giovedì 24 giugno 2010

Baciami ancora

Una dottoressa che lavora con le donne vittime di stupro in Sudafrica, dove pare venga violentata una donna ogni 24 secondi - chi le conterà, poi? vabbé... - ha inventato un preservativo antistupro. Signore e signori. Questo aggeggio infernale si applica come un tampone, aderisce alle pareti della vagina e durante il rapporto sessuale funziona più o meno come una trappola per topi.
Zac.
Provoca dolori atroci, impedisce di urinare e, poiché solo un medico può estrarlo, permette di identificare il violentatore.
Parliamone.
La geniale dottoressa sostiene che non dà alcun fastidio alla donna - certo, avere una trappola per topi infilata nelle parti intime deve essere estremamente comodo. La donna, inoltre, quando si sente in pericolo o crede di essere a rischio, applica questa trappola per topi all'interno di se stessa, e la può tenere 24 ore.
La meraviglia finale dell'invenzione è che essa si ispira, per dichiarazione della stessa dottoressa, alla paura freudiana che hanno gli uomini delle vagine dentate.
Insisto, parliamone.
Tanto per cominciare, come faccio a sapere di essere in pericolo? E se per caso io penso di essere in pericolo e invece durante quelle 24 ore voglio avere un rapporto dolce e tenero...che faccio? Gli dico - scusa caro vado in bagno a togliermi la trappola per topi?
Oppure...se l'aggeggio è davvero così comodo e io malauguratamente mi dimentico di avercerlo adosso? Panico. Vi immaginate?
Mi si potrebbe ribattere: parli facile tu, che non vivi in un posto dove ogni 24 secondi potresti subire una violenza. E questo è vero, riconosco di essere capitata in una parte del mondo dove si godono alcuni privilegi gratuiti. Tuttavia, scusate, mi state dicendo che la trappola per topi funziona durante il rapporto. E beh? La metà della violenza l'ho già subita, per arrivare al punto in cui il provvido profilattico mi salverà.
E poi, in ultimo, mi oppongo perché gli uomini, checché se ne dica, già si spaventano di noi così come siamo. Ci manca solo che inizino ad avere il sospetto che dentro le donne ci siano le trappole per topi. E la razza umana si estinguerà, io credo.

mercoledì 23 giugno 2010

Tieni il tempo

Ora in Salento sono lenti. Che lo dice pure il nome della regione, se proprio vogliamo fare i giochini di parole. Sono lenti. Calmi, beatamente pacifici. Per loro è mattina fino all'una, decidono come impiegare il pomeriggio alle sei e mezza. E tu ti rilassi, a fare tutto con comodo.
I primi tempi io avevo la frenesia incorporata nell'orologio biologico, e si vedeva da come correvo trafelata in auto, o dal fatto che andassi a fare la spesa a mezzogiorno, che non ero salentina.
Poi, il luogo in cui vivi ti assorbe.
E adesso io ceno alle dieci. Regolarmente. Tanto che l'ultima volta che sono stata a casa dei miei, non mi sono seduta a tavola con loro. Alle otto. Impensabile per me oramai, cenare di pomeriggio.

Temporale

E' che quando un sorriso diventa un'abitudine, poi se si interrompe ti manca.

martedì 22 giugno 2010

I gendarmi son bruschi nei modi se da questi episodi non han da guadagnar

A furia di sentire un concetto insistito, una parola ripetuta a ritmo martellante, uno poi finisce per farla propria quell'idea. Tipo la storia del complotto.
Che tutti ci spiano e c'è qualcuno che trama per farci del male.
Io mi sono convinta di essere la vittima di un'ordita trama spionistica che coinvolge la polizia stradale, i carabinieri e la guardia di finanza.
Perché se così non fosse, non potrei spiegarmi come mai ultimamente mi fermano sempre. Ma ogni due giorni, eh. Tanto che oramai il libretto di circolazione lo lascio sul sedile.
Ho così tanto l'aspetto da criminale, suvvia?

Lei per scherzo giò la sua gonna e si mise a danzar

Ora io sono frequentemnete vittima del colpo di fulmine da vetrina. Che passo da un negozio e dentro c'è un capo che mi chiama l'occhio, non sempre qualcosa che mi serve. Anzi, a voler essere oneste, proprio mai qualcosa che mi serve. Ma è una tonalità, una balza particolare o una scollatura di cui no, proprio non si può fare a meno. E allora io, donna passionale, non so resistere agli amori. Ed entro. E se sono fortunata - di prezzo e taglie - compro.
L'amore di oggi è stato un vestitino svolazzante, con la scollatura rotonda, a fantasia di piccoli fiori, elasticizzato nel corpino con gonna corta a sbalzi. Che a indossarlo davanti allo specchio del camerino il primo pensiero che m'è venuto è stato: mi fa sembrare una ragazzina.
Quando la coscienza ha elaborato il significato esatto di questo pensiero, però, ho visto dallo specchio che la mia faccia aveva assunto un'espressione alquanto contrariata. Disillusa, direi. Ed è stata la prima volta che prima di comperare qualcosa non mi sono preoccupata del prezzo né della taglia, ma dell'opportunità di indossare quel genere di abito.
Poi l'ho comperato, eh. E non vedo l'ora di inaugurarlo, tutto sommato.

L'uomo che cammina sui pezzi di vetro dicono ha due anime e un sesso

Gli uomini credono di vivere dentro ad una corteccia antica di forza, e pensano che è necessario alla loro virilità rinchiudersi ad intervalli regolari dentro quella corteccia.
Le donne si dividono in due categorie. Quelle che non capiscono, o fanno finta di non capire; quelle che provano ad essere compensive.
Gli uomini dicono di amare e apprezzare chi sa comprenderli.
Ma a conti fatti scelgono le donne che invece non capiscono, o fanno finta di non capire. Io sono abbastanza intelligente da capire, e non sufficientemente scaltra da far finta di non aver capito. Cosicché finisce che a godere del trattamento migliore non sono io, generalmente. Però vorrebbero le donne come me, gli uomini. Si che le vorrebbero.

lunedì 21 giugno 2010

E il cuore di simboli pieno

Alle volte cerchi un segno. Qualcosa di piccolo che aiuti il tuo cuore a capire che direzione prendere. E magari non trovi quello che cercavi. Ma altri simboli, e nuovi viaggi.

sabato 19 giugno 2010

Non starò più a cercare parole che non trovo per dirti cose vecchie con il vestito nuovo

Le donne amorevoli e pazienti esistono solo nelle favole. O al massimo dentro i matrimoni. Io non sto nelle prime per circostanze, non sto nei secondi per scelta. La mia musica è stonata. E rabbiosa. Non sono più disposta a indossare abiti che mi stanno stretti.

venerdì 18 giugno 2010

Diz tu por mim, silencio

Oggi non era un giorno di parole
con mire di poesie o di discorsi
né c'era strada che fosse la nostra.
A definirci bastava solo un atto
e visto che a parole non mi salvo
parla per me, silenzio, ch'io non posso


José Saramago



Come il veleno che stilla dal tuo seno

E se ci fosse un'altra?

mercoledì 16 giugno 2010

Gli eroi son tutti giovani e belli

Da oggi infrango le regole. Più di quanto non abbia fatto finora. E non mi preoccupa più il non essere accettata da chi solo nelle regole vive. Chi mi ama mi segua, nel vento.

martedì 15 giugno 2010

Non ci siamo già visti da qualche parte?

Tempo fa scrissi di un ragazzo tanto bellino incontrato davanti al portone di casa proprio nel momento esatto in cui mi esibivo in un dettagliato turpiloquio da bettola. Bene, oggi l'ho rivisto il tipo. Ed è proprio bellino, eh! Solo che ci siamo incontrati mentre io tornavo dalla spiaggia, col sale addosso, i capelli senza forma precisa e vestita come una zingara da semaforo con bambino in braccio. Vacci a non credere, al destino

I come Incazzati

Che geniale, Minzolini. Oggi il Tg1 è stato proprio una perla di tecniche di comunicazione. Metà dei servizi, ovviamente, dedicati alla partita di calcio di ieri. E che vogliamo farci, agli Italiani questo interessa. Bravo direttore. Si è superato accostando l'euforia calcisitica dei tifosi nelle piazze a quella dei soldati nelle missioni. E allora questi due servizi, uno di seguito all'altro. Che sappiamo bene tutti come funzionano certe logiche di comunicazione.
Se io dico: tutte le donne tradiscono i mariti; e poi dico: ieri ho visto tua moglie. L'ascoltatore deduce che: ieri tua moglie ti ha tradito con me. Più o meno è questa la logica. Il passaggio taciuto viene lasciato alla ricostruzione dell'ascoltatore, dandogli indizi suffcienti a portarlo dove vogliamo.
Orbene, i due servizi del Tg1 nell'ordine sono stati i seguenti: gente che esalta l'Italia, sui gradini dello stadio sudafricano, con la faccia dipinta di biancorossoeverde. Bambini che baciano la maglia azzurra, vecchie con lo sguardo rivolto al cielo che dicono io amo l'Italia.
Servizio successivo. I soldati in missione di pace. Alcuni guardno la partita, e si prendono disperati la testa fra le mani al primo goal del Paraguy, per poi esultare in abbracci euforici al pareggio. Intervista: ce la faremo, vinceremo. Senza specificare troppo i soggetti della proposizione. Dopodicché, il servizio sui soldati si chiude con un'immagine di un gruppo di uomini in divisa, di cui si vede solo l'ombra stagliata nel buio di una notte stellata. E questi soldati qua che si allontanano coraggiosi verso un imprecisto orizzonte.
Bravo, direttore Minzolini.
Che la conclusione cui il telespettatore più o meno inconsapevolmente giunge è: tutti questi uomini con coraggio e passione lottano per difendere i colori dell'Italia.
Peccato che fare una guerra non sia esattamente la stessa cosa che andare a giocare una partita di pallone.

Di' le generalità, dacci la tonalità

Il quindici giugno duemiladieci si aprono i termini per l'aggiornamento delle graduatorie del sostegno. I docenti interessati non dovranno produrre alcuna documentazione cartacea, bensì effettuare le operazioni online sul portale del Ministero.
Il Ministero è quello di Maria Stella. Il portale, per chi non ci ha mai avuto contatti, è una specie di bingo che serve sì a facilitare le operazioni, ma che per la maggior parte del tempo è momentaneamente fuori servizio. E allora a me la burocrazia italiana mi imbarazza, quella digitale poi mi terrorizza.
Sicché questa mattina accedo alla mia piattaforma del Miur.
E non trovo niente. Cioé, nessun link per aggiornare la mia posizione in graduatoria.
La parte razionale di me si ripete con la lentezza di un mantra "non l'hanno ancora inviato".
L'altra parte di me ha rischiato la morte per iperventilazione e arresto cardiaco. Scorrevano davanti alla mia mente immagini di file interminabili dai sindacalisti, di soldi da pagare per i ricorsi, di chiusura dei termini senza aver aggiornato la graduatoria, di anni di SSIS gettati al macero.
Poi arriva il link.
Ma io sono ancora paonazza in viso, e ho le gambe che mi tremano.
Quando la fiducia nelle istituzioni diviene certezza di vita.

E' un'emozione nella gola

Poi un giorno ti accorgi che ci pensi spesso. E che quando ci pensi, ti si stampa sulla faccia un sorriso da imbecille. Ed è bello vedere che certe emozioni tornano sempre intatte.

Fra due minuti è quasi giorno è quasi casa. E' quasi amore

Io non lo so più dove è casa. Mi sento un po' straniera in ogni città. Appartengo agli alberi, al mare, alla linea rossa dell'orizzonte dove il sole tramonta. Posso andare ovunque. Non mi spaventa più la distanza fra gli abbracci.
La persona che amo di più al mondo in questo momento dorme a 2000 km da me.
Ci sono molte probabilità che mi vada meglio di così!

lunedì 14 giugno 2010

I come Italiani incorruttibili

Ecco. Dovremmo ricordarci un po' più spesso di essere italiani. E difendere la nostra bandiera con più indignazione non ci farebbe male. Goal!

Io non perdono e tocco

Non ditemi quali sono le cose giuste da fare. Perché io non le farò. Lui conosce i tempi e gli spazi. E ci incontreremo. Pelle contro pelle. Non importa se poi i nostri passi si allontaneranno. Il cuore non tradisce mai.

domenica 13 giugno 2010

Extraterrestre portami via

Il Salento, amena regione della Puglia, oltre ad essere meta di numerosi turisti si segnala per la produzione dell'olio e del vino. Sicché camminando per le profumate campagne salentine, il tuo occhio si perde tra filari di viti e alberi argentati dal tronco nodoso. Poi ogni tanto ti può capitare di imbatterti in cartelli pubblicitari che sponsorizzano i più tipici prodotti dell'agricoltura. Come quello che ho visto oggi. Recitava: OLIO ESTRA VERGINE D'OLIVA.
Sono cose brutte.

A forza di essere vento

E' iniziato quel periodo dell'anno in cui c'è l'aria condizionata. Dentro ai negozi, nei treni, nelle sale da pranzo dei locali. E a te ti fa piacere l'aria condizionata, senza la quale gronderesti di sudore come una fontana e inizieresti a puzzare quanto un cane morto nel giro di quindici minuti. Immagina tanti cani morti che puzzano tutti insieme in uno spazio chiuso. Insomma, l'aria condizionata è necessaria. Un poco fastidiosa, è vero. Che ti secca la gola e stringe un po' alla testa. Se indossi le lenti a contatto, poi, gli occhi si seccano. Inconvenienti. Inconvenienti preferibili comunque alla puzza di cane morto.
Quando c'è laria condizionata, però, accade sempre, e sottolineo sempre, che ad un certo punto si spenga. E' come se i vestiti si appiccicassero addosso, e l'aria diventasse pesante. All'improvviso. A questo punto c'è qualcuno che chiede a qualcun altro: - ma avete spento l'aria condizionata? -
La risposta è: - si, l'hanno chiesto -
Ecco, ora io mi rivolgo a te. A te che chiedi sempre, e sottolineo sempre, di spegnere l'aria condizionata. Perché tu sei mostruosamente egoista. Sappi, caro il mio spegnitore di arie condizionate, che quei lievi fastidi che senti, li proviamo tutti. Sappi che tutti preferiamo una naturale brezza primaverile all'effetto del climatizzatore. Ma se fuori ci sono quaranta gradi, e qua dentro siamo cento persone, non è possibile avere la naturale brezza primaverile. Si muore di caldo senza l'aria condizionata! Qual'è il tuo problema?
Hai freddo? Copriti. Ti viene mal di testa o ti pizzica la gola? Esci un po' all'aria naturale, vedrai che passa. Ti si seccano le lenti a contatto? Bagnati gli occhi con le lacrime artificiali. Perdi la voce? Usa le pasticche per la gola. Oppure, vai in un posto meno caldo. Perché sulla faccia di questa terra non ci sei solo tu, ma centinaia di altre persone che la gradiscono, l'aria condizionata. Pertanto, o ti levi dalle balle o impari a confrontare le tue esigenze con quelle degli altri.
Che non è facile stare con la gente, bisogna impegnarsi un poco. Solo il vento può soffiare dove vuole. Come fa la naturale brezza primaverile, appunto.

venerdì 11 giugno 2010

Sarà un amore diverso grande come l'universo

Oggi l'Islanda, Paese governato dall'unico esponente politico apertamente gay, approva una legge che equipara il matrimonio omosessuale a quello fra coppie eterosessuali. Ovviamente, poiché la civiltà è direttamente proprozionale alla latitudine, tutto questo è avvenuto con zero voti contrari e senza nessun particolare scalpore. Cioè, agli islandesi tutti ghiacciati è sembrata la cosa più normale, viste le esigenze rinnovate della società, dichiarare legalmente uguali i matrimoni fra "uomini e donne, donne e donne, uomini e uomini".
Ora io penso che in Italia una cosa del genere non succederà mai. Perché qui da noi, proprio nelle stesse ore, si sta approvando una legge per cui certe determinate notizie - magari apprese con intercettazioni, quindi non proprio in modo ovvio - debbono tacersi. Tutto questo sta avvenendo, qui in Italia, con estremo scalpore. Siamo dei caciaroni, si sa. Blateriamo su tutto, spesso addirittura ci limitiamo solo a far chiacchiere. Da noi, per esempio, gli omosessuali c'è qualcuno che li prende a botte. Perché il modo in cui la gente fa l'amore, qui in Italia, è una questione di estrema importanza. Ne dipende il benessere del Paese, la morale, l'economia, forse anche l'ecosotenibilità del pianeta. E allora mentre alcuni progrediscono con sobria dignità, noi scalpitiamo con regredita ignoranza. No, inammissibile. Due donne che si amano, onta e vergogna, danno e pericolo. Picchiamole, che è meglio.

Il cuore non è a due piazze ma è una piazza

C'è solo un tabù che devo infrangere, nella mia vita scombinata da giocatrice d'azzardo. Quello di mettermi al volante della mia macchinetta, e partire. Senza preavviso e senza meta. Avere solo la strada davanti, la musica come compagna e il cielo per mappa. Magari fermarmi dopo cento chilometri, non è la distanza che conta. Ma il gesto. E lo farò. Altroché se lo farò!

Il silenzio degli innocenti

Che volavano degli insetti davanti agli occhiali a infrarossi dell'agente Starling. Quando lei entra nella casa dell'assassino. Erano i bachi che poi sarebbero diventati farfalle. Non mi ricordo perché Buffalo Bill tenesse tutte quelle farfalle dentro casa; la spiegazione dovrebbe avere a che fare con il fatto che a lui piaceva scuoiare le vittime, forse per coprirsi con la pelle delle fanciulle. Mi ricordo però vivamente di questi insetti. Alla luce degli occhiali con cui la Starling doveva muoverso nel buio assassino, quegli insetti erano verdi fluorescenti. Ecco, con l'unica differenza del colore, casa mia oggi sembra la stanza del silenzio degli innocenti. Con tutti sti esseri immondi che si muovono ad ampi giri e traiettorie oblique. Sono delle formiche volanti, o forse delle zanzare tigre, o magari delle mosche nane. E girano per la stanza. Io sto provando in tutti i modi a convincerle che c'è tutto un mondo da scoprire, là fuori. Spero solo non mi si trasformino in farfalle durante la notte. Altrimenti, il prossimo delitto irrisolto di cui parlerà Bruno Vespa....saprete di chi è la colpa.

Un mattone vuole esser casa

La vita cambia in fretta. Alle volte cambia in meglio. Altre non so.

mercoledì 9 giugno 2010

Il profumo della vita

Forse si. E' meglio che sicuramente no.

Volare oh oh

Dice il famoso proverbio: prima il dovere e poi il piacere.
Sicché io, che sono una donna timorata di Dio, ogni mattina leggo prima i vari siti delle scuole, poi mi faccio un giro interlocutorio sui portali dei voli low cost. Che non si sa mai, trovi l'offerta. E riesci a farti un viaggio liberatorio pur senza lavoro e senza soldi.
Il problema è che questi siti low cost continuano imperterriti e odiosissimi a propormi voli per "luna di miele".
Perché mi devono prendere per culo anche gli aerei?

martedì 8 giugno 2010

Non è la gelosia

E' proprio voglia di strappare gli occhi dalle orbite, a quelle che fanno le gatte morte con l'uomo che mi piace. Tipo che io marcherei il territorio come i cani. Oppure invierei la testa di cavallo mozzata al recapito della gentile fanciulla.
Ragion per cui la capisco pure la gelosia delle altre donne.
Quello che però io non farò mai è chiedere l'amicizia su facebook a una donna della quale sono gelosa. Questione di stile.

Il lavoro nobilita l'uomo

Proposte. Idee. Possibilità. Attesa. E nel frattempo, la vita. Che non sempre puoi vivere perché non hai soldi a sufficienza o perché, semplicemente, non ci sei in un quel posto quando dovresti esserci.
Non posso più pagare una casa mia se non lavoro.
Questo è.
Traslocando.

L'odore del sesso

Io sono una che i libri li annusa. Mi piace sentirne l'odore, intatto quando scarti il ilbro per la prima volta, misto agli odori della tua vita quando poi lo porti con te. Perché io, il mio libro, lo porto sempre con me. Anche quando so che non avrò tempo per leggerlo, lo metto in borsa. E scelgo le mie borse in base alle tasche da libro che posseggono. Allora le pagine dei mie libri poi profumano di dolci e caffè caldo, in inverno, di sabbia e salsedine in estate, di aereo a volte.
E a me piace sempre annusarli. Che poi l'odore buono della carta mista alla vita resta. Di modo che quando riprendo in mano un libro dopo tempo, annusandolo posso anche ricordarmi in quale momento l'ho letto.
Ammetto che tutto ciò ha poco a che vedere con la cultura in senso stretto.
Sono piccole manie. Quegli istinti compulsivi che pure ti carattertizzano. Aprire un libro, ovunque lo trovo, e annusarlo.
Ora voi capite bene che nel paesello mio che sta sulla collina io poi vado in crisi d'astinenza, considerando che i libri li trovi solo nel supermercato. E puzzano un po' di detersivo.
Però c'è un sexy shop. Grande. Ha due ingressi. Insomma, ha l'aria di un'attività che rende bene.
Ma sono io ad essere attratta da odori insani. Perdonate le mie voglie maldestre e siate clementi con queste lamentele da parassita della società.

lunedì 7 giugno 2010

Aria

Ho visto nuvole e attraversato tempeste.
Ho conosciuto deserti e spine mi hanno graffiato la pelle.
Un'ombra sul cuscino, profumo nei capelli e salite di sassi da percorrere a piedi nudi.
Ferro stridente di spade ha tagliato le parole.
Fatica, e mani deboli a trattenere il cuore perso nelle onde gonfie di solitudini.
Voglio la pace di bianche lenzuola stese al sole, adesso.
Voglio che brillino sorrisi. Brezza di mare fra le dita.
E la dolcezza di un pomeriggio senza attese.

Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei

Ci sono i contesti. C'è lo sfondo. Oppure il sottofondo. Chiamalo come vuoi, ma è fondamentale inserire un oggetto, un particolare o una persona nel giusto contesto. Altrimenti si fa la fine del pesce che fuori dall'acqua non riesce proprio a respirare. Ecco.

giovedì 3 giugno 2010

Fratelli d'Italia

Il 2 giugno è la festa della Repubblica Italiana. Dovrebbe essere la nostra festa nazionale più importante, anniversario del referendum con cui si proclamò lo stato democratico dopo la fine della seconda guerra mondiale. C'era stato il fascismo, ci si era sparati contro per anni. C'era stata la monarchia. E il 2 giugno 1946 gli italiani vanno a votare e dicono: noi vogliamo la Repubblica.
E' festa in tutte le ambasciate italiane del mondo. In cielo volano gli aerei col fumo tricolore. Bianco, rosso e verde, come la nostra bandiera.
Il 2 giugno 2010 alcuni ministri del Parlamento italiano non presenziano alla festa per la Repubblica. Quei ministri stavano ad una festa dove invece di suonare l'inno di Mameli un'orchestrina eseguiva La Gatta di Gino Paoli. L'opinione pubblica si indigna. Il mondo politico, come sempre, si divide sull'argomento. Il Presidente Napolitano dichiara di voler "chiudere gli occhi".
Il 2 giugno è la festa delle repubblica Italiana. L'Italia - recita l'articolo primo di quella Costituzione che siamo andati a festeggiare - è una repubblica fondata sul lavoro.
Chi lavora, oggi?
Quanti, sul lavoro, muoiono?
E poi, Repubblica. Quanto c'è di democratico in un Paese in cui così forte è la mafia? Un paese dove uno scrittore che racconta di cosche è costretto a vivere come un ladro, mentre i ladri stanno seduti su più preziosi scranni? Quanta libertà repubblicana abbiamo, noi che abbiamo visto saltare in aria due giudici e non sappiamo ancora perché?
Italiana. Repubblica Italiana. Ci scandalizziamo delle parole pronunciate su inno e tricolore da alcuni ministri, ma noialtri vediamo la bandiera solo ogni quattro anni, e in fondo crediamo che l'inno di Mameli sia un fatto prevalentemente calcistico.
Non sarebbe stato meglio aver ascoltato tutti La Gatta di Gino Paoli? Nella serena certezza di vivere in una Repubblica Democratica fondata sul lavoro?

L'ombelico del mondo

Eppure io credevo che talune fragilità sentimentali fossero prerogativa femminile. Immaginavo, fino a ieri, che i signori uomini avessero un modo migliore di proteggersi. Che fossero meno fragili e più razionali di noi. Invece, scopro, non essere così. Ascoltare le confidenze di un amico è vedere come il mare delle emozioni trascina vele e cuori, sassi e storie, coralli e schiuma. Senza chiedere permesso, a nessuno.

mercoledì 2 giugno 2010

Amore di plastica

Quando io ero ragazzina, si teneva il diario segreto. Te lo regalavano le zie ai compleanni, aveva la copertina di una specie di velluto che d'estate non te lo potevi leggere altrimenti sudavi, e aveva il lucchetto. Con la chiave. Che la dovevi nascondere in un luogo segretissimo.
Io lo scrivevo, il diario segreto. E lì dentro raccontavi se eri innamorata, e di chi.
Ma il bello di quel diario era la chiave.
Adesso c'è facebook. E il fatto che tu sia innamorata adesso si chiama "situazione sentimentale".
Come uccidere un'emozione con le parole.
La situazione sentimentale sembra il gruppo sanguigno. Insomma, io ci tengo al modo in cui si dicono le cose. E anche le opzioni ristrette con cui tu devi esprimere la tua situazione sentimentale sono alquanto mortificanti.
Single. Sposta. Sono stati, non situazioni sentimentali. Io posso essere single e innamorata, posso essere sposata e alla ricerca di nuovi amori.
Ancora: fidanzata ufficialmente. Che al giorno d'oggi forse nessuno si fidanza più ufficialmente. Perché mai uno si deve definire così?
Ma la cosa più triste, a parere mio, è la dicitura Impegnata.
Situazione sentimentale: impegnata. Sembra una condanna. O una multa da pagare. Non so...
Io non voglio definirmi in nessuno di questi modi. Voglio scegliere le parole con cui dire quello che provo, voglio l'intera pagina bianca del diario. E non preferisco che la mia vita privata sia affare pubblico. Non credo sia importante per il popolo di facebook sapere se e di chi io sono innamorata. Chi deve saperlo, lo sa. Chi vuole saperlo, me lo chiede.
Io conservo ancora le chiavi, dei miei diari segreti.
E' più prezioso un sentimento custodito. Non siamo costretti a rendere pubblico e banale ogni nostro sussulto.

E io pago

Io sono ricca dentro. Ma fuori no. E allora una in questi casi è costretta a cercare tutte le offerte per risparmiare. Che poi chissà perché queste offerte ti fregano sempre. Insomma, non è poi vero che risparmi. Come è successo a me quando una simpatica promoter di una compagnia telefonica bianca e rossa mi ha regalato una scheda (non accettare mai caramelle dagli sconosciuti) con dentro una promozione (ma che bocca grande che hai) per collegarti a internet senza limiti (per mangiarti meglio, bambina mia!). Cosicché io, rossa come cappuccetto e come la mia nuova scheda internet bianca e rossa, me ne torno a casa all'apparenza tutta felice e contenta. E inizio a navigare con tutta questa felciità promessami dalla promoter.
Dopo qualche giorno, però, mi accorgo che la magnifica offerta e tutta la felicità promessami erano solo miraggi. Perché gira gira tu quel costo giornaliero di connessione lo devi pagare. Ed è vero si che puoi avere connessione illimitata e decidere, per risparmiare, di non connetterti ogni giorno. Ma un mese ha comunque 30 giorni. Se pure non sono 30, saranno non meno di 20. E pure io che non sono brava in matematica comprendo quanto questo, alla fine del mese, costi.
Ragion per cui decido di cercare una soluzione alternativa più consona al mio esiguo bilancio.
Messo da parte questo problema, vado a pranzo da alcuni amici. Era domenica e in televisione correvano le macchine della formula uno. Si mangiava, si chiacchierava, si dava un'occhiata alla tele.
- Che spreco, però, questa formula uno - esordisce la dolce padrona di casa.
- Già. Quanto può costare una macchina di F1? -
- Cifre che noi non sappiamo neppure scrivere! -
- Quanti stipendi si potrebbero pagare, invece? -
- Ma dove li prendono tutti sti soldi? -
- Eh, dagli sponsor - spiega il marito con gli occhi verdi, gustando una buonissima pasta col pesce fresco.
A quel punto, la telecamera inquadra queste macchinine milionarie che sfrecciano lungo una strada costeggiata da cartelloni pubblicitari. Gli sponsor.
E il cartello pubblicitario più ricorrente indovinate un po', era quello bianco e rosso della mia scheda internet senza limiti.
Ora io non mi sento nelle condizioni di pagare anche per fare correre le macchinine milionarie della formula uno, abbiate pazienza.

giovedì 27 maggio 2010

Donne sull'orlo di una crisi di nervi

Qualcuno mi spiega, per gentilezza, il motivo per cui Google immagini, interrogato su "uomo che pedala" mi presenta foto di donne mezze nude sulle biciclette, le quali donne hanno tutta l'aria di stare facendo qualcosa di diverso dal pedalare?
Che cattivo gusto!

Chi aspetta sempre l'inverno per desiderare una nuova estate

Io non mi sono lamentata che si "è a metà maggio e fa ancora freddo". Semplicemente perché venti gradi non sono freddo, ma è primavera. Cioé, sarebbe più normale che in primavera tu esci la sera con la camicia e un giubbotto. Invece tutti lì a lamentarsi, e che freddo e quando arriva l'estate e non se ne può più.
Io lo sapevo che poi il caldo sarebbe arrivato all'improvviso.
Non stuzzicare il can che dorme

Uomini che odiano le donne

Le donne, si sa, amano le scarpe. Uscire a comprar scarpe è una delle attività preferite dalla donna italiana media. Quando arriva l'estate, poi, le scarpe che lasciano il piede scoperto meritano, giustamente, uno studio specifico di compatibilità tra forma del tuo piede e formato della scarpa, accompagnato dalla scelta di uno smalto adatto, per quelle che lo usano. Insomma, una goduria tutta femminile che può durare giorni. Tutta femminile, appunto.
Che i maschi, secondo me, di scarpe sono un po' meno appassionati. Secondo me un uomo sa dire al massimo se la sua donna porta d'abitudine le scarpe basse o i tacchi; e non ne sarei nemmeno sicura, che lo sappia dire. Mi sembra pertanto una tortura inutile che le signore si portino dietro i loro poveri cristi di mariti e/o fidanzati a scegliere le scarpe. Poveri, loro sono interessati ai nostri dilemmi sulle calzature quanto noi siamo ineteressate agli acquisti della nuova stagione calcistica, io suppongo. E allora, meschini, assumono un'espressione simile a quella della vetrina contro cui si frantumerebbero volentieri la testa. Più volentieri di quanto non stanno lì a chiedersi se ti starebbe meglio il sandalo con la fibbia semplice o il modello alla schiava. Che poi è normale rispondano - quello che preferisici, amore -
Che tradotto significa: - quello che vuoi basta che mi porti via di qui -
Ecco, io penso che un fidanzato e/o marito non sia una cosa che tu devi portare sempre con te. Puoi farne a meno in alcuni frangenti. Come quando vai a comperare le scarpe.

venerdì 21 maggio 2010

Così è se vi pare

Il pregiudizio è nemico della verità. Ti annebbia gli occhi, mostrandoti solo l'ombra di quanto tu credi di vedere. Complici del pregiudizio posso essere le coincidenze, che creano apparenze che tu proprio sei sicuro le cose stiano in quella maniera. E invece, magari, è un pregiudizio. Un'idea falsa. Qualcosa che può rovinarti anche la reputazione, ad esempio, in un piccolo paese. Ecco perchè non bisognerebbe mai giudicare dalle apparenze.
Prendiamo oggi: io sono andata su una scogliera. Volevo vedere il mare gonfio di vento e grigio di pioggia. Poi mi è venuta voglia di raggiungere un angolo particolare della scogliera, perchè sembrava avere un riflesso di luce più intensa. E volevo assaporarla.
Il problema si è presentato quando, dopo tutto sto giro romantico, mi sono rimessa in macchina e avrei dovuto ritrovare la strada di casa. Naturalmente all'andata avendo osservato solo mare e rocce, non avevo idea della direzione da prendere. Ho deciso di chiedere aiuto ad un gentile signore in tuta che passava sull'altro lato della strada. Costui è stato veramente gentile perchè si è offerto di farmi strada con la sua auto: non è complicato - ha detto - ma ci sono dei sensi vietati; se mi segui ti faccio strada: devo andare più o meno da quella parte.
Ora proprio da lì, in quel momento, passava un gruppo di pie donnine probabilmente dirette alla messa. La scena che si è loro presentata davanti è stata la seguente:
Giovane donna sola affacciata sugli scogli; forse aspetta qualcuno.
Giovane donna si avvicina a uomo aitante; forse aspettava lui.
Giovane donna entra in automobile, uomo aitante pure. Automobile giovane donna segue automobile uomo aitante sotto lo sguardo famelico di curiosità delle donnine.
Ora siccome due più due non fa cinque, e le donnine del paese credono che se un uomo e una donna parlano hanno una relazione clandestina, se poi si allontanano insieme - beh, non proprio insieme ma quasi - allora quei due sono già avvolti dalle fiamme dell'inferno per la loro impudicizia sfrenata.
A me dispiace che, essendo noi in auto e loro a piedi, non si è vista la fine della storia. Che raggiunto l'incrocio a me noto, corredato di segnaletica stradale, io ho salutato il mio aitante navigatore con una clacsonata e sono andata via. Nessuno però lo saprà, questo. Spero che quell'ometto lì non sia sposato. Se no, poverino, essere stato gentile gli costerà caro. Che il paese è piccolo e la gente mormora. La gente che giudica solo dalle apparenze, intendiamoci.

Porta portese cosa avrai di più

Stacco il biglietto con il numero, fortunatamente sono la 19 e il salumiere sta servendo il 16.
Attendo in allegria. Quando arriva il mio turno, il salumiere tutto rubicondo e sorridente inizia con: che le do, signora bella?
Ora sarà pure che al supermercato devono essere gentili di formazione professionale, però a me sto complimento ha fatto piacere. Soprattutto in questi giorni che per piogge torrenziali e malumori vari io mi sento sexi quanto uno scaldabagno.
Volevo prendere del prosciutto crudo. Gliene ordino un etto. E quell'uomo meraviglioso teneramente mi dice: glielo taglio sottile, vero? Che lei si vede che le piace il prosciutto trasparente.
A questo punto mi sono quasi commossa. Perché non solo a me piace il prosciutto tagliato sottile, ma per definire lo spessore che preferisco uso proprio questa parola. Trasparente.
E' così eccitante quando un uomo capisce quello che vuoi con uno sguardo. E io che mi ostino a frequentare i sedicenti intellettuali!

Non sono una signora

Io mi sono rotta il cazzo. Punto.

giovedì 20 maggio 2010

Ricomincio da tre

Questa sera ascoltavo il TG1. Cosa che non faccio spesso, per tutta una serie di motivi. Il mio rapporto attivo col televisore si risolve nel gesto del toglier via la polvere con il panno; per il resto, lo accendo tanto per avere voci in casa. Che il silenzio non sempre è bello, e la musica alle volte disturba il vicinato.
Questa sera il TG1 ha raccontato di una rivoluzionaria scoperta della scienza che migliorerà la vita delle donne - ma davvero? - venendo loro incontro nel momento del parto. Un siffatto titolo ha richiamato la mia attenzione: di cosa mai si tratterà?
Si trattava di un ospedale di Pozzuoli i cui medici hanno acquistato (e qui le orecchie si rizzano: i soldi mancano solo per gli stipendi, sicchè) un numero che non ricordo di occhiali tridimensionali. Lo scopo di tale geniale investimento è fare indossare gli occhiali alle partorienti, le quali sceglieranno un film che prediligono e ne assisteranno alla proiezione tridimensionale durante il parto. Con il nobile scopo di distrarle dai dolori.
Del parto?
Non mi chiedo se tale evento, fosse anche verisimile, sia congruo all'informazione televisiva di prima serata. Magari lo è.
Quello che mi chiedo è perchè una donna dovrebbe aver voglia di guardare un film mentre mette al mondo suo figlio.
Io sostengo fortemente che una bella e sana iniezione di anestesia
epidurale sarebbe il modo migliore di facilitare le donne nel momento del parto. Ma noi italiani no, ci ostiniamo a non considerare un fenomeno che nelle altre nazioni europee è normale prassi sanitaria. Tipo che se tu gestante non vuoi o non puoi ricevere l'anestesia, lo devi dichiarare per iscritto. Manco che lo dici all'infermiera ostetrica. Noi altri no, ci piace far guardare i film di Troisi alle donne mentre partoriscono. Io non sono mamma e non lo so cosa si prova, durante il parto.
Immagino, tuttavia, che se una vuol proprio non pensare ai dolori - che sembra siano secondi solo a quelli dell'infarto - magari può pensare al fatto che quella forza sovrumana che sembra volerle strappare la vita incendiando ogni fibra del suo essere di spinte e strappi, quella forza è suo figlio che nasce.
Ecco, secondo me questo è un pensiero che può bastare a distrarti dal dolore. Se proprio.
Troisi, poi, me lo guardo in dvd quando il mio bambino si addormenta.

Ho visto cose che voi umani non potete immaginare

Sicché io non disdegno l'uomo brizzolato. Quello che ha più di quarant'anni. Il fascino della vita vissuta mi aggrada. E se mi capita di incrociare per strada uno col capello "sale e pepe", io lo guardo, non dico di no.
Oggi ne ho incontrato uno. Che da lontano, in un pomeriggio grigio di nuvole pesanti, si era in pochi a camminare per le vie del centro. Nella direzione opposta alla mia, avanzava questo tipo qua.
Capello corto, scuro spruzzato d'argento. Ne dicono tante per rendere seducente il fatto che a uno gli stanno venendo i capelli bianchi. L'argento, però, era particolarmente lucente. Contrastava col nero del resto dei capelli, che questo qua da lontano pareva averceli blu.
E portava pure la barba. Degli stessi colori....
Posso dire di aver visto Barbablù?
Credo di aver toccato il fondo di quanto l'universo maschile possa offrire.

mercoledì 19 maggio 2010

A.

Quando la pelle si è sfiorata, i piedi non si separano mai del tutto. Resta il calore di un'orma sulla sabbia del mio mare, l'impronta del tuo passaggio. E' preziosa, la spuma la lambisce ma non la confonde. La tua orma è ferita che brucia. Il sale fa lacrimare la pelle indifesa.
Mi hai travolta nel turbine delle tue sensazioni, pensieri di notte che aggrediscono le stelle.
Carezze e graffi. Richieste e accuse.
Io ho osservato tutto mentre le onde mi spruzzavano sul viso gocce di passato.
Poi ho sentito le forze venire meno.
La voce è divenuta fredda lama. Le parole, sassi restituiti alla salsedine del cuore.
Mi piego verso la sabbia, prendo un sasso, lo accarezzo fra le dita. Lo scaglio verso il blu. Di notte.
Manca un'impronta adesso, sulla sabbia del mio mare.
E vento di barche mi accarezza il viso.

La noia di un altro non vale

Io lo so perfettamente che le uniche scuole in cui chiamano insegnanti di lettere sono le scuole dell'estremo norditalia. Non c'è bisogno che me lo ripeta chiunque. E mi dà anche un certo fastidio, per esempio, se a dirmelo è il vigile della stradale. Mi vuoi fare la multa? Ok, dillo chiaramente. Ma non è simpatico che tu ti metta a farmi la paternale mentre sto ferma sulla strada.
Perchè io, signor vigile, lo so bene che per lavorare bisogna spostarsi.
Così come so che per avere un minimo di stabilità affettiva - che poi non guasta, ammettiamolo - sarebbe auspicabile sposarsi. Se poi vuoi un figlio, mioddio, allora ti serve proprio un marito.
Ecco, io tutte queste cose le so. Perché non è che sono scema.
Ma ci sono anche altre cose che so.
Per esempio so che non mi piacerebbe svegliarmi ogni mattina accanto ad un uomo che non mi fa venire i brividi quando mi guarda.
Così come so che non sarei soddisfatta della mia vita se dovessi trascorrerla a contare sul calendario quanti giorni mancano al rientro nell'amato paesello d'origine; che poi, su 365 giorni, ti capiterà di tornare 4 volte più o meno.
Io non ho molte ambizioni. Però vorrei amare ciascun giorno della mia piccola vita.
Chi ha scelto il peso delle proprie noie trascorre il tempo a dare consigli.

lunedì 17 maggio 2010

Questo domani non c'è mai

- Sono stato bene -
- Anch'io -
- Mi piacerebbe rivederti -
Questo più o meno era il buon vecchio dialogo fra due che uscivano insieme. Oggi la terza battuta non la puoi più dire, perché apre un prosieguo di interazione che nella maggior parte dei casi non puoi sostenere. Del tipo:
- Molto volentieri -
- Quando? -
Ecco. Tu non lo sai dove sarai domani, nè sai per quanto tempo ci resterai. Allora le relazioni sono ponti sospesi, arcobaleni a metà, dialoghi tronchi.
- Sono stato bene -
- Anch'io -
Ed è il massimo di fortuna che possa capitarti. Solo temporaneamente.

'A livella

Al paesello mio dal profumo di zagara c'abbiamo questo sindaco donna. Che è giovane e bella.
Lei è esponente di un partito che io no, proprio non sono di quel partito.
Ma non voglio parlare di politica in questo momento.
L'ho vista che presenziava ad una processione liturgica.
Ma non voglio parlare nemmeno dei rapporti fra chiesa e politica.
Quello che voglio dire è che il sindaco giovane e bella è sempre molto elegnate e generalmente indossa dei tacchi altissimi. Io quando l'ho vista in quel contesto in cui, al di là delle ideologie, si camminava, a me mi è dispiaciuto saperla su quei suoi soliti tacchi altissimi.
Poi invece aveva delle scarpe coi lacci.
E sono stata contenta per lei. E gliel'ho detto.
Perchè io sarò pure comunista, ma camminare tanto sui tacchi è una di quelle esperienze che rendono tutti uguali, senza distinzioni di sorta.

Non ti ho detto che profumi di erba falciata

Ci sono delle persone che poi a te ti viene la pace nel cuore, quando ci parli. Profumano di pulito. E hanno gli occhi che ridono. Si dovrebbe passare molto tempo insieme a persone così.

sabato 15 maggio 2010

Oceano mare

Ognuno a suo modo, ma tutti continuerebbero a raccontare di quei due e di un'intera notte passata a restituirsi vita, l'un l'altra, con le labbra e con le mani, una ragazzina che non ha visto nulla e un uomo che ha visto troppo, uno dentro l'altra - ogni palmo di pelle è un viaggio di scoperta, di ritorno- [...] chi l'avrebbe mai detto che baciando gli occhi di un uomo si possa vedere così lontano - accarezzando le gambe di una ragazza si possa correre così veloce e fuggire - fuggire da tutto - vedere lontano - venivano dai due più lontani estremi della vita, questo è stupefacente, da pensare che mai si sarebbero sfiorati, e invece nemmeno si erano dovuti cercare, questo è incredibile, e tutto il difficile era stato solo riconoscersi, riconoscersi, una cosa di un attimo, il primo sguardo e già lo sapevano [...] perché nessuno possa dimenticare che non si è mai lontani abbastanza per trovarsi, mai - lontani abbastanza - per trovarsi - lo erano quei due, lontani, più di chiunque altro e adesso - grida la voce di Elisewin, per i fiumi di storie che forzano la sua anima, e piange Adams, sentendole scivolare via, quelle storie, alla fine, finalmente, finite - forse il mondo è una ferita e qualcuno la sta ricucendo in quei due corpi che si mescolano - e nemmeno è amore, questo è stupefacente, ma è mani, e pelle, labbra, stupore, sesso, sapore - tristezza, forse - perfino tristezza - desiderio - quando lo racconteranno non diranno la parola amore - mille parole diranno, taceranno amore - tace tutto, intorno, quando d'improvviso Elisewin sente la schiena spezzarsi e la mente sbiancare, stringe quell'uomo dentro, gli afferra le mani e pensa: morirò.
Sente la schiena spezzarsi e la mente sbiancare, stringe quell'uomo dentro, gli afferra le mani e, vedi, non morirà.

A. Baricco, Oceano mare

Io che non vivo più di un'ora senza te

Ci sono delle persone che si amano molto. Si amano così tanto da non riuscire a separarsi mai. Nemmeno nelle foto.
Nemmeno nelle foto del profilo di facebook.
Certo, a me questo genere di smancerie danno fastidio per via dell'atteggiamento da zitella che ormai ha raggiunto tassi di acidità notevoli.
Però.
Che motivo c'è di mettere in un piccolo quadrato che dovrebbe avere la funzione di identificarti, una foto di coppia? Come se si usasse una foto del matrimonio per la carta d'identità.
Voglio dire, se Pinco Pallino sono io, perché ci deve stare pure la mia amata Pinca Pallina accanto a me? Che poi il quadratino del facebook è piccolo, e finisce che uno non riconosce nessuno dei due innamorati pazzi. Io quando guardo quelle foto lì, mi sento un po' mancare l'aria.

Andamento lento

Nonostante oggi sia metà maggio, la primavera ha deciso di prendersi una pausa. Così oggi piove. Piove con vento freddo e nuvoloni grigi in tutto il nostro bel sudditalia.
Che quaggiù noi non ci siamo affatto abituati, a questo genere di rivolgimenti climatici improvvisi e tumultuosi. Temiamo di essere biodegradabili. Quando piove forte, perciò, preferiamo non uscire.
E si doveva decidere se fare o meno un'uscita, questo pomeriggio. Con il blu che si prendeva gioco di noi, alternando sprazzi di azzurro sole a raffiche di gonfia pioggia. Alla fine, com'è ovvio per dei meridionali, si è deciso di rimandare l'uscita. Ma la cosa bella, bella davvero, è stata che mentre si decideva il da farsi siamo rimasti a guardare il cielo. E aspettare.
Aspettare se sarebbe stata più pioggia o più sole. Aspettare scrutando gli angoli più lontani che si coprivano di grigio. Aspettare inoltrandosi lungo quel declivio che magari da lì la visuale dell'orizzonte poteva essere più ampia.
Aspettare il ritmo del cielo e adeguarsi all'andamento del tempo.
Saggezza antica di quando non si aveva fretta. E il cuore batteva al ritmo lento di un giro di pioggia.
Se recuperassimo la capacità di andar piano, sono sicura che si starebbe meglio. Parecchio meglio, in questo piccolo mondo. Così determinato da una pioggia improvvisa, che guardare le stelle potrebbe essere la nostra sola preoccupazione.

mercoledì 12 maggio 2010

Percorreremo insieme le vie che portano all'essenza

Vedere l'essenziale e perseguirlo è, io credo, una virtù.
Personalmente, so di non possederla. Che io mi perdo dietro le sfumature, mi chiedo sempre se una parola possa avere un altro significato, se un gesto non debba essere interpretato con una lettura meno immediata. Insomma, sono una palla. Se proprio la vogliamo dire tutta.
Per fortuna al mondo c'è gente che sa individuarlo velocemente, l'essenziale. Tipo quelli che ti chiamano in chat su fb e ti chiedono quasi subito: sei single?
Ecco, io la ammiro questa gente qua.
E' solo che, essendo invece donna arzigogolata, prediligo chi usa le parole in altro modo.

Senza andata nè ritorno

Come quando ricomponi un puzzle, e le tessere sono tutte sparpagliate sul tavolo. Ne trovi una dalle forme combacianti e i bei colori. La sollevi, la guardi bene per distinguerne le sfumature. Credi che andrebbe bene per completare quel vuoto nell'angolo esterno del puzzle.
Però poi ti ricordi che non ce l'hai, il puzzle. E' un mosaico senza contorni. Sono tessere sparse.
E resti con quel frammento in mano, silenzioso. Forse inutile.

lunedì 10 maggio 2010

Tu chiamale se vuoi emozioni

Cose per cui mi emoziono:
1) Il mare
2) Elena
3) Il primo bacio
4) Annusare un libro
5) La musica suonata dal vivo
6) La Compagnia della piccola luna
7) Il finale del musical Pinocchio
8) L'amicizia che vince il tempo
9) Le sorprese

E corre corre corre la locomotiva

Gli uomini calabresi sono premurosi con le loro donne; siano esse mogli, fidanzate, o figlie. Il che fa pure piacere, che poi noi femminucce amiamo essere coccolate, protette, insomma ci piace l'uomo premuroso.
Gli uomini calabresi, però, forse credono che le donne siano leggermente più stupide di loro stessi. Il senso di protezione allora diventa eccessivo, come quando ti preoccupi di qualcuno che senza di te non potrebbe mai farcela.
E' assolutamente falso che la donna non può farcela senza l'uomo.
Per esempio, quando esci di sera con poco disel nel serbatoio dell'auto. L'uomo calabrese la trova una cosa preoccupantissima, tanto da suggerirti di non percorrere molti chilometri, oppure di chiedere a qualche amico (nota bene - amico!) di darti un passaggio.
Io sono capace di risolvere la questione andando al distributore automatico, però.
Ventiquattro ore su ventiquattro.
So farlo esattamente come gli uomini, guarda i casi della vita...

domenica 9 maggio 2010

Sex and the city

- Com'è importante avere un uomo che ti faccia ridere -
- Si -
- Di quelli che hanno la battuta pronta ad ogni evenienza -
- Lo dico sempre anch'io -
- Ma ti deve veramente far ridere -
- Si -
- Non ce ne sono molti, di uomini così -
- No -
- ... -

venerdì 7 maggio 2010

Io non ho paura

Mi capita spesso, parlando di uomini, che le mie amiche mi diano consigli di prudenza - stai attenta - o porgano domande allarmate - e non ti spaventa questa situazione? -
Che poi, magari, la situazione è qualche anno di differenza d'età, o vivere in città diverse. Voglio dire, non ho mai frequentato un serial killer, nè un maniaco sessuale.
Ecco, no.
Degli uomini io non ho paura.
Qual'è la cosa peggiore che potrebbe capitarmi?
Io mi innamoro di lui, lui non si innamora di me.
Beh? A dispetto di quanto dicano poesie e canzoni, nessuno è mai morto per amore. Si soffre, ma poi passa.
Un'occasione persa per paura, è un'occasione persa. Milioni di possibili felicità sacrificate. In una vita così difficile, che ci costringe nella danza sfrenata delle incertezze, perché avere paura di una delle poche carezze che possiamo fare alla nostra anima?
No, io non ho paura, degli uomini.
Può essere che loro abbiano paura di me, a giudicare da come accuratamente mi fuggono. Ma questa è un'altra storia.

giovedì 6 maggio 2010

Saranno famosi

Adesso c'è questa cosa che tutti vogliono andare in televisione. Non importa se fai la politica o la showgirl (cit.), purchè tu possa entrare nella scatoletta magica. Sembra il sogno più diffuso, fra i ragazzini. Accade di conseguenza che il Grande Fratello permei di sè quasi ogni momento della vita quotidiana della gente normale.
Prendete la musica, per esempio. Sia essa espressa come canto, ballo, o strumenti da suonare. E' sicuramente una referenza adatta a portarti in tv. Se canti o balli o suoni puoi fare un provino. E magari finisci dentro una trasmissione specifica (che ce ne sono molte, ho scoperto) in cui, appunto, ti fanno cantare e ballare e poi diventi bravo, e vai a sanremo, e vinci sanremo.
A questo scopo, esistono delle accademie. Che sarebbe la formula aggiornata delle scuole di ballo o di musica, che ti preparano appositamente ai provini. Talent Scuot. Che certe cose le devi dire per forza in inglese, altrimenti non fa abbastanza televisione.
Le porte di questa conoscenza mi si sono aperte l'altra sera, quando in un locale in cui cantava una tizia molto brava ho avuto il piacere di vedere un intero tavolo di allievi di una scuola del genere. Una accademia che ti prepara ai provini.
Io non ve lo racconto come erano, gli allievi di questa accademia. I vestiti che indossavano, la quantità di trucco che avevano sul viso le fanciulle, la trasparenza delle camicie, il colore dei capelli. Non ve lo racconto perché io ho avuto l'impressione che la loro priorità fosse, appunto, mostrarsi. Urlare al mondo: guardatemi, io mi sto preparando ad andare in televisione.
Avevano le fotocamere digitali, e non hanno fatto altro che cercare pose. Per foto da mettere su facebook.
La tizia cantava, accompagnata da due che suonavano. Ma i giovani talenti del futuro non li hanno degnati della minima attenzione.
Io la televisione non la guardo, ma so - per sentito dire e impressioni indelebili nate da casuali e fugaci incontri con il genere televisivo in questione - che avere talento non serve. Che non c'è valore artistico, nella maggior parte di questi talenti diventati poi famosi.
Per onestà, voglio dire che anche io da piccola sono andata a scuola di musica e neppure io ho mai avuto il minimo talento.
Però.
Quando andavo a scuola di musica io, le ambizioni erano suonare la tastiera in chiesa o la chitarra ai falò. Quando andavo a scuola di musica io, ci si innamorava dei maestri e si facevano i saggi, vestiti tutti uguali che sembravano divise fasciste. Quando andavo a scuola di musica io, non c'ra nessuno che ti doveva scoprire. Suonavi, cantavi, o ballavi perchè ti piaceva farlo. Ed eri contento così. E nessuno aveva ancora deciso di comperare le televisioni per stabilire quali devono essere i sogni delle persone.

E tornando la sera dalle gite della scuola

Maggio è il mese delle gite scolastiche.
Che gli alunni trascorrano un intero anno in attesa della settimana in cui non andranno a scuola, ci dice quanto vada sempre di moda il Paese dei Balocchi.
Se vivi in una bella città, Maggio è il mese in cui ti rompi un po' le scatole. Che incontri ovunque ste orde scomposte di ragazzini chiassosi. Compaiono all'improvviso. Un attimo prima è tutto sotto controllo, l'attimo dopo sono ovunque. E' irriverente dire che sembrano formiche? Brulicano. Temi che inizino a salirti addosso facendoti il solletico.
Li incontri la mattina al semaforo. Li trovi la sera davanti ai locali. Urlano. Perché loro hanno tutto il diritto di divertirsi e scoprire la vita. Ma tu ti rompi un po' le scatole, insisito.
Soprattutto, te le rompi, se sei un'insegnante con milioni di titoli nel cassetto, ma non stai al posto giusto. Ovvero sia, a correre dietro alle formiche urlanti. Che non è bello, lo so, ma sarebbe più normale. Invece tu ti trovi ferma al semaforo mentre il gregge di discenti alla scoperta della vita attraversa la strada, seguito da vecchie bacucche professorsse. Con la gonna a quadri di lana, che sono 27 gradi; le scarpe nere col tacchetto, e gli occhiali. E quell'espressione sussiegosa che odora di naftalina.
E allora a me mi sembra di essere ancora alunna, con le professoresse sottovuoto. E mi viene di cantare. Col finestrino dell'auto basso, l'aria nuova di maggio sul viso, canto: noooo, non è Francescaaaaa.

Se tu fossi di ghiaccio e io fossi di neve che freddo amore mio pensaci bene a far l'amore

La passione è il colore nei battiti del nostro cuore. La forza che trasforma i sogni in mani, e la strada in passi. Troppo spesso ne abbiamo paura. Così ci ritroviamo a guardare la superfice di un lago ghiacciato, che è liscia e suggestiva. Ma è fredda. Non pulsa. Ci illudiamo che resti tutto semplice come lo vediamo. Dimenticando che tornerà comunque primavera, e scioglierà il ghiaccio, trasformerà la neve in petali e poi in calde spighe di biondo grano.
Non stringere la passione sotto il lago ghiacciato. Non siamo neve. Ma onde.
Possiamo attraversare il tempo come lui e lei. Li ho visti bianchi, non di ghiaccio e neve, però. Non avevano freddo, loro. Indossavano abiti di un'eleganza ricercata, scuri entrambi. Parlavano a voce delicatamente bassa, dizione puntuale. Nessuna inflessione di stanchezza. Sorridevano. Si guardavano. Lei doveva comperare un paio di nuovi occhiali. Perchè gli anni offuscano la vista. Lui calmo e paziente la guardava mentre sfilava quelli dorati, no troppo grandi. La esortava a riprovare i secondi che hai visto, ti donavano. Lei, lenta e precisa, si avvicinava allo specchio, si osservava meticolosa, poi si voltava verso di lui e gli sorrideva. Ancora seducente. Lui, ancora sedotto, le sussurrava questi ti donano. Avevano addosso un antico profumo. E una passione forte, che non è ghiaccio, che non è neve. Ma calde spighe di biondo grano.

A volte basta una frase

- Amore, un giorno ti accompagno a fare shopping; così ti indico gli abiti che dovresti comperare -
Ecco, se ti piacciono così tanto, quegli abiti, comprateli tu. Magari poi apri il cassetto e li guardi.
Io sono quella che sta dentro, gli abiti.
Ci sono parole che dopo tutto cambia. Devastano giorni di tenerezze. Li spazzano via.

lunedì 3 maggio 2010

Sono un italiano, un italiano vero

La mia maestra delle scuole elementari mi aveva insegnato che il verbo generico Fare e il sostantivo Cosa sono in sé privi di significato; pertanto è utile come esercizio e possibile linguisticamente non usarli mai. Cioè, esiste sempre un verbo appropriato e un sostantivo adatto per non dire: fare una cosa.
Oggi la scrittura impera su tanti supporti che ci permettono di comunicare in tempo reale. Esiste, ad esempio, il T9: una specie di memoria linguistica che ti velocizza nella scrittura degli sms. Codesta memoria linguistica si arrichisce delle parole che comandi di salvare, o che utilizzi più di frequente.
Orbene, il T9 del mio cellulare non riconosce la terza persona del verbo generico. Il T9 del mio cellulare non scrive FA.
Ciò mi riempirebbe di orgoglio linguistico se non fosse che il T9 del mio cellulare, quando digito la F seguita dalla A, lui mi scrive FB. Che è l'abbreviazione da me utilizzata per il facebook.
A questo punto non credo che il non utilizzo del verbo Fare mi renda molto onore. Ohibò.

E come pietra annerirò

Chi ha l'anima fatta di mare, conosce la forza delle tempeste e il delicato soffio di bonaccia. Trasparente come un manto di cristallo, e turbine di bianca spuma.
Chi ha l'anima fatta di mare, ha sorrisi salati e lacrime che riverberano ai raggi del nuovo amore.
Quando il fondale è troppo lontano, gli occhi vedono il vuoto. E ti perdi, la pelle avvolta dalle ombre di quel mare che è dentro di te.

domenica 2 maggio 2010

Tra moglie e marito

...io tendenzialmente sto dalla parte del marito. Forse perché non so essere moglie. O magari dentro me c'è una parte maschile più sviluppata. Non saprei esprimere il perchè di questa naturale inclinazione. Ma è così, che mi viene. Di parteggiare per il marito. Per esempio, poco prima rientravo in casa. All'ingresso del palazzo trovo un marito tutto indaffarato fra buste della spesa, casse d'acqua, e porta da tenere aperta. Se posava a terra le buste che aveva in mano, per aprirsi il portone, forse avrebbe rotto qualcosa. Magari le uova. Ma se non teneva fermo il portone, quello gli si sarebbe chiuso in fronte. Ha usato un piede come ferma porta, e guardava sconsolato la profusione di sacchetti di plastica da cui era circondato.
Il primo pensiero che ho avuto è stato di chiedergli se voleva una mano. Mentre mi interrogavo sull'opportunità di questa mia offerta d'aiuto, lo sento imprecare con decisa contrarietà: mi puoi anche aiutare, no?
La domanda era rivolta alle spalle di una moglie che si stava dirigendo verso l'ascensore, il cui unico contributo era stato, fino a quel momento, accendere la luce delle scale. Al sentire la voce affannata del marito, ella si volta, lentamente, per rispondere: io le porto sempre da sola, le buste della spesa.
A quel punto mi sono resa conto che anche io le porto sempre da sola, le buste della spesa. Più sempre di lei, che in quel momento gliele stava portando il marito. Non avendocelo il marito, io le porto davvero sempre. E, ok: quando sono tante, faccio due viaggi, così evito lo stallo in cui si è trovato quel marito. Ma certe astuzie gestionali le sviluppi col tempo, affinandole dopo anni di singletudine. Questo marito qua, evidentemente, avrà pensato che essendo in due ci si poteva dare una mano.
Invece la moglie, fedele nella gioia e nel dolore, ha voluto vendicarsi in quel preciso momento di tutte le volte che il marito chissà dove sta mentre lei fa la spesa da sola.
Nel sentirla così arrabbiata, mi è anche dispiaciuto. La cosa più opportuna, allora, mi è sembrato farmi agilmente strada fra le buste del pover'uomo, salutare con cortesia, e togliermi di mezzo. Avendo presentito litigi coniugali. E poi io, appunto, tra moglie e marito, prediligo il marito.
Che io lo posso capire una si senta abbandonata da un marito se egli in casa non c'è mai. Però, non è mica bello farlo lavorare come uno schiavo quando c'è. Insomma, se si va a fare la spesa in due, si fanno le cose in due. Altrimenti mandalo da solo. Così almeno, la prossima ragazza gentile che incontra al portone, quel povero disgraziato può farsi aiutare.

sabato 1 maggio 2010

L'abito non fa il monaco

Un tempo si usavano le divise. In alcune parti del mondo, ancora oggi, indossi abiti di un determinato colore per indicare la tua appartenenza a un certo stato, sociale o familare che sia.
L'Italia, come sempre, finge di essere un Paese evoluto e civile. Mentre in realtà non lo è. Ci lustriamo solo la patina esterna di brillanetezza progressista.
Perché l'appartenenza al tuo stato sociale, al tuo orientamento filosofico e politico, tu la mostri con gli abiti che indossi. Coi luoghi che frequenti. Con la gente con cui ti accompagni.
E non c'è possibilità di sbagliare.
Se esci in quella determinata strada, ti fermi a bere in due o tre locali fissi, indossi scarpe col tacco altissimo e borsa con manico corto infilato nell'avambraccio, sei una strafiga. Da lampade, palestra, viaggi. Da superalcoolici colorati nei bicchieroni colmi di ghiaccio. Che poi, domani sera c'è la serata inaugurale della discoteca a mare, ci vediamo lì?, certamente, a che ora? All'una. Perché i fighetti che indossano camicie strette, occhiali da sole alzati sulla testa e orologi preziosi, non escono prima di quell'ora.
Se invece ti piace ritrovarti in quell'altra strada, frequentare i locali in cui c'è dentro gente che suona tarantelle, sicuramente sarai contraddistinto da un bicchiere di caldo vino rosso e indosserai abiti improbabili. Larghi, gonne a fiori sopra pantaloni, bizzarri cappelli. E avrai almeno un cane. Al quale devi dare baci appassionati, altrimenti non sei autenticamente popolare. Ti siedi di preferenza a terra, e non ti devi pettinare i capelli.
Secondo il mio bisbetico parere, queste sono forme di schiavitù.
Modi di imprigionare l'anima della gente.
Tendenze che ti rendono schiavo. Tanto il fighetto quanto lo zingaro.
Perché sentiamo il bisogno di dire agli altri chi siamo, catalogandoci in un ruolo? Non è più bello lasciarsi andare al flusso della vita, prendendo ciò che di bello le persone possono darci? Tutte le persone.
A me piace uscire nei locali fighetti indossando pantaloni larghi, e andare a ballare le tarantelle con la gonna corta.
Secondo me la libertà vera è quando non ti preoccupi di chi o cosa hai intorno, ma vai. Al ritmo della musica.

martedì 27 aprile 2010

Distanze siderali

C'è uno spazio, fra te e le altre persone, che varia.
Con alcuni, gradisci che sia ampio e si mantenga tale; può capitare che circostanze lo dominuiscano, e ti fa anche piacere, ma poi rifai un passo indietro a recuperare quello spazio che senti giusto per te.
Con altre persone, ti preoccupi che la distanza sia piccola. Perché ti piace sentire l'odore, di quelle persone lì. Magari lo senti anche quando sei fisicamente lontano, perché è un profumo che si sente col cuore, il profumo dell'intimità. Con queste persone, se circostanze aumentano lo spazio di separazione, si cerca di ovviare a quelle circostanze.
Poi ci sono degli altri con cui vorresti uno spazio piccolo, e magari credi di averlo. Ad un tratto, però, capita qualcosa. Impercettibili coincidenze, il suono di una parola detta o il vuoto lasciato da un gesto taciuto. E improvvisamente quella persona precipita lontana da te. Si perde in distanze siderali che poi non si colmano.

C'è qualche cosa di sbagliato nell'amore

Ma perché gli uomini sentono il bisogno di giustificarsi quando sono gentili, e non chiedono scusa dopo essere stati stronzi?

lunedì 26 aprile 2010

Seduto in mezzo al traffico ho visto un angelo vero

Io non sono donna che si innamora facile. E non mi è mai, dico mai, capitato che mi piacesse uno visto che ne so per strada, in un locale, su un aereo. L'aspetto fisico essendo solo un contenitore, a me l'uomo per farmi un poco innamorare deve dire almeno una parola, fare un gesto, essere in qualche modo qualificato.
Chiaramente questo può avvenire anche nel giro di pochi minuti.
Per esempio, se stai a camminare in una profumata sera di primavera e incroci qualcuno che ti fa sobbalzare perché sta prendeno a pugni un guantone da boxe illuminato di lucine colorate e musica da giostra, il tutto è sufficiente a spiegare perchè io poi non mi innamoro facile.

Hanno ammazzato Pablo. Pablo è vivo

Pare che qualcuno abbia cercato di fare fuori il giovane, bello e abbronzato presidente degli Stati Uniti d'America. Un tizio di 23 anni, originario dell'Ohio, che ha proprio chiesto agli agenti della sicurezza di parlare col presidente. Non molto furbo.
Il problema è nato perchè questo tizio aveva un'automobile piena di armi della polizia, e non era uno della polizia.
Lo hanno arrestato. I servizi segreti americani non commentano.
Non sappiamo se adesso anche Obama fonderà il partito dell'amore che vince sull'odio. Quello che possiamo affermare con certezza è che in America si fa sempre tutto alla grande. Noi altri, ci siamo dovuti accontentare di un plastico del duomo di Milano. Loro, hanno mandato Harry Potter in persona.

domenica 25 aprile 2010

Paese che vai, usanza che trovi

Io ho questi due amici napoletani che sono molto gradevoli, di quella gradevolezza che solo i napoletani sanno avere. Gente cresciuta a mare, canzoni, pizza e babà: non c'è da stupirsi dei risultati. La vita è fatta anche di privilegi.
Proprio ieri si parlava assieme.
E mentre parlavo con loro il mio cervello, oramai pronto a scrivere a memoria la guida Micheline dell'Italia, pensava a Napoli.
A quel mare profumato di azzurro. Così luminoso da farti il solletico.
Che quanto sia importante per me il mare, non trovo parole adatte a raccontarlo.
Riflettevo sulla possibilità di cercare delle scuole, vicino a quel mare.
A questo stimolo, la mia mente ha risposto con le seguenti reazioni, nell'ordine:
Pensiero numero uno: a Napoli c'è la mafia.
Pensiero numero due: è difficile vivere in un posto che obbedisce a quelle regole.
Pensiero numero tre: vivere in Campania deve essere quasi lo stesso che vivere in Calabria. Difficile.
Pensiero numero quattro: io preferisco la mafia alla Lega.
Pensiero numero cinque: domani mi costituisco.

sabato 24 aprile 2010

Nuoce gravemente alla salute

Io i matrimoni non mi piacciono.
Non mi piace pressochhé nulla, di loro. A cominciare dalla cerimonia, per andare poi in onguno dei giorni che costituiscono "fino a che morte non ci separi". Che poi uno si incattivisce, secondo me, a trovarsi accanto una moglie in bigodini o un marito che trascina le pantofole per casa. Ma ogni essere umano ha, dal canto suo, il diritto di indossare i bigodini o trascinare le pantofole per casa. Ne deriva che il matrimonio nuoce perché ti costringe a fare in due cose che hai bisogno di fare, ma da solo.
Non so come se ne esce. So come non ci si entra. Fino ad ora ci sono riuscita senza correre mai seri rischi di ritrovarmici dentro.
Però il matrimonio mi perseguita.
Ed è un altro motivo per cui mi è diventato antipatico.
Ho fatto la testimone di nozze a 4 matrimoni. Commovente, bellissimo, importante che gli sposi mi abbiano scelta. Ma, diobuono, puoi mica non andarci a un matrimonio se sei una delle protagoniste.
Mi perseguita il matrimonio di molti uomini che fanno i carini con me. I quali ad un certo punto buttano lì una frase apparentemente innocua in cui sta dentro la parola "mia moglie".
Mi perseguita il matrimonio anche in momenti che dovrebbero essere normali, come quando vado a trovare un'amica e lei sta preparando la festa di addio al nubilato per un'altra amica che presto si sposa.
Io è per questo che non fumo. Per non sottoporre la mia salute a troppi stimoli dannosi.

I sogni son desideri

Questa notte ho fatto un sogno. Il sogno era che nel mio appartamento quella che credevo l'anta di ingresso nel terrazzino si rivelava essere una porta di accesso ad un piano superiore, dove vivevano altre due persone. Mentre io, il mio appartamento, lo pago per viverci da sola.
Il sogno mi ha insegnato che se c'è qualcosa di importante per la mia vita, io vorrei saperlo. Ecco.

mercoledì 21 aprile 2010

Lo scrutatore non votante

Mi chiedo cosa possa spingere un uomo ad acquistare una cravatta color vomito, e indossarla. Ogni giorno.

Nuovo Cinema Paradiso

C'è il tempo, attraverso. Confonde i contorni, rafforza gli odori.
Puoi andare, restare. Portare, dimenticare.
E' il bacio di uno sguardo fugace, il calore di un nome inciso nei giorni.
Stridere di scatole a chiudere quel tempo, perché non torni a fare male. A trattenere. A emozionare.
Poi un soffio di azzurro, vento di alba, rugiada trasparente. Una carezza lieve.
E si apre, la scatola.
Il tempo è tutto lì. Intatto. Come nell'attimo stupito in cui le tue labbra hanno sfiorato, nuove, le mie.


martedì 20 aprile 2010

Per due soldi un topolino mio padre comprò

Che io sia una facilmente incantabile dalle parole, è risaputo. A un uomo, per esempio, basta dire poche cose dette bene (ma molto bene) e io mi abbabbo come un'idiota. Poi lo so che mi sto abbabbando, ma il gusto delle belle parole è irresistibile. Di contro, un cattivo uso delle parole mi dà fastidio come svegliarmi di notte che ho sete e non c'è l'acqua accanto al letto. Suonano proprio male, stridono, certe espressioni.
Per esempio, io trovo stridente la formula: FIERA DEL BAMBINO.
Abbiate pazienza, questo genitivo... lo capiamo che è oggettivo. Ma vederlo stampato gigante su un cartello publicitario, Fiera del Bambino, le reazioni possibili sono due: i fanatici delle parole, come la sottoscritta, storcono il naso e prendono la Citrosodina come misura precauzionale; quelli più semplici, magari, vanno in banca a ritirare i soldi e cominciano a pensare a come lo vogliono di capelli, il bambino.

Ti regalerò una rosa

E anche la mia automobile. Che ci sono momenti, pressata nell'impossibile traffico cittadino, con gli altri che clacsonano all'impazzata, e tu che provi a rimpicciolire le dimensione dell'auto con le manovre per riuscire a sistemarla nell'unico metro e mezzo libero, e mentre lo fai, nonostante il servosterzo, sudi, perché non si capisce ancora com'è il tempo e non indovini mai come vestirti. Poi ci sarà da cercare la cassetta per il biglietto del parcheggio, e certamente non avrai le monete sufficienti. E suderai ancora, mentre un vigile vampiro si sarà appostato accanto alla tua auto per cronometrare quanto termpo ti ci vuole a farti cambiare una banconota in tintinnanti monetine.
In questi momenti di inferno quotidiano, a me viene la voglia di fermare il primo passante e porgergli le chiavi. Dicendo: tieni, è un regalo.

I desideri non invecchiano quasi mai con l'età

Ed è uno dei miracoli della vita. Pensare che ci innamoreremo sempre, che le emozioni sono libere dai confini dello spazio e del tempo. Incrociare uno sguardo che ti dà i brividi rende più vivi, e sapere che lo sentirai sempre, quel brivido, io sono contenta.
Però.
Hai settant'anni. Non mi puoi guardare in quella maniera solo perché ho messo una gonna. E' per la tua salute, che lo dico. I desideri non invecchiano, ma la resistenza fisica si.

lunedì 19 aprile 2010

Se qualcosa può andare storto, lo farà

E' l'assioma fondamentale della Legge di Murphy.
Infatti succede, solo per fare un esempio esplicativo, che magari il portone del tuo palazzo sta sempre aperto. Rientri di notte, e lo trovi aperto. E non è bello, perché la porta si dovrebbe chiudere. Che può entrare chiunque, e io non sono una donnina paurosa però preferirei sapere che dormo col portone del palazzo chiuso, ecco. Lo dici pure all'amministratore di condominio. Ma l'inquilino lasciatore di portoni aperti rimane anonimo e persevera costante.
Poi, succede anche che torni a casa con le buste della spesa. E per essere proprio scientifici, nella Legge, sono tante buste della spesa. Piove. Cosa odiosissima, il venti aprile. Che siccome è il venti aprile tu non hai l'ombrello. E, temeraria, hai anche le scarpe senza calze.
In tutto ciò, per la prima volta, arrivi davanti al portone e lo trovi chiuso.
Ora io non lo so chi è Murphy, ma se lo scopro... gli spacco il c**o!

E come tutte le più belle cose durasti solo un giorno, come le rose

Questa mattina stavo in auto con la radio accesa. Mi piace indovinare da poche note se una canzone mi può piacere, che di musica io sono anche curiosa. Mi arrivano le prime note di un pezzo fresco, ben ritmato e complesisvamente gradevole. Resto sintonizzata. Mi evocava l'estate, e in una mattina così antipaticamente grigia è stata una piacevole sensazione. C'erano chitarre, nella mia auto.
Poi, però, questa canzone ha iniziato a ripete sempre identiche le solite battute, che sono belle solo se le ascolti un numero limitato di volte. Ma il pezzo di cui vi sto parlando dura 4 minuti e 45 secondi. Che per una canzone, se non ha delle cose inaspettate, sono un'eternità.
Allora ho pensato che c'ha ragione, il Faber. I piaceri si gustano veramente solo se sono leggeri e un po' fugaci. O magari non è così. Ma io se penso a dover tenermi una rosa, per quanto bella e profumata, per tutta la vita... è come ascoltare una stessa chitarra per cinque minuti. Mi manca l'aria.

giovedì 15 aprile 2010

Leggere attentamente le avvertenze

Mi chiedo spesso se esiste un albo per la professione di scrittore delle istruzioni d’uso per gli oggetti. Oppure se i Modi d’uso li fanno col copia incolla da un modello fornito di default dalle multinazionali. Perché devono essere dei tipi quantomeno bizzarri, coloro che scrivono le istruzioni d’uso. Soprattutto sui prodotti per l’igiene.

Tanto per cominciare, uno che ritiene opportuno scrivere come si usano shampoo e bagnoschiuma a me fa venire le turbe. Cioè, questo tizio… come si lava? Perché sente il bisogno di dire a me che devo versare una quantità di prodotto nella vasca da bagno o direttamente sul corpo, e poi risciacquare? Se penso che possa esistere gente incapace di lavarsi, le mie categorie mentali si scuotono assai.

Altro tizio da conoscere deve essere quello che scrive sulle strisce depilatorie: non ingerire. Se qualcuno lo conosce, può dirgli che le metafore “avere peli sullo stomaco” e “non avere peli sulla lingua” sono appunto metafore, e che nessuno ha mai creduto di doversi mangiare la ceretta per pulire lingua e stomaco?

Ma il capolavoro letterario sono le istruzioni del tampax. Una mistura perfetta fra stile e contenuto, uso sapiente della punteggiatura e ottima padronanza dell’argomento. A cominciare dalle illustrazioni. Che non lo puoi mai capire le azioni esatte da svolgere, guardando quelle figure lì. Poi, l’incipit. Chi scrive sa quanto sia importante. La frase di apertura di un testo scritto merita la stessa attenzione usata per tutto il resto del componimento. Le istruzioni del tampax si aprono con un’esortazione ricca di pathos: rilassatevi. Che una poi si aspetta di leggere, dentro la confezione: posso avere il tuo numero di telefono? Capiamoci, signor tampax: il nostro è solo un rapporto di lavoro, limitato a questi giorni di necessità; dopodiché, passeranno ventotto giorni almeno in cui non ti penserò per niente.

Se esiste un albo per la professione di scrittore di istruzioni, io creerei un’apposita equipe di specialisti da affiancare a quei soggetti. Aiutateli, ne hanno bisogno.

mercoledì 14 aprile 2010

Perché sei un essere speciale

I bambini sono una cosa meravigliosa. Sono divertenti. Hanno una fantasia capace di salvare il mondo: osservare un bimbo mentre gioca, ascoltare quello che dice, lasciarsi raccontare il suo mondo, ti porta in uno spazio incantato pieno di colori.
I bambini non hanno strutture, e puoi parlare il loro linguaggio solo se ti spogli anche tu di ruoli e pregiudizi e pensieri cattivi. Che se ci sono pensieri pesanti, nel tuo cuore, i bambini li sentono. Sono piccoli, ma sono fatti tutti di amore. Ed è per questo che diventano grandi.
Quando un bambino ti appartiene, quando lo guardi giocare e riconosci il colore dei tuoi capelli, quando lo stringi e senti che c'è il tuo stesso sangue nelle sue vene, quando lo culli e lui si addormenta fiducioso perché sa che se è fra le tue braccia nulla di brutto può accadergli... quando tutto questo c'è, tu sei in paradiso.

Tanto gentile e tanto onesta pare

Io ci sono dei momenti in cui dico le parolacce. Quando sono arrabbiata, le dico. In genere le dico fra me e me, oppure con persone con cui ho estrema confidenza. C'è pur sempre quel minimo di reputazione residua da difendere. Se c'è un momento in cui dico tante parolacce, è quando guido. Non so perchè, forse il camionista nascosto in me trova sfogo nella situazione a lui più congeniale della guida. Poi, appena scendo dalla macchina, proprio i primi momenti dopo il parcheggio, il camionista nascosto in me ha bisogno di un poco di tempo per ricomporsi. Ed è in quei momenti che mi capitano a volte situazioni sgradevoli, tipo oggi. Che non trovavo parcheggio perché c'era un odioso motorino sghembo e l'avevo quasi buttato a terra, dopodicchè ho sporcato la sciarpa bianca strisciandola al mio portabagagli - come sempre sporco che sembra un fuoristrada di quelli che fanno i safari. Persa in questo momento di forte insofferenza, le mie leggiadre labbra hanno pronunciato una frase che fa più o meno così: ma po... c**o in c**o.
Lo so, è mostruosa. Ma tant'è, l'ho detto. E l'ho detto esattamente nell'attimo in cui dall'automobile parcheggiata accanto alla mia scendeva un tipo moro, dal buon profumo di pulito, con una camicia bianca e gli occhi belli. Credo mi abbia guardata. Non lo so per certo perchè ho infilato la testa nel portabagli e ci sono rimasta a lungo.

La verità ti fa male, lo so

C'è questo sindaco di Firenze che piace parecchio. Possiede una serie di requisiti che, secondo il mio parere da faziosa intellettuale di sinistra, sono importanti. E' giovane, punto primo. Lo vogliamo capire, si o no, che a trent'anni l'essere umano è produttivo, ha idee innovative ed energie sufficienti a realizzarle, mentre a settanta poi non c'è viagra che tenga? Eppure l'Italia è un Paese di vecchi. Ma comuqnue questo Renzi qua è giovane.
E' laureato. Altro fatto che dovrebbe essere ovvio ma, nel magico mondo della politica, ovvio non è. Lo vogliamo capire, si o no, che l'Italia produce miliardi di laureati l'anno e i posti di lavoro li detengono ancora personaggi senza corona d'alloro?
Il giovane e laureato sindaco di Firenze viene da una lista civica. E nella generale crisi di credibilità della politica, rappresentare in maniera pura e coerente gli interessi della gente è una bella garanzia.
Ma - e c'è sempre un ma - Matteo Renzi, definito l'Obama bianco, il Vendola del nord, alla domanda: è lei il leader che può dare la vittoria al Centro Sinistra nel 2013?... Questo giovane e lauretao sindaco ha così risposto: io faccio il sindaco, e questo è per me il più bel mestiere del mondo; non voglio cambiarlo.
Poi dice che uno perde la fiducia nella politica. Non ti crede nessuno, caro Renzi. E si vede che hai già imparato a dire cose che non pensi per fare bella figura. Sei un buon politico. Ecco.

sabato 10 aprile 2010

La soluzione viene da lontano

Dalla Francia. Mi è stato consigliato un esorcismo.

Non svegliatemi

Era certamente un sogno. Ma a me andava benissimo così. Non volevo più essere svegliato. Desideravo solo che quel sogno potesse durare per il resto della mia vita. Mi ero messo a scrivere per ritardare il sopraggiungere del mattino, per trattenere un po' la notte, dare a me stesso l'opportunità di un altro po' di sonno prima dell'istante del risveglio in cui tutto sarebbe finito.
Si ritiene che un romanziere racconti ciò che gli è capitato, mentre è vero il contrario; se racconta, è solo perchè gli capiti nuovamente qualcosa. Si aspira a fare un libro del proprio passato, e invece si traccia un segno nel vuoto ed è all'avvenire che lo si rivolge. Se avevo scritto, non era stato per dire addio al vecchio amore. Perché avrei dovuto?
Se avevo scritto, era stato perché tornasse verso di me l'amore sempre nuovo cui sin dall'inizio avevo legato la mia vita - anche se non sapevo più quale volto, familiare o sconosciuto, avrebbe avuto.

Philippe Forest, L'amore nuovo

Sono disposta a tutto pur di ridere

Ne ho già fatto la mia massima di vita. L'obiettivo più alto della mia esistenza, credo. Che il mondo quaggiù è fin troppo serio, e cercarne il lato buffo è l'unico modo di attraversarlo più o meno facilmente. Le parole, poi, si sa quanto io le ami.
La cosa che prediligo è ridere per un uso acuto e strambo delle parole.
Alle volte mi vengono in mente degli stravolgimenti di realtà, di quelli che chi non li capisce definisce humor inglese (perchè poi), che io anche senza proferirli all'esterno, rido da sola.
Si lo so, sono matta.
La cosa che non mi piace, però, è quando io una battuta del genere la faccio a voce alta, e l'uditorio resta basito. Avete presente quando scende quel velo di imbarazzo che non si sa cosa rispondere?
Brutto.
Giusto ieri sera si è verificata una situazione simile. Si era parlato di poesia, una cosa letteraria che ha avuto dei momenti di forte intensità alternati, come naturale, a folate di egocentrismo saccente, condite con la giusta dose di orgoglio provinciale. Si è parlato di poesia che svela stati d'animo, e di poesia che non è poesia perchè non arriva al cuore.
Dopodicchè, come sempre accade, si è finiti a tarallucci e vino. Si beveva, e a me è balenato per la mente un brindisi idiota di quelli fatti con la rima più sciocca e banale. E mi è sembrato divertente, dopo i discorsi che si erano fatti.
Ora, malauguratamente, questo brindisi sciocco e rimato, è venuto alle orecchie di un pubblico più vasto di quello al quale era rivolto. Questi qua hanno sentito le parole che, ribadisco, per me erano una battuta, e hanno detto: BRAVA.
Capite?
La mortificazione è massima. Tipo che tu vorresti trasformarti nella prima cosa che hai davanti, le gambe del tavolo o il bicchiere di camparigin. Ma non puoi, trasformarti. E devi pure trovare una faccia adatta con cui rispondere. Ho optato per assumere una faccia da matta. E poi ho ordinato un altro camparigin.

Controvento

Qualunque sia il tuo nome, ovunque porti la tua voce, tutto il profumo di sorrisi nuovi, c'è sempre lo stesso muro a infrangere le onde. Ma il mare vuole scorrere azzurro. E non conosce confini.

giovedì 8 aprile 2010

Ma il cielo è sempre più blu

Qua in Calabria. Più blu che altrove. L’ha scritto anche il cantautore calabro dagli eccentrici vestiti e i testi difficili. Ma se la sono presa, questa bella terra dove le montagne azzurre si sollevano trasparenti dal mare bianco e gonfio. Ci sono i fiori. E si sono presi tutto. Stare qui è come guardare la storia passare restando affacciati alla finestra di quel blu. Non si muove, la mia terra. C’è una mano che la stringe, la immobilizza. La uccide.

Questione di priorità

Negli ultimi giorni mi è capitato di avere, a breve distanza di tempo, alcune richieste sui Pensieri Superflui. La cosa mi ha riempito di orgoglio, soddisfazione e commozione. Che oramai ai pensieri superflui ci sono affezionata proprio. Questo momento particolare della mia vita, però, è stressato da un impegno, intenso e organizzato male, che mi toglie tempo e mi assorbe quasi tutte le energie. Occasioni in cui scrivere, poche. Ma a me scrivere è poi la cosa che piace di più. E allora io mi rivedo la scala di priorità, e dico: no, non mi avrete. Io corro più veloce.

Dolcemente complicate

Ho un amico, il quale ha un fratello che sta per diventare papà. Fino a ieri, questo neo papà e la futura mamma, con rispettive famiglie allegate, aspettavano un maschietto. Cioè, il medico aveva detto loro: è un maschio.

Ieri la futura mamma in questione si reca dal suddetto medico per l’ecografia di rito, e si scopre che il suo bimbo in realtà è una bambina.

Ora i problemi sono due: che fine faranno tutti gli oggetti e le tutine e i giochini azzurri dei quali il futuro erede era già stato provvisto. Ma soprattutto, perché un ginecologo scambia una donna per un uomo? Questo non è un discorso femminista, giuro. Che potrei partire con astratte filosofie sulla misura del cervello, ad esempio. Piccolo, uomo. Poi cresce con le settimane di gestazione, dunque donna. Ma no, non dirò questo. Il pensiero è più semplice: per dire che un bambino è maschio, generalmente ci si basa sulla presenza di un elemento caratterizzante e distintivo. Come fa poi quel bambino a ritrovarsi femmina? Voglio dire….il ginecologo, che cosa avrà scambiato per elemento distintivo? Se io fossi quella futura mamma, forse cambierei medico.

sabato 3 aprile 2010

Caro amico ti scrivo

Caro signor Feisbuc, tu che sei più invasivo di un intervento chirurgico, che crei più dipendenze di quanto faccia una droga, hai rivoluzionato le nostre vite. Come accade per ogni rivoluzione, anche tu hai generato cambiamenti positivi ed effetti nefasti.
E' positivo, ad esempio, che ritrovi persone delle quali non avevi più notizia.
Io ritengo positvo anche il ritmo di relazioni che crei.
E' positivo scambiarsi canzoni e barzellette, articoli di giornale o altre diavolerie, perché ti aiuta a conoscerti, a condividere.
Tuttavia, caro signor Feisbuc, io non ritengo positivo che la tua presenza sostituisca l'interazione vera. E che poi la gente pensi che feisbuccare sia uguale a vedersi di persona o sentirsi al telefono. Questa no, a me non sembra una bella cosa.
Perché, caro signor Feisbuc, tu sempre un robot resti. E non hai il profumo dei sorrisi. Non averne a male, ma io preferisco quelli.

Bocca di rosa

Il più antico mestiere del mondo, sappiamo tutti qual'è. Prova del fatto che le donne sono scaltre e gli uomini istintuali, per dirla con un eufemismo.
Il più antico mestiere del mondo non va mai in crisi, neppure quando c'è la crisi.
Capita poi che le strade circostanti la mia casa di campagna calabrisella siano un luogo in cui il più antico mestiere del mondo conosce un particolare rigoglio.
A parte l'aspetto diciamo lavorativo, la mia casa calabrisella in primavera è una specie di paradiso, immersa nel verde, avvolta dal profumo dei fiori e dal cielo esageratamente azzurro, abbracciata dai monti nitidi e dal volo delle farfalle che risplendono al sole. Una cosa che poi tu ringrazi Dio, non puoi farne a meno.
Oggi sono andata a correre, per prendere nei polmoni allargati tutto il profumo di questa meraviglia.
Ad un certo punto mi fermo all'ombra di un albero, per fare qualche flessione. Mentre mi stiravo le gambe, sento il motore di una macchina che rallenta e mi si ferma accanto. Io mi rialzo. Dentro la macchina c'era un uomo, con lo sguardo ingrifato, il quale abbassa il vetro del finestrino e mi chiede: - Quanto? -
Nei decimi di secondi seguiti a quella domanda, davanti alla mia mente sono passate rapide le graduatorie esaurite, i PON per cui non hai abbastanza punteggio, tutti i le faremo sapere e non possiamo assumere personale, ho pensato anche alla quantità di alberi tagliati per ricavare la carta sulla quale ho stampato tutti i curriculum che ho inviato.
Ho detto all'uomo ingrifato: - Prego? -
A quel punto quello deve aver capito l'equivoco in cui era incorso. E replica timidamente: - Ma tu stai facendo una passeggiata?-
Io stavo ancora pensando a tutti quelli che non vogliono pagarti per fare quello che hai imparato a fare, e a chi invece i soldi li guadagna facendo qualcosa che beh, insomma, una la sa fare di suo senza troppi sforzi. Ho risposto: - Di certo non sto lavorando -
- Ma non fai questo lavoro? - insiste quell'imbecille dentro la macchina.
Io sono stata cordiale, e ho ribadito che no, non faccio questo lavoro. Non ancora, almeno.
Poi quello se n'è andato. Io ho ripreso a correre.
Che quando corro riesco a non pensare, volo lontano da tutto quanto mi appesantisce. Ma un pensiero non mi ha abbandonata, correva più veloce di me: davvero un uomo non sa capire che una con tuta e scarpe da ginnastica non è una prostituta?