domenica 20 gennaio 2013

Con tua moglie che lavava i piatti in cucina e non capiva

Dicono che l'amore si impara dai nostri genitori; non nel senso in cui l'ha inteso Albertini, il quale si è profuso nella massima pedagogicofilosofica secondo cui il figlio di una coppia omosessuale sarà per questo omosessuale. L'amore si impara dai nostri genitori nel senso che il primo modello di relazionalità che apprendiamo è quello degli adulti con cui cresciamo; quando siamo ancora delle piccole spugnette porose che inconsapevolmente assorbono tutto ciò che accade loro intorno. Soprattutto il modo in cui veniamo trattati.
A questi modelli comportamentali e relazionali reagiamo per analogia o contrapposizione, e questa è una scelta della persona. Tipo, se tuo padre e tua madre si baciavano molto davanti a te tu diventerai uno che va a letto con la prima donna che incontra oppure avrai probemi di eiaculazione precoce. Per esempio.
Io mi ritrovo spesso a riproporre questi modelli genitoriali. Avviene fuori dal mio controllo, ma poi me ne rendo conto. E allora cerco di modificare comportamenti che non ho approvato o che non ritengo adatti alla mia coppia. Soprattutto perché credo nella possibilità di migliorarci.
Mio padre e mia madre una scena che si ripeteva con frequenza era lei che scrollava la tovaglia con le briciole a terra nella cucina, poi spazzava, e lui che passava coi piedi sopra le briciole. Ne seguiva una volta su due il classico diverbio domestico, spesso ripetuto con le stesse battute.
Memore di questo modello formativo, cerco di prestare attenzione al momento in cui scrollo la nostra, di tovaglia. Perché da bambina mi sono smepre detta che sarebbe stato facile per la mamma prestare attenzione ai movimenti del babbo, e per il babbo aspettare che la mamma avesse finito le operazioni. Sicché cerco di averle io, codeste attenzioni. Ma forse sarà per la potenza archetipica delle figure genitoriali, a casa nostra si verifica una coincidenza perfetta tra il momento in cui le briciole toccano terra e l'apparire di Paolo copi piedi pericolosamente accanto alle briciole. Io cerco di anticipare o posticipare la scrolaltura delle nostre beneamate briciole, ma lui ha sempre qualcosa da fare attorno ad esse. Un piatto sporco da portare nel lavello, il pane da riporre, qualcosa da gettare nella pattumiera. 
Oggi ho deciso di rimandare il momento a quando lui esce fuori a fumare. Calcolando la durata della sigaretta, mi sono detta, posso effettuare l'operazione in sua totale assenza e preservarmi dal rischio della ripetizione del modello familiare. Dunque ripongo le stoviglie sporche nella lavastoviglie, frattanto che lui finisce di sparecchiare, indossa la giacca, prende le sigarette, apre il portone. Solo dopo aver sentito il portone chiudersi alle sue spalle, sollevo la tovaglia dalla tavola e lascio che le molliche cadano a terra. Tuttavia, nel preciso momento in cui le molliche arrivano a terra, Paolo mi compare davanti, imbacuccato, con il posacenere. Era pieno, e voleva svuotarlo nella pattumiera. Che si trovava sulla traiettoria precisa fra i suoi piedi e le briciole.
Per fortuna nella nostra coppia c'è intesa. Ci siamo guardati. Senza parlare. E lui se n'è tornato alla sua sigaretta. Credo di averlo impietrito con lo sguardo. E credo anche che mia madre sia stata sempre più amorevole e dolce in questa stessa situazione.

 
 

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