domenica 4 marzo 2012

La matematica non sarà mai il mio mestiere

Sono sempre stata una letterata, io. Nel senso che ho sempre preferito le materie umanistiche. Leggere i libri, studiare la filosofia, la storia, fare i commenti alle opere letterarie. La mia vita fin qui è stata segnata dalle parole. Parole lette e parole scritte, parole per dire idee e per controbattere idee. Parole per esprimere quello che non può essere altrimenti rappresentato. 
Da qualche tempo, però, inizio a sentire un'attrazione verso i numeri. Quei numeri ai quali sono sempre stata isitntivamente ostile, tanto da non riuscire a ricordare un compleanno (tranne qualche rara eccezione) o a calcolare a mente quanto resto devo ricevere ad una cassa. Ora mi attirano. Perché ci vedo l'ordine. La logica rassicurante di rapporti causa-effetto. Tre più due fa cinque. E non c'è bisogno di smarrirsi nelle possibilità, di affaticarsi nell'ignoto di parole che potrebbero restare vuoto. La matematica che è fatta di processi di calcolo e logica nei quali il pensiero può riposare senza oziare, perché la fatica di seguirne il percorso sarà ricompensata da una approdo che è quello e non può essere un altro. O magari sì, potrà essere anche un altro. Ma intanto un approdo c'è. La mente del matematico arriva ad una meta. Mentre il letterato, alla fine del suo viaggio di fatica poetica, è riuscito solo a dire: all'alta fantasia qui mancò possa. E dopo tante parole, il silenzio. I commentatori di Dante parlano di estasi poetica, e di quest'estasi mi sono riempita la vita. Fin'ora.
Adesso vorrei un viaggio con una meta. Forse mi iscrivo alla facoltà di matematica. Se prima riesco ad imparare le tabelline.
 

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