lunedì 13 settembre 2010

Il silenzio degli innocenti

Avere dei marmocchietti sotto la propria responsabilità comporta anche che tu faccia attenzione a chi li molli, quando vanno via. Sarà vero che appena le lancette segnano la fatidica ora di fine lezione li scaraventeresti giù dalla finestra, in santa pace dei passanti di sotto; ma non puoi. E' necessario aspettare che qualcuno venga a prenderli. Per chi - come la sottoscritta - non ha goduto della consuetudine di educare in precedenza i marmocchietti, gli adulti che si presentano a ritirare i pargoli potrebbero essere indistintamente lo zio buono che li porta al parco, o il maniaco pedofilo che te li farà recapitare sgozzati e seviziati sotto il portone di casa. Insomma, io ci sto attenta. Anche a costo di fare delle brutte figure, tipo agente segreto, quando pronuncio meraviglie del galateo tipo: si identifichi. Ma tanto - mi dico per ammortizzare l'imbarazzo del trovarmi nel ruolo inquisitorio - ai genitori farà piacere vedere che io glieli proteggo, i pargoli adorati.
Orbene, oggi suona il citofono.
- Chi è? - dico, con il tono più professionale di cui sono capace.
- Filippo. Buonasera - Naturalemente io non immagino neppure lontanamente chi sia, Filippo.
- Desidera? -
- Può far scendere P.? -
- Mi scusi, sa... credo di non conoscerla, e non posso lasciar andare i ragazzi se non sono certa della persona che viene a prenderli. Lei è...? - Ben detto, agente Starling.
- Certo, ci mancherebbe. Anzi fa bene: coi tempi che corrono... - Dicono che i maniaci cercano l'empatica assoluzione dalle loro vittime: cerco di non farmi abbindolare. - Ma ci conosceremo - cos'è, signor Filippo, una minaccia? - Sono... sono il papà di P. -
Ora a me quell'esitazione fra la copula e il predicato nominale mi ha messo un po' in sospetto; sicché appoggio il citofono e mi rivolgo a P.: - C'è tuo padre. -
Il pargolo richiesto mi sgrana davanti due occhi che manco gli avessi detto guarda tua mamma si è trasformata in Monica Bellucci. Adorato bimbetto, cos'ho detto di sbagliato? Per restituirlo alla consapevolezza, aggiungo: - Filippo. - Ma il nome cade nel vuoto dell'apatia di P.
Inizio a preoccuparmi. - Filippo non è tuo padre? - chiedo, ormai immaginando la presenza di un maniaco pluriomicida dall'altro capo del citofono, pregustando scene da RIS di Parma, bambini nascosti dentro gli armadietti e sirene spiegate di polizia e ambulanze mentre una voce amica, amplificata dai megafoni, urla stridente: arrenditi, sei circondato.
- No - risponde P.
Panico. Adesso sono i miei occhi ad essere sgranati, manco mi fossi trasfromata io in Monica Bellucci. Tra qualche secondo svengo.
- No? -. chiedo tremante. Quando finalmente, quel tesoro di purezza si degna di spiegare: - Filippo è il fidanzato di mia mamma. -
P. c'è mancato poco che lo mandassi giù per le scale a calci nel suo adorato sederino. Ma, soprattutto, io me la prendo con Filippo.
Signor Filippo, sa io sono la prof. Se mi permette le spiego una cosa: padre, nella lingua italiana, è colui dal cui spermatozoo ha avuto origine il gamete che si è poi trasformato nel bambino che porta, non a caso, lo stesso cognome del padre. Giustappunto. Lei, caro Filippo, non metto in dubbio che voglia anche più bene a P. di quanto non possa magari volergliene il padre vero. Fatti vostri. Ma, abbia pazienza, non è PADRE la parola giusta a designare il suo stato. La lingua italiana le offre una vasta gamma di possibilità. A sua discolpa posso solo immaginare che la mia richiesta di identificarsi l'abbia imbarazzato per qualche secondo. Ma, ecco, usiamole bene, le parole. Altrimenti la prossima volta P. se ne resta fuori a giocare a pallone, e a fare ripetizioni sale su lei.

2 commenti:

  1. Ahahahahhahahahahh! Nel dramma le risate!

    Buona notte, dolcezza

    La Regina di Ghiaccio

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  2. Non è forse questo, il compito dello scrittore? Offrire una lettura del mondo che superi l'immediato modo di vedere le cose. Ci proviamo, amica!

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