venerdì 20 novembre 2009

Ho visto Nina volare

Ci sono cose che crediamo perfette. Regolari. Finite. Rassicuranti. Direi che sono le cose lucide, sulla cui superficie ti puoi riflettere. Spesso queste cose lucide sono delle persone, che scelgono di vivere indossando gli abiti della perfezione, della regolarità, della finitezza, della rassicurazione. Quella superficie lucida non può nascondere scabrosità. E le persone lucide hanno raggiunto il loro ideale di perfezione e sono paghe di restare lì, in vetrina, a brillare di lucentezza. Ma poi arrivi tu, ti avvicini, provi a rifletterti sulla superficie lucida e vedi tutt’altro. Sporco, buio, fango, polvere e miasmi. Quando Nina inizia a volare, ogni certezza cade. Gli oggetti lucidi si frantumano. Le persone precipitano nell’abisso della loro stessa anima che non conoscevano, o non volevano conoscere per paura di trovarvi qualcosa di diverso da ciò che hanno cercato di realizzare per un’intera vita, adeguandosi alle aspettative della società, dimenticando di essere fatte di carne e sangue.

Perché accade questo? Dove ho sbagliato? Si tormenta lo Svedese, il protagonista di questo meraviglioso romanzo di Philip Roth.

Lo sbaglio stava nel credere che il mondo fosse lucido. Invece c’è la rabbia, dietro alla perfezione. Perché la perfezione non esiste. È illusione fredda e paralizzante.

Lo Svedese voleva restare un oggetto lucido. Sua figlia ha scelto di volare. Leggendo questo libro, possiamo provare a decidere anche noi da che parte stare.

Un libro che ti dà una nuova conoscenza del mondo, come dicono i critici quando vogliono fare una recensione positiva a un’opera. Una storia che ti avvince dalla prima pagina, dico io. E che ti insegna a volare.

Philip Roth, Pastorale americana, Einaudi


Buona lettura


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