mercoledì 20 ottobre 2010

Il settimo dice non ammazzare se del Cielo vuoi essere degno

Premesso che trovo decisamente di cattivo gusto lo sperpero televisivo che l'Italia fa delle tragedie. Aggiunto il senso di rispetto che viene a mancare per la dignità umana che andrebbe conservata anche nel dolore. Detto che io, se a me capitasse che per esempio mia figlia scompare e poi ritrovano il cadavere e mio cognato dice di averla uccisa e violentata - dopo averla uccisa - io, in tal caso, non permetterei a nessun giornalista di avvicinarmi. Che l'ultima cosa della quale avrei voglia sarebbe raccontare a Bruno Vespa il modo in cui la mia vita è stata rovinata. Evinto che sono notevolmente infastidita per tutto quanto si continua a dire sulla piccola bionda vittima salentina.
Segue che vedere una specie di Crepet sul digitale, il quale analizza i moventi inconsci dei distrubi che possono aver causato il delitto, mi fa venir voglia di cambiare canale. Mentre cerco il telecomando, però, il suddetto Freud all'amatriciana profersice la seguente sentenza: è un atto di pietà nei confronti della famiglia in genere e di quanto accade nelle famiglie meridionali in particolare non approfondire ulteriormente quello che è successo in questa famiglia.
Sussulto. Inorridisco. Mi incazzo.
Senti, Gustav Jung, io credo che l'unico atto di pietà va compiuto verso quella meravigliosa ragazzina, che state uccidendo e dissacrando ogni giorno, ripetutamente. Secondo, io sono meridionale. Di conseguenza, anche la mia famiglia lo è. Ma non mi è mai successo che uno zio mi violentasse o pensasse di uccidermi, né che una cugina volesse farmi scomparire per rivalità amorose, o che una zia nascondesse trame da Shining ordite alle mie spalle.
Sono stata fortunata, lo so.
Ma se tu, illustre Rogers della tivvì, ti esprimi come hai fatto, lasci intendere che la famiglia meridionale è un vaso di Pandora traboccante di tragedie inespresse dal quale è meglio non sollevare il coperchio. E quindi sei pure razzista. Che non meno odiosi si sono resi Erica e Omar, o Anna Maria Franzoni. Allora sappi, caro Maslow, che possiamo pure discutere sulle dinamiche recondite che ledono la struttura familiare sfuggendo al controllo razionale e sfociando nell'abnorme tragedia. Ma non dobbiamo - ripeto, non dobbiamo - farlo in televisione, a ogni ora del giorno e della notte, mentre qualcuno muore.
Siamo seri, per una volta. Facciamo silenzio davanti a cose che il silenzio lo impongono. Punto.

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