venerdì 20 novembre 2009

Le faremo sapere noi


Se sei un laureato italiano e hai fra i 25 e i 35 anni, conosci esattamente il significato di queste parole. “Non ti richiameremo mai più”, vuol dire. E dopo la fatica, non priva di un po’ di umiliazione, di portare il tuo curriculum ovunque… non è una bella cosa da sentirsi dire. Quando eravamo piccolini e siamo andati a scuola per la prima volta, abbiamo tacitamente imparato che avremmo posseduto una ricchezza – l’istruzione, il titolo di studio, il sapere – che ci avrebbe dato un posto nel mondo. Invece…

Invece Amelie conosce due lingue, perfettamente perché è belga e ha vissuto in Giappone. Si presenta alla Yumimoto, che è una multinazionale di quelle definite un colosso. E finisce a fare la guardiana dei cessi. Perché, invece, la sua istruzione, le sue competenze, la sua ambizione, non servono a nessuno. Anzi. Minacciano il perfetto ordine giapponese del lavoro e della società.

Di questo libro si è detto che è un racconto sul diverso, sulla difficoltà di vivere secondo parametri che non ci appartengono. Io non giudico molto appropriata questa recensione. Si, certo: è anche questo. Ma è il racconto di tutti noi, della nostra lotta alla sopravvivenza nel magico mondo del lavoro. Non giapponese, no. Italiano. Italianissimo.

Ed è un racconto estremamente piacevole, in cento pagine che ti scivolano addosso come acqua fresca. Ironiche, divertenti. Del resto, una che porta sti cappelli, non può che essere ironica, se non è folle. O forse è entrambe le cose.

Amélie Nothomb, Stupore e tremori, Voland

Buona lettura

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