giovedì 23 febbraio 2012

Beati i professori

Io: -Domani abbiamo un'ora in più perché manca la prof. ***
Tutti: -Noooo Siiii Ahhhhhhh
Ragazzino: -Cosa facciamo?
Io: -Portate il libro di letteratura
Ragazzino: - Perché non guardiamo un film?
Io: -Allora portate le patatine
Tutti: -Le porto io, le porto io, anch'io
Davanti alla schiacciante realtà del fatto che non capiscono le battute, mi chiedo se è perché si fidano totalmente di quello che dico tanto da non immaginare che possa prenderli per il culo, oppure se sono totalmente imbecilli.

sabato 18 febbraio 2012

Culo dritto cosa vuoi che ti dica

- Cambieresti il tuo cervello col culo di Belen? Quello col tempo si affloscia
- Certo che no. Che poi in realtà gli uomini non guardano mica solo le forme; e comunque io non vado dietro all'apparenza
[Proprio tutto no, ma se si potesse scambiarne solo un pochetto...molto volentieri]

venerdì 17 febbraio 2012

E allora mambo

Finalmente è venerdì. E mi aspetta un fine settimana tutto al femminile con le mie amichette lupe. Perché il primo pensiero appena uscita da scuola è stato la quantità di vino presente in casa?

Dalla parte di Spessotto

-Prof, hanno ciulato le figurine a Scriccio
Se si richiede da me un intervento educativo, datemi prima il tempo di capire di cosa stiamo parlando

sabato 11 febbraio 2012

Ed io ci metto l'esperienza come su un albero di Natale

Ho passato quasi trent'anni ad ascoltare canzoni sui cuori spezzati, e questo mi ha aiutato? 
No, mi ha fregato.
Così, forse, quando prima sostenevo che ascoltare troppi dischi può rovinare la vita, non avevo tutti i torti [...]
Sembra quasi che se metti la musica (e i libri, probabilmente, e i film, e il teatro, e qualsiasi cosa procuri emozione) al primo posto, non riuscirai mai a chiarire la tua vita amorosa, e non arriverai mai a considerarla come un prodotto finito. Ci troverai sempre qualcosa da ridire, starai sempre in subbuglio, e continuerai a criticare e a cercare di dipanare la matassa finché non va tutto a rotoli e devi ricominciare daccapo.
Forse noi viviamo troppo protesi verso un apice, dico noi che assorbiamo emozioni da mattina a sera, e di conseguenza non riusciamo mai a sentirci semplicemente contenti: noi dobbiamo essere o disperati o al settimo cielo, e questi sono stati d'animo difficili da raggiungere in una relazione stabile e solida.

Nick Hornby, Alta fedeltà 

Vengo dopo il tiggì per star vicino a tì

A me la televisione mi annoia. Ma parecchio. Adesso che sono dieci giorni in cui dice sempre che nevica e fa freddo, mi ha disintegrato le palle. 
Oggi, però, mi sono divertita. Guardando un telegiornale. C'era un ospite, un colonnello di quelli vestiti con medaglie e lustrini attaccati alla giacca che ti fanno le previsioni del tempo. Naturalmente anche lui era lì per dire che nevica e fa freddo. Ma io mi sono divertita.
Intanto perché questo colonnello si chiamava Mocio.
E già solo qui ho iniziato a ridere senza ritegno. Mocio. Che credibilità può avere uno che mentalmente immagini attaccato a un palo a pulire pavimenti?
Il colonnello Mocio, però, di credibilità se ne sentiva parecchio. Soprattutto quando ha detto che le attuali condizioni climatiche sono, cito, più rare che uniche.
Ecco, io oggi guardando la televisione mi sono divertita.

E adesso spogliati come sai fare tu

Per me le mutandine delle donne furono una delusione terribile, quando cominciai la mia carriera di convivente. Non mi sono mai veramente ripreso dallo shock di scoprire che le donne fanno esattamente quello che facciamo noi: tengono il paio migliore di slip per la sera in cui sanno che andranno a letto con qualcuno. Quando vivi con una donna, compaiono improvvisamente questi scarti dei grandi magazzini, scoloriti, sbrindellati e rimpiccioliti, stesi sui termosifoni di tutta casa; e i sogni lascivi che facevi da ragazzino, pregustando la maturità come l'epoca in cui saresti stato circondato da conturbante biancheria femminile per omnia saecula saeculorum... vanno in cenere.

Nick Hornby, Alta Fedeltà

domenica 5 febbraio 2012

I complimenti del playboy ma non li sentiamo più

Ma come fanno certi uomini a ripetere sempre gli stessi errori?

Mi ci vorrebbe il coraggio di dare una voce

Per molto tempo Tengo aveva aperto la mano sinistra e l'aveva guardata. "Una bambina di dieci anni ha stretto questa mano e ha cambiato con forza qualcosa dentro me", pensava. Come fosse potuto succedere, non sapeva spiegarselo razionalmente. Ma in quel momento loro due si erano capiti e accettati a vicenda in modo naturale. In tutto e per tutto, quasi per miracolo. Una cosa del genere non succede molte volte nella vita. Anzi, ad alcuni non capita mai [...] Nel frattempo si era limitato a conservare dentro sé l'immagine di quella bambina.

Aomame disse:
- Noi due, molto tempo fa, avremmo dovuto tirare fuori il coraggio e cercarci a vicenda. Se l'avessimo fatto, avremmo potuto evitare di ritrovarci in quest'anno 1Q84.
- In teoria sì, - disse l'uomo. - Ma nell'anno 1984 lei non avrebbe nemmeno formulato un pensiero del genere. Causa ed effetto sono legati in modo contorto. Per quanti mondi si possano accumulare, il loro legame rimarrà sempre intricato.

Murakami Haruki, 1Q84

giovedì 2 febbraio 2012

Ma sei, sei come la neve sei

Ti accorgi di essere terrona quando nevica. E per te neve coincide assolutamente con blocco delle attività e reclusione in casa. Ti accorgi di essere terrona quando chiami le colleghe per chiedere se il giorno dopo bisogna andare a scuola e quelle ti rispondono: certo, perché no?

giovedì 26 gennaio 2012

Lungo le strade che non portano mai a niente

Oggi l'economia è fatta per costringere tanta gente a lavorare a ritmi spaventosi per produrre delle cose per lo più inutili che altri lavorano a ritmi spaventosi per poter comprare.
Perché questo è ciò che dà soldi alle società multinazionali, alle grandi aziende, ma non dà felicità alla gente.
Io trovo che c'è una bella parola in italiano che è molto più calzante della parola "felice", ed è "contento".
Accontentarsi.
Uno che si accontenta è un uomo felice.
Perché questo sistema fondato sulla crescita dei desideri - c'è sempre un desiderio che per te è irraggiungibile - rende tutti infelici.

Tiziano Terzani

E vorresti urlare

Io sono pigra. E non faccio sport. Però ci sono momenti, come questo, in cui quella roba dove tiri pugni e calci al sacco di sabbia lo farei volentieri.

Gli ostacoli del cuore

Cose molto brutte.
1) Ti viene in mente un pensiero superfluo al quale vuoi dare forma scritta, ma sono le sette di mattina e tu stai guidando al buio fra le curve per raggiungere scuola. Poi arrivi, trovi i mostri già urlanti. Quando finalmente guadagni il tempo di appuntare il tuo pensiero, l'hai dimenticato
2) Feisbuc che ti inchioda il computer con la velocità di un'operazione ogni 45 secondi
3) Sfiorare per sbaglio il comando della chat di feisbuc che ti mette in linea, rendersi conto che la lentezza aumenta. Il tempo intercorso fra il tuo errore di digitazione e il momento in cui riesci a tornare offline

mercoledì 25 gennaio 2012

Signora luna

Credo di poterlo dire con precisione scientifica. Sto impazzendo.

Pavimento liquido

Poco fa in radio parlava Zygmunt Bauman, quel vecchietto che ha inventato l'aggettivo "liquido" per la modernità. Gli veniva chiesto un parere sull'educazione: come devono essere i maestri nella società liquida. Mi sono fermata con attenzione ad ascoltare il suo parere, che proprio oggi sono tornata notevolmente delusa da scuola.
Dovevo spiegare Leopardi, e ci ho provato a presentarlo facendo emergere gli aspetti della sua vita e del suo pensiero che potevano colpire le menti di muro di quei mostri, con l'utopica speranza di insegnare loro come la poesia possa amplificare e dare forma più compiuta ai nostri stati d'animo. Ma io sono una povera pazza, e gli alunni non capiscono un cazzo.
Ragion per cui, mentre Bauman diceva che il maestro non deve essere un portatore di conoscenze ma di esperienze io ho iniziato ad alterarmi; andando avanti nel suo discorso, il liquido sosteneva che le conoscenze al mondo d'oggi sono moltissime e tutte a portata di mano, quindi il buon maestro deve cercare di fornire gli strumenti critici per distinguere l'utilità delle conoscenze medesime. A quel punto mi sono ritrovata a parlare con la radio. A litigare, per l'esattezza. Quando ho ripreso coscienza di quel che mi stava accadendo, stavo dicendo alle casse: eh, parli facile! ma ti devi fare un culo così.

domenica 22 gennaio 2012

Sotto le stelle del Messico a naufragar

Chiedo scusa ai miei illustri lettori i quali, alla bontà di passare da questo blog aggiungono la gentilezza di voler commentare e incorrono nella difficoltà dell'operazione. Difficoltà sicuramente sproporzionata al valore del blog stesso; e io sono costipata per il tempo e la pazienza che i lettori esimi devono sprecare fra questi miei pensieri superflui.
Lo so che la sezione commenti fa cagare, ma non so come risolvere questo problema.
Ciononostante, io vi amo tutti!

sabato 21 gennaio 2012

Capire tu non puoi ma chiamale se vuoi emozioni

Esiste un negozio di scarpe presso il quale è possibile acquistare decolleté a partire dal numero 34. Ma non è tutto. Ti danno in dotazione un cuscinetto antiscivolo che ti impedisce di assumere le sembianze della bambina che indossa i vestiti della mamma. E io l'ho trovato.

E avremo le speranze di figli in prestito

Alla vista di due ragazzini intorno ai dieci anni che si prendono a calci nelle palle, l'uomo medio può avere due tipi di reazioni: ignorarli, o preoccuparsi che si facciano male. In entrambi i casi, l'uomo medio li lascerà giocare. Che tutti sono cresciuti prendendosi a calci nelle palle.
C'è però una categoria intermedia. E sono quelli che si avvicinano per rimproverarli.
Quando l'istinto sta per portarti nella categoria intermedia, il pensiero di presentare il curriculum all'Ikea si fa sempre più presente.

Ho perso le parole, eppure ce le avevo qua un attimo fa

Andare al cinema il venerdì sera, all'ultimo spettacolo per scongiurare il rischio di trovarci ragazzini, e incontrare addirittura un alunno è un'esperienza per descrivere la quale non trovo aggettivi appropriati. Ma li cerco nel capo semantico delle sciagure.

venerdì 20 gennaio 2012

E al mondo sono andato, dal mondo son tornato sempre vivo

E poi ci sono giorni in cui tocchi con mano la tua impotenza, contrapposta al peso della responsabilità che sai di avere. In questi giorni qua a me mi prende la voglia di portare il curriculum all'Ikea.

Uno, due, tre, quattro, cinque, dieci, cento passi

Le regole della scuola servono a sottometterci e sottovalutarci.
Ha scritto un alunno.
Ribadisco l'invito: chi sostiene che quello dell'insegnante sia un lavoro semplice, si faccia sotto. Lo sfido a duello.

mercoledì 18 gennaio 2012

Quella nave che va da sola, tutta musica e tutta vele

Allora, nel caso in cui io insegnante, per fare un esempio, sono in classe e mentre sono in classe si verifica, mettiamo il caso, un terremoto. Se io, che sono responsabile dei ragazzini della mia classe in quel momento, accorgendomi del terremoto lascio i fanciulli nell'aula e me ne vado, io sono senza dubbio una merdaccia.
Ma il preside che mi prende a parolacce perché me ne sono andata, restando comunque seduto e fermo nell'ufficio di presidenza, deve essere per forza un eroe?

domenica 15 gennaio 2012

Nostra Signora dell'ipocrisia

Abbiamo notato come il personale della Costa Concordia fosse tutto di stranieri? Bella l'Italia, eh!

Cercate un albero giovane e forte, quello sarà il posto mio; voglio tornare anche dopo la morte sotto quel cielo che chiaman di Dio

Ognuno deve lasciarsi qualche cosa dietro quando muore, diceva sempre mio nonno: un bimbo o un libro o un muro eretto con le proprie mani  o un paio di scarpe cucite da noi. O un giardino piantato col nostro sudore. Qualche cosa insomma che la nostra mano abbia toccato in modo che la nostra anima abbia dove andare quando moriamo, e quando la gente guarderà l'albero o il fiore che abbiamo piantato, noi saremo là. Non ha importanza quello che si fa, diceva mio nonno, purché si cambi qualche cosa da ciò che era prima in qualcos'altro che porti la nostra impronta. La differenza tra l'uomo che si limita a tosare un prato e un vero giardiniere sta nel tocco, diceva. Quello che sega il fieno poteva anche non esserci stato, su quel prato; ma il vero giardiniere vi resterà per tutta una vita.
[...]
"Riempiti gli occhi di meraviglie, vivi come se dovessi cadere morto fra dieci secondi! Guarda il mondo: è più fantastico di qualunque sogno studiato e prodotto dalle più grandi fabbriche. Non chiedere garanzie, non chiedere sicurezza economica, un siffatto animale non è mai esistito; e se ci fosse, sarebbe imparentato col pesante bradipo che se ne sta attaccato alla rovescia al ramo di un albero per tutto il santo giorno, ogni giorno, passando l'intera vita a dormire. Al diavolo - diceva il nonno - squassa l'albero e fa' che il pesante bradipo precipiti al suolo e batta per prima cosa il culo"

Ray Bradbury, Fahrenheit 451

sabato 14 gennaio 2012

Sfiorivano le viole

Dunque, mi metto questo ombretto viola da gatta. Che mi piace parecchio. Poi metto anche una bella scollatura, ed esco a fare l'aperitivo con la mia amichetta. Col desiderio di entrare il più possibile nella frivolezza che il colore viola evoca.
Dovevamo vederci con sto tipo che la mia amica conosceva di striscio. Ci aspettavamo (o meglio, speravamo) la presenza di altra gente. Invece il ragazzotto arriva solo. Vabbè.
Andiamo nel locale degli aperitivi. 
Gambe accavallate. Ciglia viola sbattute con aria candida. Guardarsi intorno con espressione di chi poco pretende perché, magari, poco comprende. 
Il nostro ospite maschile, abitante indigeno della città di Savona, inizia a descriverci la città dal suo punto di vista. E le cose che negli ultimi anni sono peggiorate, e il clima che Savona la chiamano la piccola Siberia - aveva nel cellulare una foto della città sotto una bufera di neve - e il turismo che non c'è, e la depressione, e le industrie che hanno chiuso, e i giovani che si trasferiscono tutti in città più grandi. Normalmente io avrei raeagito da Pasionaria, sfoderando un po' di filosofia mista a tecniche di empatia mirate a riconoscere lo stato d'animo dell'interlocutore con l'obiettivo di avvicinarlo alle mie idee, ma... che palle. Volevo fare la gatta morta. E mi sono limitata ad accompagnare il discorso con qualche battutina, sorrisi, sorsi dal bicchiere, e occhi viola da gatta.
Ma quando il tipo ha iniziato a dire che a Savona c'è criminalità, che se io sono calabrese la mia amica è di Napoli, ecco da quel momento non sono più riuscita a stare nel ruolo, la gatta morta si è risvegliata. E si è trasformata in tigre.

Solo lei ce l'ha, solo lei la sa dare

Ma tu, da me, che vuoi?

mercoledì 11 gennaio 2012

Pass' o tiemp e che ffa

-Prof, ma lei l'anno prossimo c'è ancora?
-Spero di si!
-Nooo, volevo dire...in questa scuola.

lunedì 9 gennaio 2012

I suoi vestiti di lino e seta

C'ho i piedi piccoli, io. Questo ha una funesta conseguenza: le scarpe belle col tacco le devo indossare di un numero che non sempre lo producono perché è un numero di piede da bambina e le bambine si sa, non mettono il tacco. Tremendo. Lo porto poco, il tacco, la verità. Ma alle volte mi capita di restare stregata da un modello che è un incanto, la cosa più elegante e sexy che ho mai visto, e le più piccole io le ho provate, ma sembravo una bimba che mette le scarpe della mamma.

Quando il sole tramonta in riviera

Voce della bella signorina in tv: -Con il nuovo materasso vattelapesca, dormi meglio: riduci i movimenti nel sonno e diminuisci il tempo necessaio ad addormentarti-
Io: -A me non serve-
Il mio fidanzato: - Può essere pericoloso, rischi di cadere se ti addormenti prima di come già fai-

domenica 8 gennaio 2012

L'umano fracasso contamina

Ieri alla Feltrinelli ho visto un libro che si intitola: Volevo essere una gatta morta.
Naturalmente non l'ho comperato, né mi è venuta voglia di leggerlo. Però questo titolo....Dio, m'ha fatto un'invidia. L'ho trovato geniale.
Ecco, anch'io volevo essere una gatta morta.

Dalla gabbia dorata della mia lucidità

Va bene. Lo so che gli insegnanti siamo l'unica categoria di lavoratori che ha venti giorni di vacanza per Natale. So anche che nel pensiero comune siamo gli unici a lavorare soltanto al mattino [lasciamo perdere che non è affatto vero, e che comunque, se anche lavorassimo solo al mattino, mezz'ora nella gabbia dei leoni ti sfianca e solo chi c'è stato può capire].
Ma io voglio avere il diritto di dire che ho i coglioni frantumati al pensiero di dover lavorare domani. Alla prima ora. Voglio avere questo diritto e non concedo a nessuno il diritto di replicare.

sabato 7 gennaio 2012

Mi piaccion le fiabe, raccontane altre

Il vecchio annusò il volume.
"Sapete - proseguì - che i libri hanno un po' l'odore della noce moscata o di certe spezie d'origine esotica? Amavo annusarli, da ragazzo. Signore, quanti bei libri c'erano al mondo un tempo, prima che noi vi rinunciassimo!"
Ray Bradbury, Fahrenheit 451

With or without you

Forse dipende dal non sapersi accontentare. O forse è che la felicità non sta mai tutta intera da una parte sola.

martedì 3 gennaio 2012

Ma passa per il mondo senza paura

Il lupo fu sepolto, le due femmine si godettero la cena e vissero tutti felici e contenti.

Da un compito in classe che chiedeva una riscrittura della fiaba di Cappuccetto Rosso. Superata la reazione che la parola femmine mi ha suscitato, però, l'immagine è strepitosa. Sto producendo dei mostri, lo so.

La noia di un altro non vale

Se ci fosse giustizia vera, a questo mondo, gli uomini dovrebbero avere almeno per una volta le mestruazioni. Dopo, secondo me, cambierebbe tutto.

lunedì 2 gennaio 2012

E quel sole ce l'hai dentro al cuore, sole di primavera

-Tu vuoi restare a casa a giocare o vuoi uscire?
- Io voglio uscire. Voglio vedere il mondo: Elena, 3 anni e 7 mesi. 

Siamo schiavi delle cose

Ormai tutti i miei amici hanno l'aifon. Durante queste vacanze sono cadute le ultime barriere, e codesto traguardo della tecnologia è diventato indispensabile.
Io non me lo compro, l'aifon.
Per una serie di motivi. Il primo è che voglio fare l'ideologista e sottrarmi alla dittatura del consumo. Il secondo è che, da quello che vedo, l'aifon crea dipendenza; ed essendo io sensibile al rischio delle dipendenze, preferisco non cadere in tentazione e mantenere i tappi nelle orecchie così da non farmi sedurre dal canto delle sirene. Aifon. Aifon. Aifon.
Il terzo motivo è che la notte di Capodanno, tre due uno, si stappa lo spumante, il mio uomo agita la bottiglia per l'effetto doccia di schiuma e alcol. Tra l'altro c'era una che si credeva fica ma doveva avere ottantanni portati male, truccata come una statua di cera, risultato inquietante, che si è bagnata tutta col nostro spumante; ma per fortuna durante il momento della doccia, quelli del locale hanno spento le luci per enfatizzare l'attimo, quindi la carampana non saprà mai chi l'ha inondata.
In tutta quella euforia, però, lo spumante si riversa copiosamente sul mio piccolo vecchio rotto nokia. Cosicché il mio primo pensiero del duemiladodici è stato: ma nei negozi di cellulari ci saranno ancora dei telefoni semplici, o adesso mi devo prendere per forza l'aifon?
Tutto intriso di alcolico augurio, il nokia piccolo vecchio e rotto mi dice: carta sim non riconosciuta. E si spegne. Tristezza infinita. Ma il mio amichetto mi rassicura; mi fa: tranquilla, a me è capitato un sacco di volte, vedrai che domanimattina si riaccende come se niente fosse.
Ho deposto la carcassa in borsa, e la festa continuava. Botti, fuochi, auguri, balli, altro alcool. Insomma, le cose che si fanno a capodanno. Col pensiero amleticamente diviso fra il piccolo cimelio in borsa, e l'aifon che incombeva. La mattina dopo, quando finalmente sono riuscita ad aprire gli occhi, mi sono avvicinata tutta speranzosa al nokia. Profumava di spumante. Ho digitato il tasto d'accensione. Ta ta ta. Si accende. E riprende a funzionare, come se niente fosse. Ecco, il terzo e prinicpale motivo per cui io il mio cellulare non lo cambio.

venerdì 30 dicembre 2011

E' difficile spiegare certe giornate amare, lascia stare

Quando una donna è stressata, avverte il bisogno istintivo di parlare delle proprie sensazioni e dei problemi ad esse associati. Quando comincia a parlare non stabilisce alcuna priorità. Se è turbata, è turbata per tutto, per ciò che è grande come per ciò che è piccolo. Non si preoccupa subito di trovare soluzioni adeguate, ma cerca piuttosto sollievo aprendo il proprio animo e chiedendo comprensione. Parlando a casaccio delle sue difficoltà, finisce per sentirsi meglio [...] Discutere di tutte le difficoltà che l'affliggono senza concentrarsi su nessuna in particolare l'aiuta a stare meglio. [...]
Le donne parlano dei problemi passati, dei problemi futuri, dei problemi potenziali, perfino dei problemi per cui non esiste soluzione. Più parlano ed esplorano, meglio si sentono. Pretendere reazioni diverse da una donna significherebbe negare la sua natura più autentica.
[...] Di solito quando una donna parla dei suoi problemi, un uomo oppone resistenza. Dà per scontato che lei lo ritenga responsabile delle sue difficoltà. Non sa che gli basterebbe ascoltarla per guadagnare la sua riconoscenza [...] Se le offre soluzioni, lei andrà avanti a parlare di altri problemi. Dopo avergliene offerte due o tre, lui si stupirà non vedendola stare meglio [...] Gli uomini si snetono frustrati soprattutto quando una donna espone problemi che loro non sono in grado di risolvere [...] Inoltre per un uomo ascoltare è difficile perché quasi sempre parte dall'errato presuposto che ci sia un ordine logico nell'esposizione verbale della compagna, che invece passa senza alcun criterio logico da un problema ad un altro. Si sente di conseguenza sempre più frustrato e confuso nell'inutile tentativo di trovare connessioni logiche [...] Non è in grado di cominciare a formulare soluzioni finché non conosce l'esito del discorso.
John Gray, Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere

giovedì 29 dicembre 2011

Sei grande grande grande come te sei grande solamente tu

A volerci fare un bilancio delle cose buone di quest'anno che finisce, io vorrei dire che quella signora lì, in fondo in fondo, è davvero una "culona inchiavabile".

Tra dire e fare tra terra e mare, tra tutto quello che avrei da dire sto qua

L'ottimismo è il profumo della vita. E io, che di ottimismo alle volte puzzo un poco, mi dico: vabbè, proviamoci a cercarlo un volo per Lamezia. Che in fondo un poco di Calabria mi manca. Sicché mi metto all'opera, ad affrontare e superare gli ostacoli. 
1) La difficoltà di percorrere il tragitto aeroporto-casa calabra. Mezzi pubblici, ci metti tre giorni. Ma, mi dico, io ne ho di amici cari che ci verrebbero a prendermi. Certo che ne ho. Posso chiedere, addirittura potrei trovare un passaggio per l'andata e un altro per il ritorno.
2) Il biglietto è caro. Ma a dicembre c'è la tredicesima. Posso farcela.
3) A questo punto cerco il volo. Mi carico di ottimismo. Lo trovo. E passo di filata al punto successivo.
4) L'orario del volo di ritorno. L'aeroplano riparte da Lamezia alle 06.00 del mattino. Qui non ho più risorse per superare il problema. Potrei arrivarci in autostop, se proprio.

Non esco di casa, no e no, fuori c'è la crisi

Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perchè la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere “superato”.
Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi, è la crisi dell’incompetenza. L’inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c’è merito. E’ nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla.

A. Einstein
 

mercoledì 28 dicembre 2011

Non avrei voluto essere il primo della classe, non avrei voluto mai portare i primi occhiali

Ho voglia di disordine. Sono stanca di essere la prima della classe. Dover fare tutto al meglio perché dentro di te c'è quel cazzo di superio che ti assilla. E perseguitarlo se lo vedo anche all'esterno, qualcuno che somiglia al superio.
Ho voglia di trasgressione. Di vento che scompiglia i capelli. Di piatti sporchi e pranzi saltati. Di partire senza meta. 
Dite a quella bambina che le vorranno bene anche se lascia tutto in disordine.
Ma forse è troppo tardi perché capisca.

Non so quanto cuore avrò, io mi difenderò

Ci sono delle cose che quando vengono dette o fatte hanno un peso talmente invasivo da riportarti alla mente le battaglie combattute e perse di un'intera vita. E allora non hai più la forza di reagire. Provi a difenderti. Ma vedi con lucida chiarezza che stai scivolando verso il baratro. Sono veramente pochi quelli che possono capirti. Anche perché non hai le parole per spiegarlo.

Pizza pizza alla margherita, la mangi con le mani poi ti lecchi le dita

Ad un esame importante, mi chiesero di presentare Bismarck. Figura e importanza di Otto van Bismarck, o roba del genere. E' vero che lo scibile è immenso e gli esami non finiscono mai: a me, durante quell'esame lì, di Bismarck non mi è venuto in mente molto. Che era un cancelliere tedesco lo ricordavo vagamente; con nitidezza mi veniva in mente la pizza all'uovo. So mica il perché non riuscivo a smettere di pensare alla pizza: non l'ho mai mangiata, fra l'altro. Però la mia risposta al quesito non fu esauriente, in quella sede. Naturale che dopo io di Bismarck ho imparato tutto.
Poi, conseguo alfin l'ambito titolo, e mi ritrovo in classe ad insegnare storia. Nazionalismo, movimenti di indipendenza, Otto van Bismarck. Spiego. Un alunno alza la mano e chiede: ma non c'è una pizza che si chiama così?
Sono soddisfazioni.

sabato 24 dicembre 2011

sabato 17 dicembre 2011

Caro amico ti scrivo

Primo, non sentirti in colpa. D'accordo, hai perso le staffe e l'hai mandata a fare in culo. Non c'è da meravigliarsi, hai reagito da essere umano. Anzi, vuoi che te lo dica? Era ora. Perché se una colpa hai avuto, negli ultimi tempi soprattutto, è stata quella di prestarti a questa specie di stand by amoroso in cui lei, da brava impunita, si è riservata il diritto di recesso unilaterale in qualsiasi momento. Vuoi che in un patto così leonino non ti girassero i coglioni, prima o poi? Meno male che hai ancora qualche riguardo di dignità.
Secondo, ma l'hai sentito come ti trattava? [...] ma chi crede di essere per parlarti con quel sussiego? Fanculo, hai fatto benissimo.
Terzo, il fatto che ti abbia attaccato il telefono in faccia dimostra, al netto della cafonata, che non sapeva cosa dire. Perché è chiaro che se uno ha degli argomenti non scappa dalla discussione: discute. Troppo comodo pensare di cavarsela riattaccando. Troppo, troppo comodo.
Quarto (e veniamo al punto che più ti angoscia): okay, è finita, e allora? L'irreparabile può dare un gran sollievo, se lo guardi da un'altra prospettiva. Soffrirari per un po', ti farai il tuo annetto lordo di commiserazione e piagnistei, e quando avrai finito di lamentarti farai pace con te stesso e ricomincerai a vivere. Non sto dicendo che è semplice. Ma non si tratta di sposatre una montagna. Alessandra non è indispensabile. Non hai bisogno di lei. Ecco, ripeti il nome: Alessandra, Persiano. Ripetilo. Ripetilo fino a farlo diventare la sigla di una donna come qualsiasi altra. Lo senti, che è già meno drammatico?
Quinto (e qui facciamo un passo indietro, anzi, sotto): liberati dalla tua miserabile pauretta della solitudine. Smettila di accanirti nei rapporti guasti. Smet-ti-la. Stai benissimo anche senza una donna accanto, okay?
Eh, dico. Okay.
Bah.

Diego De Silva, Mia suocera beve

venerdì 16 dicembre 2011

Chiedimi se sono felice

Se siete insegnanti, o se per qualunque motivo vi trovate a parlare davanti ad un pubblico la cui età spazia dagli 11 ai 14, e se per caso voi siete di quelli che dopo aver parlato gradiscono lasciare spazio all'uditorio, allo stimolo: Ci sono domande, preparatevi a ricevere risposte del tipo:
1) posso andare al bagno
2) ma quella dietro la sua maglia è una farfalla
3) ma al liceo scientifico c'è il bar
4) che ore sono

giovedì 15 dicembre 2011

Chi si offende tradisce il patto con l'inutile omertà

A quanto pare viviamo in un paese in cui la gente prende una pistola e spara a qualcuno solo perché ha il colore della pelle diverso. Scuro, magari. Così fai prima a identificarlo nella folla e il tuo bersaglio è meglio definito.
Indignazione, rabbia, solidarietà alle vittime. Si sta facendo a gara per esprimere questi bei sentimenti, la verità. 
La questione però resta. E' successo. E forse non è neppure così inspiegabile, se consideriamo che siamo lo stesso paese in cui una ragazzina di sedici anni trova più opportuno dire di essere stata violentata dagli zingari che non ammettere di avere avuto il suo primo rapporto sessuale. Che a sedici anni non è neppure così prematuro. 
Cioè, per essere più chiara. Le nostre famiglie, quelle belle e pulite che vanno in chiesa e pagano le tasse, educano le loro figlie in questo modo. Amare un uomo è il problema. Mentire, accusare lo straniero, dirsi vittima di una cosa brutta quanto uno stupro, no. E' accettabile.
Ecco, io non credo che i neofascisti dei miei stivali abbiano tutte le colpe. E' la società dei finti valori che produce mostri. 
Personalmente, di tutte le nefandezze accadute in questi giorni, la cosa che mi offende di più è quella ragazzina lì. Dio, mi si è macchiato il jeans, come lo dico a mamma. 
Mamme, se avete educato le vostre figlie così, rendendole schiave dell'apparenza, del perbenismo di facciata, tanto da non saperlo distinguere dalla cattiveria pura né dalle vere tragedie della vita, non andate alla fiaccolata di solidarietà a favore dei senegalesi. Fatevi piuttosto delle domande.

Viva l'Italia del 12 dicembre

Perché, diciamocelo, tutti abbiamo pensato almeno una volta di inviare un pacco bomba agli uffici di Equitalia.

lunedì 12 dicembre 2011

Ci sono topi tutto in giro topi tutto intorno

Ma le agenzie di reting, che come ci muoviamo non gli va bene, che cazzo vogliono da noi esattamente?

domenica 11 dicembre 2011

E fermarsi in trattoria per un panino

Il bello di quando non lavori è che puoi organizzarti e fare una piccola gita, informarti su monumenti e mostre che ci sono nei dintorni, mettersi in macchina e andare per fermarsi al primo autogrill sull'autostrada a mangiare panino con coppa e gorgonzola; e birra, naturalmente, alle dodici di mattina.

E restare due giorni a letto non andare più via

-Servizio prenotazione mostre, buona sera
-Buona sera, vorrei un'informazione: la mostra di Van Gogh a Genova...si visita solo su prenotazione?
- No, signora. La prenotazione è consigliata per i giorni e le fasce orarie di maggiore affluenza
-Capisco 
-Lei quando avrebbe intenzione di andarci?
-Domenica
-Ecco. Domenica le consiglierei di andare per le nove

giovedì 8 dicembre 2011

Cresecerai, imparerai

La vanillina non è lievito vanigliato. L'ho imparato dopo aver preparato una torta che si è trasformata in frittata.

mercoledì 7 dicembre 2011

Bambini venite parvulos

L'ho sentito al tg regionale; c'era addirittura una psicologa che avvalorava la tesi.
Gli insegnanti non devono dare l'amicizia su feisbuc agli alunni.
Io mi sono sentita interpellata perché sul feisbuc ci vado, e con gli alunni ci sono amica. Non intendo mettermi a discutere con i pareri degli esperti, anche perché, data la premessa della mia condizione, sembrerebbe un'apologia. E siamo tutti bravi.
Però mi piace citare due degli assiomi esposti nel servizio:
1) i professori non possono dialogare su feisbuc con gli alunni perché sarebbe un rapporto alla pari ed è invece importante mantenere il ruolo
2) l'accesso degli alunni ai profili degli insegnanti tiglie loro la vita privata
Allora. Che su feisbuc uno possa avere una vita privata, a me riesce difficile pensarlo. Teniamo fuori i pischellini dai nostri profili, ok: avremmo una vita privata su un social network?
Sarà vero che la gente scrive cose personali, mette foto, anche di bambini; ma quelli che lo fanno dovrebbero essere consapevoli di gettare sulla pubblica piazza tutto ciò che scrivono. Anche perché, e l'italiano è importante, il verbo usato per indicare le azioni su feisbuc è "pubblicare". Dalla stessa radice di pubblico. Che è l'opposto di privato.
Quelli che non ne sono sufficientemente consapevoli, dovrebbero metterlo in discussione il proprio ruolo. Ma di adulti.
Se confondono feisbuc con la vita (e qui, se fossi una che espone una tesi, passerei ad analizzare l'affermazione 1), il ruolo temo che facciano fatica a mantenerlo anche in classe. 
La conclusione, come in ogni dibattito di infimo spessore intellettuale che si rispetti, deve essere tratta dalla mia esperienza personale, a sto punto; per avvalorare la mia tesi con esempi tratti dalla vita scolastica e mostrare come, pur dando l'amicizia agli alunni, uno il ruolo lo mantiene.
Dialogo, fase antecedente:
-Prof, la accetta l'amicizia su fb?
-E perché no?
-Allora gliela chiedo
Dialogo, fase successiva:
-Prof, è andata a correggere un errore sullo stato di S?
-Ma è chiaro, io quando sento e vedo che commettete errori, vi correggo
-Prof, io non gliela chiedo l'amicizia, perché ho paura di fare brutta figura

Resta cu 'mme

Da casa mia ho la fortuna di vederlo bene. Molta gente si ferma a guardare il mare. Stanno lì, senza fretta, le cose da fare alle spalle, e davanti agli occhi la bianca spuma. Credo che fino a quando questo accadrà, il mondo può salvarsi.

martedì 6 dicembre 2011

Gli eroi son tutti giovani e belli

Dunque, vediamo se ho ben capito quello che sta accadendo in Italia.
La finanza ha ceduto. Il sistema economico del capitale fa acqua da ogni parte. Il Bel Paese ha le pezze al culo. Berlusca lo additavano tutti come responsabile: niente di meglio per il suo ego che vedersi tributare tanta importanza. Però quegli altri compagnucci di merende dei capi di stato gli ridevano dietro, e c'era lo spread con i titoli tedeschi. Che se continuava, e Berlusca per primo lo sapeva, l'economia dei baroni andava a puttane. Oddio, Berlusca qui è stato tentato di provare anche questa strada; ma poi ha capito che qualcosa bisognava fare.
Qualcuno doveva pagare. Perché c'è carenza di liquidità. Cioé, i soldi veri se li sono mangiati le banche e le borse. Quindi, bisogna trovarne altri. A quel punto i politici si ricordano dell'esistenza di qualcuno che fino a quel momento avevano egregiamente ignorato: il popolo italiano. Ah già, si sono detti. Chiediamoli a loro, i soldi.
Naturalmente, Berlusca la parte di quello che fa le riforme impopolari non voleva proprio farla. E si è dimesso. Gli eorici rappresentanti delle sinistre, non sappiamo se neppure loro hanno avuto il coraggio dell'impopolarità oppure se hanno candidamente confessato di non capirci nulla. Sta di fatto che hanno trovato una soluzione proprio fica.
Mettiamoci la faccia di un altro. Chiamiamo un tecnico, che si circondi di altra gente sconosciuta ai più. Cosicchè la firma sull'inculata collettiva ce la metteranno loro. E noi, felici e contenti, ce ne staremo a margine a dire alla gente: aspettate le prossime elezioni, che se ci votate vi risolleviamo noi. Naturalmente l'italiano medio ci crederà. E nel 2013 le elezioni le vince di nuovo Berlusca. O Bersani, se proprio.
Nel frattempo, all'annuncio della super manovra Monti, lo spread ha un'impennata che mai fin'ora. Ma come?! E tutte ste riforme non servivano a risollevarci dal fallimento?
Evidentemente no. 
Forse quello che serviva è ritornare ad un'economia reale. Dove tu vai in un posto, fai il tuo lavoro perché è quel lavoro che serve, lo inizi a fare magari quando sei ancora sotto i trent'anni. Poi prendi lo stipendio. Ti compri il pane, i vestititi, un giornale o un libro, e hai esaurito le tue esigenze mensili. Perché magari, che ne so, internet c'hanno dato il wireless gratis, si è capito finalmente che i cellulari non è necessario cambiarli ogni natale, i bambini non giocano più solo con la play station ma si riuniscono e si inventano loro un bel gioco. E la casa, se non ci preoccupiamo più di doverla comperare per forza, magari il mutuo non ce l'abbiamo più. E quanti soldi risparmiamo? E non è liquidità, questa? No perché, secondo me, lo spread è saltato perché quelli che decidono ste cose si saranno accorti che la manovra può trovare i soldi adesso, ma poco cambierà della situazione strutturale dell'Italia. E allora, fra due-tre anni, uguale. Magari con lo stesso presidente del consiglio di prima.
L'ho capito bene, secondo voi, quello che sta succedendo in Italia?

Mille aghi nella mente e niente mai risposte

Ora c'è questa tendenza qua: quando il discente al quale rivolgi una domanda in classe non ha studiato una minchia, quindi ovviamente le parole della tua domanda saranno per lui incomprensibili, egli sfoggia un'espressione da talk show e ribatte: in che senso?
Quando ero ancora piena di belle speranze, provavo a rispiegare meglio. Ora che conosco il mostro nascosto dentro ognuno di loro, replico: nel senso che io ti prendo e ti spacco la faccia, brutto stronzetto; con chi credi di avere a che fare? secondo te io sono tipa da farsi prendere per culo da un lattante? 
Ma lo replico solo nei mie pensieri.

sabato 3 dicembre 2011

Qui non è successo niente e non credo cambierà

Sto diventando come Erri De Luca. Ma non intendo scrittore.

I giardini di marzo si vestono di nuovi colori

Quello che conta è il "quasi", e il condizionale. A tutta prima, sembra una pazzia. Siamo all'inizio di marzo, abbiamo avuto una settimana di pioggia. E poi, da stamani, è spuntato il sole, con un'intensità smorzata, una forza tranquilla. Il pranzo è pronto, la tavola apparecchiata. Ma anche dentro, tutto è cambiato. La finestra socchiusa, i ruomori di fuori, una leggerezza nell'aria.
"Si potrebbe quasi mangiare fuori". La frase arriva sempre nello stesso istante. Proprio prima di mettersi a tavola, quando sembra troppo tardi per sovvertire il corso del tempo, quando l'antipasto è già sulla tovaglia. Troppo tardi? Il futuro lo decidi tu. Forse sarai così pazzo da precipitarti fuori, a passare lo straccio sul tavolo del giardino, a suggerire maglioni, a canalizzare l'aiuto che ciascuno offre con brio maldestro. Oppure ti rassegnerai a mangiare al caldo - le sedie sono troppo bagnate, l'erba così alta...
Poco importa. Quello che conta è il momento della frase. Si potrebbe quasi... è bella la vita al condizionale, come nell'infanzia:"potremmo fare cos': tu sei..." Una vita inventata che prende in contropiede le certezze. Una vita quasi: l'aria fresca a portata di mano. Una fantasia modesta, una ventata di saggia follia che cambia tutto senza cambiare niente.
Talvolta diciamo:" si sarebbe quasi potuto..." Questa è la frase triste degli adulti che hanno mantenuto in equilibrio sul vaso di Pandora solo la nostalgia. Ma ci sono delle volte in cui cogliamo il giorno nel momento fluttuante delle possibilità, nel momento delicato di un'esitazione onesta, senza orientare in anticipo il giogo della bilancia. 
Ci sono giorni in cui si potrebbe quasi.

Philippe Delerm, La prima sorsata di birra e altri piccoli piaceri della vita

venerdì 2 dicembre 2011

Sono lontani quei momenti quando uno sguardo provocava turbamenti

Oggi ho visto una che indossava le stesse scarpe che mettevo io al liceo, e portava la stessa borsa che usavo io all'università. Quanto sono consumistica, mioddio!

Tra due minuti è quasi giorno

Io voglio la spiegazione scientifica per cui quando mi suona la sveglia alle sei del mattino le mie reazioni sono, nell'ordine:
1. dove sono?
2. che sta succedendo?
3. voglio morire!
mentre quegli altri giorni in cui posso alzarmi più tardi, alle sei e un quarto mi sveglio.

Tienimi dentro te

Abbracciarsi da sdraiati. E non sapere dove finisce il tuo corpo e inizia il suo.

giovedì 1 dicembre 2011

Nostra figlia già si muove, si muove nel tuo fianco

E poi c'è il ricevimento parenti. Che arriva il parente e tu capisci subito tutto del ragazzino, tanto da non avere quasi più bisogno di interrogazioni o verifiche. Io mi diverto pure. A fissare le facce del parente seduto davanti e cercare di riconoscere i lineamenti o le espressioni dell'alunno. Sono come delle caricature, le facce dei parenti. 
Io c'è un alunno che mi fa girare livemente le balle. Poverino, non ha bisogno di fare niente. Una reazione a pelle. Che poi quello ci mette del suo e proprio bene non si comporta; ma io mi sento infastidita a prescindere. Ora, il parente di questo ragazzino si è espresso più o meno così: la adora, dice che è contento nelle sue ore perché lei gli vuole bene.
Professionalmente, mi sono sentita molto gratificata. Che quando fai questo lavoro, l'obiettività è fondamentale. Tutti ricordiamo quella prof stronza che faceva preferenze. Che sono naturali, purtroppo, biologiche. Ma non hai il diritto di farne, in questo lavoro. Quindi, tutte le forze emotive volte a  non far passare nessun trattamento di riguardo. Che lui, proprio lui, riferisca a casa che gli voglio bene, è una cosa che professionalmente mi ha dato soddisfazione.
Umanamente, però, mi sono sentita una merda.