dare a chi proprio signora signora non è. Una donna è una signora quando è elegante, quando ti affascina, quando sa cosa vuole dalla vita. Una donna non è una signora solo perché è sposata.
Avevo quindici anni quando il mio amore di allora, che era uno di animo gentile e mente raffinata (evidentemente non aveva quindici anni!) disse, lasciandomi passare per prima da una porta, "prima le signore". Sono cose che ti segnano. A me piace sentirmi dare della signora.
Per fortuna l'uso comune della parola sta eliminando la differenza signora/sposata, signoria/zitella. Sono soddisfazioni.
Ma se "signora" una lo è perché è gentile, "ragazza" o "donna" è una distinzione che invece è legata solo all'età. E mi auguro che a questa distinzione ci tengano anche quanti non sono proprio fissati con le parole quanto me. Dunque, partendo da questo presupposto, l'altro giorno sono stata felice quando nell'edicola del mio paesello l'edicolante carina, giovane e frizzante, ha chiesto a qualcuno di servirmi usando l'espressione: vedi cosa vuole la ragazza.
Mi ringalluzzisco quando dimostro meno anni di quanti ne ho. Se te lo dice una ragazzina, poi, l'orgoglio aumenta. Ragion per cui ho ringraziato la gentile edicolante, sia per il servizio che - ho detto - per il "ragazza".
E' stato a quel punto che lei ha voltato sorpresa verso di me i suoi grandi occhi scuri e mi ha chiesto: "perché, sei sposata?"
No, ho risposto mestamente. Ma non sono poi cosi ragazza, ho aggiunto con voce flebile e sguardo umido di pianto che voleva sgorgare. Non ho approfondito le mie motivazioni, poi. Ma ho capito che, al mio paesello, se non sei sposata sei ragazza. Il che potrebbe essere comunque una promessa di eterna giovinezza, ma io credo che fra tipo una decina d'anni, se dovrò fare delle fotocopie e sto a casa dei miei, andrò in un'altra edicola.
Perché difficilmete sarò sposata, ed evidentemente non sarò ragazza.
Però mi piace credere di essere comunque una signora.

Io posso dire la mia sugli uomini

Ieri sera eravamo in questo locale a giocare al quizzetto che ci piace tanto. Abbiamo pure vinto, e i momenti di gloria intellettuale sono davvero gratificanti. Prima di iniziare a giocare, però, l'amica canterina e io abbiamo subito un'umiliazione; manco a dirlo, l'umilatore è stato un giovanotto tutto carino che si è avvicinato al nostro tavolo. Era l'animatore della serata. Capello corto a spazzola, bruno, lineamenti marcati: quello che quando si avvicina tu d'istinto ti aggiusti un po' i capelli, per intenderci. Il tipetto bellino distribuiva le pulsantiere per il gioco, e si è fermato a spiegarci una roba sull'acquisto di una scheda punti, del cui funzionamento non abbiamo capito pressocché nulla. Che io mi spazientisco con le schede punti. E anche perché noi due, la canterina e io, si pensava essenzialemnte al modo di dire una cosa carina al ragazzo bellino.
Ma non avevamo messo in conto la presenza dell'amico conte.
Che se ne stava tutto disinteressato al suo angolo di tavolo.
Però il bellino con la pulsantiera....era a lui che si rivolgeva. Sguardo intenso, voce suadente.
E allora si è verificata sta scena: noi due da perfette idiote rivolte al bellino, il bellino rivolto all'amico nostro. Poi il bellino se n'è andato, che l'amico nostro non preferisce i bellini. Se n'è andato ancheggiando. E io mi chiedo perché sono sempre i migliori che se ne vanno.