La potenza originaria e generativa del Mito. Quanta ragione aveva, il buon vecchio Jung. Ci ha generato, il Mito.
Del resto, lo dicono tutti i testi sacri delle religioni. Ok, non li conosco tutti, ma la maggior parte; o almeno, così pare. Che, insomma, la Vita ha avuto origine dalla Parola.
La parola che tutto crea è mito.
E la forza di questo mito accompagna il cammino dell'uomo: delle generazioni, nei secoli; degli individui, negli anni. Quando si è bambini, il mito affascina. Sono fiabe che resteresti ore ad ascoltare. Prova ne è l'entusiasmo che le ore di mitologia suscitano nei pischellini. E quanto mi diverto, io, a lasciarli coi libri chiusi e gli occhi spalancati, ad ascoltare quelle storie.
Ma non lo puoi capire nella sua potenza generativa, il mito, quando sei piccolo.
Lo capirai da adulto. Forse.
Solo se avrai sollevato il coperchio dal tuo vaso di Pandora, per lasciare uscire tutti i mali; solo se non avrai avuto paura di guardarli, accendendo una luce nella caverna. Capirai il mito se le tue orecchie non saranno protette dai tappi di cera, mentre le sirene ammaliano.
Perché l'interpretazione non è cognitiva. Ma empatica. E' pancia, non testa.
Come si può altrimenti capire fino in fondo e apprezzare, ad esempio, la bellezza di Circe? L'ammaliatrice donna, capace di svelare ad Ulisse segreti che gli salveranno la vita; colei che gli consiglia di scendere nell'Ade, per consultare l'indovino. Non aver paura, o uomo, di chiedere agli abissi. Ulisse non l'avrebbe fatto, da solo. Circe, l'ammaliatrice.
Colei che Ulisse ha amato senza mai riuscire a possedere del tutto.
La donna che trasforma gli uomini in porci.